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Il mercato trova la via dei guadagni

Dry bulk in spolvero, crescita solida?

di Redazione Port News

Il mercato del dry bulk ritrova la via dei guadagni. Se è vero che nel corso del decennio 2010-2019 l’eccesso di stiva è stato il fattore che maggiormente ha condannato le bulk carrier a bassi ritorni economici, il settore sembra ora avere imboccato un percorso di rapida ascesa in cui la speculazione potrebbe avere un ruolo non del tutto secondario.

I numerosi problemi di congestione di cui hanno sofferto nelle settimane scorse i porti brasiliani, costretti a tenere ferme – in rada nei pressi di Ponta da Madeira o a Santos – più di cento navi bulker in attesa di essere caricate di minerali ferrosi o grano, hanno creato non poche interruzioni nella catena logistica. In alcuni casi, si è arrivati a superare anche 25 giorni di ritardo per l’accesso nei porti e lo svolgimento delle normali operazioni di carico e scarico della merce.

Secondo Maritime Strategies International, la disruption sul lato dell’offerta ha però contribuito ad assorbire il tonnellaggio esistente, riducendo quindi la disponibilità di stiva disponibile a fronte, invece, di una domanda che, soprattutto nell’ambito delle merci sfuse minori (bauxite, minerale di manganese e prodotti forestali), appare essere cresciuta.

I nuovi equilibri venutisi a creare nel mercato hanno insomma contribuito ad alimentare una visione bullish in ordine alle prospettive di sviluppo del trasporto marittimo del carico secco.

Il Baltic Dry Index calcolato dall’organizzazione londinese Baltic Exchange, considerato un utile strumento per descrivere l’andamento complessivo del mercato delle navi bulk carrier, ha toccato a metà marzo quota 2017 punti, con un aumento del 22,2% rispetto all’inizio del mese, 1405 punti in più rispetto all’anno scorso.

Mentre rimane l’incertezza per il settore delle capesize a causa dell’eccesso di tonnellaggio disponibile, la domanda in ascesa dei cosiddetti minor bulks ha portato gli armatori a rivalutare il ruolo strategico delle navi handysize, di dimensione compresa tra le 20 e le 34.000 tonnellate.

Forte di una ripesa della produzione dei prodotti di acciaio in Cina e delle condizioni di rimbalzo delle commodity agricole e dei prodotti di legno registrate nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, il trasporto di carico secco a bordo di questa tipologia di navi sta conoscendo un buon momento di prosperità che secondo alcuni analisti potrebbe proseguire per quasi tutto il 2021.

Le handysize, dotate di gru di bordo e utilizzate nei noleggi a breve termine, sono spesso state trascurate negli scorsi anni. A tal punto che il portafoglio ordini per il naviglio di queste dimensioni è diminuito progressivamente nel corso del tempo, dalle 329 unità del 2016 alle attuali 95.

La bassa immissione di nuovo tonnellaggio per questo segmento consente però oggi alle handysize di beneficiare di un sostanzioso incremento dei guadagni generato dall’incontro tra l’aumentata domanda di mercato e la ridotta disponibilità di stiva.

Secondo la società di brokeraggio Allied Shipbroking,  il ranking del TCE, ovvero il guadagno medio giornaliero ottenuto da ogni unità navale, è salito per queste navi a quota 16.800 dollari, praticamente il doppio dei valori dell’anno scorso, il dato più alto mai registrato dal 2008.

I guadagni registrati hanno sicuramente riacceso gli interessi dei grandi armatori per le piccole bulk carrier, navi più flessibili rispetto alle gigantesche capesize e in grado di soffrire meno i crolli del mercato.

Allied Shipbroking ha registrato un certo dinamismo nel mercato dell’usato per questo tipo di portarinfuse: 46 unità hanno cambiato proprietario nel primo trimestre dell’anno, per un valore complessivo di 400 milioni di dollari. I valori sono triplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso quando furono vendute 20 handysize usate, al prezzo complessivo di 136 milioni di dollari.

Nel complesso, nel mercato del sale and purchase sono previsti nei primi tre mesi del 2021 3 miliardi di investimenti nella compravendita di 250 navi bulker. Tra gennaio e marzo del 2020 sono invece stati spesi 890 milioni di dollari per la acquisto e la vendita di 91 unità.

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