Gli Stati Uniti ammorbidiscono la stretta sulle navi cinesi. Nella giornata di ieri, il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America (United States Trade Representative, USTR) ha infatti presentato un corposo aggiornamento del pacchetto tariffario annunciato il 21 febbraio scorso e originariamente applicato alle navi operate dalle compagnie di navigazione cinesi, a quelle costruite in Cina e agli operatori che avessero in ordine nuove unità presso i cantieri cinesi.
Le nuove misure, per le quali è stata fissata un’udienza pubblica per il prossimo 19 maggio, sono state pensate per bilanciare la necessità di contrastare il predominio del Paese del Dragone nella cantieristica mondiale con quella di limitare i disagi per gli esportatori statunitensi.
Il nuovo quadro regolatorio prevede per le navi operate dai liner cinesi un incremento graduale dei dazi scadenzato in tre fasce temporali e introdice una importantissima novità: le tariffe non saranno più cumulabili, ovvero si applicheranno soltanto per il semplice ingresso in territorio statunitense e non più per ogni singolo scalo effettuato in un porto USA. Ad esempio, un servizio sul trade atlantico che fa scalo in quattro porti negli Stati Uniti sarà ora soggetto alla tariffa soltanto una volta.
Il pacchetto tariffario prevede che non si debba pagare alcunché durante i primi 180 giorni dall’entrata in vigore della Ships Proposed Action
Da ottobre 2025, le navi operate da un armatore cinese che si trovino ad entrare in territorio statunitense dovranno pagare 50 dollari a tonnellata netta. L’importo aumenterà di 30 dollari ogni anno per i prossimi tre anni, sino a raggiungere i 140 dollari a tonnellata entro aprile 2028.
La nuova misura, che si applicherà a tutte la navi operate dai vettori cinesi, a prescindere, dunque, dal luogo in cui sono state costruite, è chiaramente meno severa rispetto a quella originaria, che prevedeva invece una tassa di 1000 dollari a tonnellata, sino a un massimo di un milione di dollari per ogni scalo effettuato in un porto statunitense.
Con riferimento alle navi costruite in Cina. La revisione prevede che a partire da ottobre 2025 queste ultime debbano essere tassate con una tariffa di 18 dollari a tonnellata o di 120 dollari a container scaricato per ogni ingresso effettuato in territorio statunitense. L’importo è destinato a salire progressivamente sino ad aprile 2028, quando arriverà a toccare i 33 dollari a tonnellata o i 250 dollari per ogni container scaricato.
Tali tariffe non si applicano nel caso in cui la portacontainer abbia una capacità inferiore ai 4000 TEU o abbia effettuato viaggi inferiori alle 2000 miglia nautiche. Sono inoltre esentate per tre anni dal pagamento delle tasse quelle compagnie di navigazione che abbiano ordinato o preso in consegna da un cantiere statunitense una nave di tonnellaggio uguale o superiore a quella colpita dalla tassazione. L’USTR fa notare che la newbulding dovrà essere realizzata anche con acciaio e componenti prodotti negli Stati Uniti.
La vecchia proposta non prevedeva alcuna esenzione ma applicava una tariffa massima sino a 1,5 mln di dollari per ogni ingresso in un porto degli Stati Uniti.
Altra novità è data dalla eliminazione delle tasse originariamente pensate per le navi non cinesi gestite da un operatore che abbia in ordine newbuilding in cantieri cinesi (in base alla percentuale in ordine in cantieri cinesi nei successivi 24 mesi). Nella proposta originaria era previsto fino a un milioni di dollari per ogni ingresso in un porto degli States.
Inoltre, non c’è più l’obbligo per gli esportatori statunitensi di utilizzare navi battenti bandiera statunitense, ad eccezione delle spedizioni di GNL.
Infine, l’USTR propone una tariffa del 20-100% su gru a portale e container provenienti dalla Cina.
“E’ chiaro che COSCO/OOCL sarà colpita più duramente di altri vettori. È probabile che ciò causi un adeguamento della rete in Ocean Alliance in modo tale che CMA, CGM ed Evergreen operino il più possibile servizi diretti negli Stati Uniti” afferma il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen.
Altri vettori rimodelleranno i propri servizi di collegamento, con l’intento di usare le navi cinesi in traffici diversi da quelli che abbiano gli USA come destinazione/origine.
“L’esenzione per le navi al di sotto di 4000 TEU e i viaggi al di sotto di 2000 miglia nautiche spingerà i liner le cui merci siano dirette verso la East Coast USA a fare scalo nei porti di trasbordo dei Caraibi” aggiunge Jensen. “Sarà inoltre incentivato l’uso di navi più piccole, in particolare nei traffici con il Sud America e sull’Atlantico”