Prima il limbo tariffario e il drastico calo della domanda di trasporto, poi la corsa forsennata all’importazione di merce cinese da parte dei caricatori statunitensi e il rialzo repentino dei noli.
L’incertezza continua a regnare sovrana nel mercato del trasporto marittimo di container.
L’accordo tra Stati Uniti e Cina sulla sospensione dei dazi punitivi ha certamente fatto tirare un sospiro di sollievo ai big carrier, che a seguito dell’introduzione delle tariffe punitive si erano improvvisamente trovati costretti a veleggiare in bonaccia, e ad annunciare nuovi blank sailing per ridurre la capacità, una tecnica utile per pompare le vele in assenza di vento e continuare così a mantenere la redditività a livelli accettabili.
Con la riduzione temporanea delle tariffe daziarie sulle importazioni cinesi, dal 145 al 30%, le aziende statunitensi hanno di fatto colto l’opportunità di rimpinguare nuovamente le scorte a prezzi competitivi. La finestra temporale è però limitata e si chiuderà formalmente il 14 agosto anche se i tempi per spedire la merce saranno ancora più ridotti, perché la dead line indicata fa riferimento alla giorno ultimo entro il quale dovrà essere sdoganata la merce.
“Tutti sono consapevoli delle ricadute positive che la pausa dei 90 giorni può avere sugli affari e gli importatori sono a conoscenza delle implicazioni finanziarie derivanti dal mancato rispetto della scadenza fissata” spiega l’analista di Xeneta, Emily Stausbøll. “Anche se le tariffe spot aumentassero ai livelli registrati durante il picco della perturbazione del Mar Rosso lo scorso anno, sarebbero comunque insignificanti rispetto alle ricadute finanziarie causate da un ritorno dei dazi al 145%” aggiunge.
Gli spedizionieri e i caricatori lo sanno. E lo sanno anche i vettori, che non a caso hanno annunciato nuovi aumenti tariffari a partire dal 1° giugno, aumenti che inevitabilmente spingeranno le tariffe spot tra l’Asia e la costa orientale degli Stati Uniti a toccare i 7000 dollari per ogni container da quaranta piedi movimentato (FEU).
“Non c’è dubbio che i caricatori in import siano disposti a pagare prezzi più alti se questo garantisce che le loro merci arrivino negli Stati Uniti entro la finestra temporale di 90 giorni” dichiara ancora la Stausbøll.
Un atteggiamento non del tutto diverso da quello che gli shipper hanno assunto ad aprile, subito dopo l’annuncio del Liberation Day, quando hanno deciso di rivolgersi al ben più costoso trasporto aereo pur di aggirare i dazi.
Di fatto, è indiscutibile che oggi le compagnie di navigazione si trovino in una posizione di forza e proveranno ad alzare le vele pur di ottenere il massimo da ogni refolo di vento. Ma fino a che punto potranno spingersi con la richiesta di nuovi aumenti tariffari?
La risposta a questa domanda non sta nella ragionevolezza dei vettori, né nell’equilibrio tra capacità di trasporto disponibile e domanda. “I noli aumenteranno a seconda del livello che gli spedizionieri saranno disposti a pagare per garantire che le loro merci vengano movimentate” afferma l’analista di Xeneta.
L’andamento delle tariffe nel mercato del trasporto marittimo di container evidenza questa tendenza.
Dal 14 maggio scorso, giorno dell’annuncio della sospensione dei dazi, i noli spot applicati al trade Cina- US west coast sono ad esempio aumentati in media dell’8%, passando dai 2.600 ai 2.805 dollari a FEU.
Secondo la consultancy firm danese le tariffe spot medie aumenteranno nel breve termine di ben oltre l’8%. L’improvviso annuncio dei dazi tra Stati Uniti e Cina ha fatto sì che la priorità immediata per gli shipper fosse infatti quella di movimentare le merci.
Ciò che è forse più interessante notare è che le tariffe spot nella fascia medio-alta del mercato sono aumentate nello stesso periodo di ben il 18%, passando da 2620 a 3100 dollari a FEU.
Il valore medio-alto di Xeneta rappresenta le tariffe che rientrano nel 75° percentile del mercato. Significa in poche parole che il 75% delle tariffe ha un prezzo inferiore a quello indicato. È molto probabile che si tratti degli spedizionieri che hanno reagito più rapidamente all’abbassamento dei dazi tra Stati Uniti e Cina e che si sono detti disposti a pagare prezzi più elevati per rimettere in moto le loro merci.
Chiaramente, l’incertezza e la paura possono avere un impatto significativo sulle tariffe di trasporto, anche in assenza di fattori più tangibili come quelli rappresentati dalla riduzione della capacità disponibile o dala congestione portuale.
Xeneta prende a riferimento quanto accaduto durante la crisi pandemica e l’escalation del conflitto nel Mar Rosso. In entrambi i casi abbiamo assistito ad una impennata delle tariffe. A differenza, però, di questi shock globali, il picco delle tariffe spot derivante dall’abbassamento dei dazi avrà una durata più breve.
La società di analisi non si aspetta infatti per il 2025 un aumento significativo della domanda di trasporto, che continua ad essere il vero motore per la crescita dei noli. A prescindere dall’esito degli accordi tra gli USA, la Cina, l’Europa e gli altri Paesi, è un fatto che i dazi doganali sono oggi più alti rispetto al passato. Questa situazione finirà con l’indebolire la domanda di mercato.
“Una volta accumulate le scorte necessarie, le aziende non avranno più bisogno di anticipare ulteriormente le importazioni. La domanda quindi diminuirà e i vettori faranno di nuovo fatica a riempire le loro navi” prevede la Stausboll.
Ciò significa che la tradizionale stagione di punta del terzo trimestre arriverà prima nel 2025, ma non dovrebbe volerci troppo tempo prima che le tariffe spot si ammorbidiscano e continuino la tendenza al ribasso osservata nel primo trimestre.
I vettori torneranno probabilmente a veleggiare in bonaccia e a ridurre la capacità disponibile, proprio come hanno fatto durante l’applicazione delle tariffe al 145%, ma secondo Xeneta ciò non sarà sufficiente a impedire che le tariffe scendano a livelli mai visti dal quarto trimestre del 2023.