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Focus

Mercato e Psiche ma non solo...

Caro noli e congestioni, chi ci guadagna?

di Marco Casale

La realtà non vale mai per se stessa ma unicamente in quanto filtrata e rivissuta nell’interiorità del soggetto che ne delinea i contorni, la condiziona e ne viene condizionato a sua volta. Applicata alla dimensione temporale, assai mutevole, nella quale si trovano oggi a vivere i vari protagonisti della catena logistica, la massima proustiana offre ad un esperto del calibro di Lars Jensen l’occasione di tastare con mano quali sono le narrazioni dominanti attorno a due problemi ormai noti da tempo nel settore: il caro-noli nel mercato delle tariffe spot e il congestionamento dei porti causato, in parte, dall’aumento della domanda di beni di consumo nel periodo di crisi pandemica.

Il ceo di Vespucci Maritime sviluppa la sua riflessione immaginando di essere un importatore di prodotti al dettaglio alle prese con le criticità di approvigionamento legate alla congestione portuale e all’aumento sconsiderato delle tariffe di trasporto.

«Ogni volta che qualcosa non torna – dice Jensen – è quasi sempre illuminante pensare a chi beneficia degli sviluppi e da lì cercare di dedurre cosa stia succedendo».

Ecco, agli occhi Jensen i retailer stanno indubbiamente traendo profitto dalla situazione congiunturale: «La congestione – afferma – può essere utilizzata per creare un’ulteriore pressione sui consumatori perché acquistino quanto prima i prodotti in vista delle vacanze natalizie».

Se è indubbiamente vero che alcuni scaffali sono vuoti e alcuni prodotti specifici non sono prontamente disponibili è anche vero che ciò non vale per l’economia in generale, come dimostra il numero record di container che vengono di fatto spediti. «Dal punto di vista del marketing, però, le immagini di alcuni scaffali vuoti fanno miracoli in termini di creazione di un effetto FOMO (Fear of missing out) fino a Natale» continua Jensen.

In questo caso, la psicologia incontra il mercato: la paura di essere tagliati fuori è un grande incentivo all’azione. La relativa difficoltà nel reperire un determinato prodotto aumenta l’open rate, stimolando inoltre la competizione fra clienti. Chi riuscirà ad acquistare in tempo?

L’altra narrativa riguarda l’inflazione. Sempre più spesso le elevate tariffe di trasporto vengono considerate tra le cause degli aumenti dei prezzi al consumo. Jensen ritiene però abbastanza dubbio che questo sia un driver dominante, «soprattutto perché alcuni paesi con bassa inflazione hanno visto le spot rate aumentare in modo più sostenuto che non nei paesi con alta inflazione».

Ma, ancora una volta, in termini di marketing, la narrativa emotiva è tutto ciò di cui si ha bisogno. Per il ceo di Vespucci Maritime l’equazione “inflazione in aumento=tariffe spot alle stelle” giustifica l’aumento del prezzo sulla merce venduta.

«Dal punto di vista del rivenditore si tratta di un’opportunità d’oro» prosegue Jensen, «i clienti hanno paura di perdere i loro prodotti preferiti fino a Natale e possono quindi essere più probabilmente convinti ad acquistarli in anticipo. Allo stesso tempo sono disposti ad accettare aumenti di prezzo a causa dell’incremento dei costi di trasporto».

L’attuale crisi avrebbe insomma cambiato le preferenze dei consumatori a favore dei rivenditori. E’ questa in sintesi la posizione di Jansen: «I retailer avranno anche visto aumentare il costo del carburante e del lavoro ma a causa della doppia narrativa, quella del caos della supply chain e quella dell’inflazione, hanno la possibilità di portare a casa guadagni inaspettati».

Le riflessioni dell’esperto analista sul cosiddetto effetto Fomo non tengono conto di alcune variabili, come il livello di reddito del consumatore, il prezzo del prodotto finale e quelli di altri prodotti concorrenti, ma hanno quanto meno il merito di stimolare una riflessione percettiva sulla dimensione non soltanto economica del mercato ai tempi della pandemia.

Questo non vuol dire che i problemi non esistano. E’ un fatto che ad oggi più di 600 portacontainer si trovino in rada da qualche parte nel mondo in attesa di essere lavorate dal porto cui sono state destinate. Ed è un fatto che la capacità di TEU inattiva, resa cioè inutilizzabile, dal congestionamento di banchine e piazzali, sia pari al 12% del totale (dati di Sea Intelligence).

Nel solo porto di Los Angeles, più di cento navi si trovano all’ancora. E, stando a quanto dichiarato dal ceo di Kuhne + Nagel, Detlef Trefzger, durante la presentazione dei risultati finanziari del terzo trimestre «la situazione potrebbe durare fino al capodanno cinese o andare anche oltre, per almeno altri sei mesi».

La bassa produttività dei porti potrebbe quindi avere un effetto frusta su tutto il commercio globale. «Se quattro anni fa era considerato normale per un acquirente prenotare sul mercato spot 40.000 TEU da spedire per il mese prossimo, oggi è praticamente impossibile», aggiunge Trefzger.

Anche il caro noli è un problema reale. Michelle Wiese Bockmann, in un articolo pubblicato su Lloyd’s List, fa infatti osservare come oggi le grandi compagnie di navigazione siano disposte a tutto pur di accaparrarsi nuovo tonnellaggio nel sale and purchase market, assicurandosi così un controllo pressoché totale sulla capacità di stiva offerta.

CMA CGM avrebbe addirittura speso 41,5 milioni di dollari per una portacontainer da appena 3.000 TEU, pagandola più del doppio il suo valore reale. Una pazzia? Niente affatto: oggi noleggiare per due anni una portacontainer di tali dimensioni costa 40.737 dollari al giorno. Questo significa che in appena 24 mesi, la compagnia di navigazione francese può recuperare quasi tre quarti del suo investimento iniziale.

Insomma, ci aspettano tempi difficili: gli analisti stanno di guardia come le due sentinelle che, nella prima scena del primo atto dell’Amleto, si trovano sugli spalti del Castello di Elsinore, in Danimarca. La verità del domani è ancora avvolta da strati di oscurità che la rendono inconoscibile.

Ma non tutti hanno la prodigious consciousness (prodigiosa consapevolezza) di Amleto. A chi sarà affidato il compito di rimettere in sesto un mondo che appare out of joint?

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