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Interventi

ANAC e il caso D'Agostino

La burocrazia che strangola i porti

di Davide Maresca

Avvocato marittimista

L’ANAC ha applicato l’inconferibilità al Presidente Zeno D’Agostino sulla base dell’art. 4 del decreto legislativo n. 39/2013. Secondo questa norma non possono essere nominati al vertice delle amministrazioni pubbliche coloro che, nei due anni precedenti, “abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico, ovvero che abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico”.

Quali sono gli incarichi da cui nasce l’inconferibilità? Ai sensi del richiamato Dlgs, vi rientrano quello di Presidente con deleghe gestionali dirette e quello amministratore delegato di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico.

Secondo l’ANAC, Zeno D’Agostino non avrebbe potuto essere nominato presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Orientale (Trieste e Monfalcone) in quanto già numero uno di Trieste Terminal Passeggeri SpA (TTP), società che svolge un’attività finanziata o regolata dalla stessa Autorità di Sistema Portuale.

TTP SpA esercita il servizio di interesse generale di gestione della stazione marittima di Trieste sulla base di una concessione di bene demaniale rilasciata ai sensi dell’art. 36 del codice della navigazione e regolata dall’art. 6 della legge n. 84/1994 proprio dall’Autorità di Sistema portuale del Mar Adriatico Orientale.

Tuttavia, il ruolo di Presidente di TTP SpA non pare affatto rientrare tra gli incarichi citati dal decreto legislativo. Come noto, TTP SpA è stata privatizzata con gara: l’Autorità di sistema portuale ha mantenuto una minoranza per lasciare la maggioranza a una società controllata pariteticamente da Unicredit SpA e Costa Crociere SpA.

Nell’ambito di tale privatizzazione, come sempre accade, al socio di minoranza pur rilevante (l’Autorità Portuale) venne lasciata la possibilità di nominare il Presidente del Consiglio di amministrazione, cui però non vennero attribuite deleghe rilevanti. Venne invece nominato un amministratore delegato, d’intesa tra i soci privati che si erano aggiudicati la gara. Questa configurazione risulta, peraltro, pubblicamente dall’Autorizzazione alla concentrazione da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

L’assenza di deleghe gestionali dirette esclude, pertanto, che l’inconferibilità potesse applicarsi a Zeno D’Agostino. Sorprende, da questo punto di vista, il comunicato con il quale l’ANAC ha precisato che si sarebbe uniformata all’orientamento del Consiglio di Stato (sentenze n.126/2018 e n. 2325/2019). Entrambe le sentenze si riferivano al caso, completamente diverso, di Presidente del Consorzio ASI che, secondo il Consiglio di Stato, era dotato di poteri gestionali.

Dal provvedimento ANAC emerge, in sostanza, non soltanto una superficialità nell’applicazione della norma sulla inconferibilità ma anche quella tendenza alla deresponsabilizzazione che è tipica della classe burocratica dei giorni nostri. Purtroppo, spesso si dimentica che proprio l’eccessiva cautela finalizzata esclusivamente a ridurre le proprie responsabilità porta queste ultime a riespandersi notevolmente.

Non può essere nascosto, infatti, che la tutela nei confronti di provvedimenti di questo genere non può certo limitarsi alle iniziative al TAR in quanto vi sono norme comunitarie che presidiano le nomine nei cda e nelle pubbliche amministrazioni (essenzialmente improntate al divieto di discriminazioni). In secondo luogo il provvedimento ha evidentemente rallentato l’attività amministrativa dell’Ente con un rischio di accertamento di danno erariale (in caso di accoglimento dell’impugnazione al TAR).

Un’ultima riflessione. Molto spesso i componenti delle autorità indipendenti (ANAC, ART, ecc…) si dimenticano di quale sia il ruolo delle autorità medesime. Esse (ai sensi della legge n. 481/1995) nascono per regolare (anche ex ante) il mercato dei servizi di pubblica utilità a fronte della progressiva liberalizzazione delle attività. Sempre più spesso, invece, attraverso provvedimenti discutibili, vengono adottate decisioni di natura amministrativa e pure politica che nulla hanno a che fare con la correzione del mercato.

Si assiste spesso ad una moltiplicazione di enti e burocrazia che diminuisce la trasparenza (sfido a cercare facilmente sul sito ANAC il provvedimento su D’Agostino).  Va ricordato, infatti, che “ogni timbro in più è un’occasione in più per la corruzione”. Allora, forse, il vero contrasto alla corruzione, più che attraverso provvedimenti amministrativi, si otterrebbe riducendo le autorità competenti piuttosto che aumentandole.

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