Nel 2024, le emissioni di CO2 prodotte dalle portacontainer sono aumentate del 14%, raggiungendo le 240,6 milioni di tonnellate e superando ampiamente il precedente record delle 218,5 milioni di tonnellate di carbonio prodotte nel 2021.
La causa principale dell’aumentato inquinamento atmosferico è da attribuire alla crisi di Suez e al conseguente dirottamento delle spedizioni via mare verso il Capo di Buona Speranza a seguito dell’escalation del conflitto nel Mar Rosso.
“Un nuovo record è l’inevitabile risultato di queste deviazioni, sia in termini di allungamento dei viaggi lungo i trade est-ovest che di domanda record di container” afferma Xeneta precisando come il volume complessivo dei volumi di merce trasportata sia aumentato l’anno scorso del 18%.
Scendendo nel dettaglio, la società di analisi danese rileva come i maggiori aumenti delle emissioni di carbonio siano stati registrati dalle navi più grandi. Le emissioni di c02 prodotte dalle portacontainer con capacità compresa tra i 14.500 e i 20.000 TEU hanno raggiunto le 24,2 milioni di tonnellate nel 2024, con un aumento del 43% sul 2023.
Le megamax, con capacità superiore ai 20.000 TEU, hanno prodotto 19,6 mln di tonnellate di CO2, con un aumento del 35% rispetto all’anno precedente.
Mentre le portacontainer con capacità superiore ai 14.500 TEU, che rappresentano il 25% delle capacità totale, sono state responsabili del 18% delle emissioni totali di Co2 prodotte nel 2024 dalla flotta globale di portacontainer, quelle con capacità compresa tra gli 8.000 e i 12.000 TEU, che rappresentano il 20% della capacità complessiva, hanno prodotto 51,3 mln di tonnellate di Co2, riportando un aumento dell’8% su base annuale.
In termini assoluti, le navi più piccole hanno quindi inquinato di più rispetto alle sorelle di dimensione maggiore. Un dato che, secondo Xeneta, si spiega alla luce del fatto che le unità navali più grandi sono più nuove e quindi sono state costruite con standard di consumo energetico qualitativamente superiori.
La situazione si ribalta invece se il dato sulle emissioni di Co2 viene raffrontato con quello relativo al carico di lavoro effettivamente sostenuto dalle navi nelle attività di trasporto.
L’inquinamento prodotto dalle navi dai 14.500 TEU in giù è aumentato in misura minore rispetto al carico di lavoro da esse sostenuto, mentre le emissioni prodotte dalle megamax, da 20.000 TEU in su, sono aumentate in misura più che doppia rispetto alla crescita registrata dal carico di lavoro (+16,6%).
Queste ultime sono in linea di massima risultate meno efficienti rispetto alle sorelle minori, vuoi perché durante il 2024 hanno aumentato la velocità di navigazione del 5%, il che ha avuto un impatto negativo sul consumo del carburante, vuoi perché hanno fatto registrare un peggior utilizzo della loro capacità di carico (in parole povere, hanno trasportato volumi di merce inferiori rispetto a quelli che avrebbero potuto trasportare).
Xeneta spiega infatti come la loro capacità di carico sia complessivamente aumentata nel periodo di riferimento. E sono aumentati anche i volumi di merce trasportata da queste navi in fronthaul (+9,5%). A diminuire è stato invece il traffico in backhaul: la domanda sulle rotte di ritorno è infatti aumentata l’anno scorso soltanto dello 0,9%.
Le navi di dimensione minore, invece, hanno saputo mantenere una velocità di navigazione più stabile, se non in calo, e hanno distribuito meglio i carichi trasportati tra il fronthaul e il backhaul.
Dalla nuova indagine di Xeneta risulta insomma come le emissioni prodotte dalle portacontainer siano complessivamente aumentate nel corso del 2024. Ciò solleva interrogativi e dubbi sull’effettiva capacità dell’industria dello shipping di raggiungere il Net-Zero entro il 2050. Un obiettivo difficile da centrare, nonostante gli sforzi compiuti dall’IMO per promuovere la decarbonizzazione del trasporto navale internazionale.
A questo punto, gli occhi sono tutti puntati sull’efficacia delle nuove misure introdotte la settimana scorsa dall’IMO al termine della 83ª sessione del Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC 83).
L’accordo, che dovrà essere confermato nella sessione straordinaria di ottobre 2025, introduce un sistema vincolante che combina limiti obbligatori alle emissioni navi e un meccanismo di prezzo per i gas serra nel settore dello shipping. Le navi dovranno insomma ridurre nel tempo l’intensità di gas serra dei carburanti e se non saranno in grado di farlo saranno costretti a pagare, a partire dal 2028, delle tasse se supereranno le soglie previste per l’intensità emissiva.
Stabilito come obiettivo minimo quello della riduzione del 4% dell’intensità emissiva entro il 2028, le navi dovranno pagare 380 dollari per tonnellata di CO2 equivalente emessa oltre il limite previsto;
Stabilito come obiettivo massimo quello della riduzione del 17% dell’intensità emissiva entro il 2028, le navi che riusciranno a ridurre la propria intensità emissiva di almeno il 4% ma che non saranno riuscite a raggiungere il 17% dovranno pagare 100 dollari aggiuntivi per tonnellata emessa in questa fascia.