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Focus

Gli errori da evitare

La natura illogica della logistica italiana

di Fabrizio Vettosi

Direttore generale VSL Club SpA, Investment & Advisory

Recentemente si è sviluppato un ampio dibattito sul fenomeno definito di decoupling tra domanda di trasporto ed andamento dell’economia misurata dal più semplice degli indicatori, ovvero il GDP.

Premesso che sarebbe più opportuno misurare il fenomeno in relazione non solo al trasporto via mare, bensì piuttosto rispetto alla domanda di servizi logistici, intesi quali attività di supporto all’intera supply chain delle attività manifatturiere, dire che l’accresciuta domanda di attività logistica non crea ricchezza per il Paese è a mio avviso errato; idem lo è misurare il numero degli occupati nel settore portuale quale proxy del benessere di un settore. Ad esempio, molte attività in porto venivano svolte manualmente meno di venti anni fa, mentre oggi entrare in un Terminal è come partecipare ad un enorme parco-divertimenti con AGVs e RTGs guidate in remoto.

Se analizziamo il grafico seguente ci rendiamo conto che l’andamento di domanda di trasporto navale per il settore container (ma lo stesso vale per il settore dry bulk) ha un ritmo simmetrico (indice di correlazione di circa 0,90) rispetto al GDP; ma ciò che muta nel tempo (in particolare negli ultimi 10 anni) è la magnitudine del fenomeno.

Rispetto al passato in cui al variare del GDP corrispondeva un effetto “moltiplicativo” di crescita del trasporto navale pari a 2,5 volte, oggi tale effetto è misurabile in meno di 1,5 volte; e tale fenomeno è riferibile non solo ai beni di consumo, largamente trasportati in contenitori, ma anche alle materie prime ed intermedie.

Ma vediamo come si è mosso il nostro Paese rispetto a tale fenomeno. Il grafico successivo è autoesplicativo e rende bene la mancanza di visione globale in materia di logistica, intesa quindi non solo per mero trasporto nelle sue diverse modalità, ma quale elemento di raccordo tra l’inizio dei processi manifatturieri ed i consumi.

Come correttamente sottolineato recentemente da Ivano Russo (vedi articolo pubblicato su Port News) e Zeno D’Agostino (leggi qui) attraverso i loro focus, il nostro Paese manca di due elementi di base che costituiscono le cause e non l’effetto della domanda di logistica : 1) uno smisurato focus sull’hardware (l’infrastruttura) ed una scarsa attenzione al software (i processi logistici) con evidente spreco di risorse finanziarie in opere inutili e duplicate; ma si sa, dai nostalgici tempi dell’inizio secolo scorso le grandi opere fanno passare alla storia i politici, piuttosto che l’utilizzo intelligente delle norme e delle conoscenze; 2) Senza un’effettiva funzionalizzazione della logistica al servizio delle filiere industriali si rischia di finire per l’essere dei semplici venditori di trasporto, che a volte, in maniera beffarda, viene venduto da aziende non Italiane, basti guardare al caso delle compagnie ferroviarie operanti in Italia, o delle stesse imprese di trasporto su gomma (recente è il caso della mancanza di autisti Italiani).

Passando all’analisi dei numeri riferiti al periodo 2009-2019, appare chiaro il riflesso di quanto sostenuto precedentemente. A fronte, infatti, di un andamento medio annuo (2009-2019) del GDP pari a -0,25%, la componente che non è cresciuta nei nostri porti è proprio quella delle merci alla rinfusa a testimonianza che il nostro Paese ha gradualmente perso quota nella manifattura a vantaggio di altre Nazioni, anche limitrofe.

L’andamento del trade di container si è mantenuto più alto del GDP e leggermente maggiore rispetto al totale del trade dei Porti Italiani. Anche questa è una conferma che il nostro Paese risulta meno indipendente dal punto di vista della produzione di beni di largo consumo.

In sintesi, lo sviluppo della logistica marittima Italiana ha caratteristiche di forte prossimità come si può notare dal ritmo di crescita del traffico RORO, e ciò è dovuto sia allo sviluppo della modalità marittima quale alternativa alla strada, sia per costi che per flessibilità; nonché alla necessità, in mancanza di Aree di snodo che possano fungere da sistema logistico (veri Interporti o Piastre) di assicurare “in tempo” e “tempestivamente” gli approvvigionamenti nelle aree di consumo.

Ci si augura che tali banali osservazioni possano fungere da guida per coloro che hanno responsabilità decisorie nell’ambito delle proposte di investimento tese a finalizzare il PNRR al fine di generare inutili “cattedrali” totalmente dissociate dai fabbisogni della logistica che, ribadiamo, non può essere identificata con il concetto di solo trasporto.

Ciò potrebbe essere di stimolo a favorire quelli che si definiscono “Sistemi Logistici Integrati” non riferiti al mero compendio portuale bensì ad intere aree Regionali, in linea con quanto sta avvenendo a Trieste.

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