La guerra commerciale innescata da Trump ha avuto come effetto immediato quello di far crollare i volumi di merce in container sui trade transpacifici diretti verso gli Stati Uniti.
L’analisi dettagliata sulla quantità di merce importata dalla Cina negli USA restituisce un quadro ancora più allarmante dell’attuale situazione. Dai dai del Census Bureau emerge infatti come la merce in container dalla Cina abbia rappresentato nel 2024 il 51% dell’import complessivo del porto di Los Angeles: si parla sostanzialmente di 22 mln di tonnellate su un import complessivo di 43 mln.
Nel porto di Long Beach la merce in container importata dalla Cina ha rappresentato il 61% dell’import totale di container. Dati di assoluto rilievo anche per i porti di Newark, Savannah e Houston, dove l’import di merce in container dal Paese asiatico ha rappresentato il 23, 25 e 29% dell’import complessivo.
Secondo gli esperti, il calo dei volumi provenienti dalla Cina difficilmente potrà essere rimpiazzato da altri Paesi, come il Vietnam, la Thailandia, la Malesia e l’India. Il rischio è che tali cali finiscano col ripercuotersi negativamente sui livelli occupazionali nei porti più colpiti. I primi a pagarne le spese potrebbero essere gli autotrasportatori e i magazzinieri ma a seguire rischiano anche altre attività, come quelle di ristorazione.
“Per chi ha investito in terminal portuali, il rischio di rendere chimerico il rispetto dei business plan è reale” scrive in un post su Linkedin Gianenzo Duci, per il quale l’unico elemento di speranza è rappresentato dall’insostenibilità del sistema daziario per gli approvvigionamenti nazionali. “C’è chi scommette su inevitabile passo indietro nel giro di qualche settimana” aggiunge.