Traffici con Sud Mediterraneo
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Focus

Per i porti del Mezzogiorno la vera partita si gioca a terra

di Sergio Prete

Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Ionio

Nello scenario marittimo internazionale il Mediterraneo ricopre un ruolo strategico che negli ultimi anni sta ulteriormente consolidandosi per una serie di fattori tra i quali assume particolare rilevanza la direzione lungo la quale si sviluppano le strategie di crescita delle principali economie mondiali.

Il Mediterraneo sul piano geo-economico interfaccia il grande mercato Atlantico e Nord Europeo da un lato e quello Asiatico e Africano dall’altro. Per questi motivi, la centralità del bacino negli scenari internazionali è un forte fattore di attrattività per investimenti pubblici e privati nel settore dei trasporti e della logistica che continuano a crescere nonostante alcune situazioni sociali e politiche critiche.

È un dato consolidato che esso rappresenti una via privilegiata di transito per i traffici containerizzati – sulla quale si concentra il 25% dei servizi di linea mondiali – e che sia un’area molto significativa anche per i traffici a corto raggio in direzione Nord-Sud in particolare in modalità Ro-Ro.

La crescente centralità del bacino è evidente anche dal dato dei flussi di navi container lungo le maggiori rotte Est-Ovest che nel 1995 vedevano la “Trans-Pacific” valere il 53% dei transiti globali, a fronte del 27% della Asia-Europa (via Suez e Mediterraneo) mentre nel 2015 le due rotte si sono quasi equiparate: 45% la prima e 42% la seconda.

Investimenti realizzati e la generale ripresa del trasporto marittimo hanno mostrato i loro effetti sul traffico di Suez che dal 2001 al 2016 ha registrato +120% delle merci in transito e circa il 75% di queste sono riconducibili alle rotte Far East – Europe.

Con l’aumentare dei traffici e delle rotte, e quindi della rilevanza del bacino del Mediterraneo nell’ambito dei trasporti e della logistica marittima, tutti i Paesi che si affacciano sulle sue sponde stanno perseguendo importanti politiche di sviluppo del proprio sistema portuale, coscienti che questo rappresenti un elemento chiave per l’economia e per lo sviluppo e la produzione estera dell’area.

Molto sostenuta appare la crescita dei porti lungo le sponde Sud ed Est del Mediterraneo e del Mar Nero. Negli ultimi anni si è evidenziata una difficoltà per i porti nazionali hub che hanno perso traffico, che è invece cresciuto, anche a tassi importanti, nei porti gateway.

I porti del Mezzogiorno d’Italia – proprio dove sono situati gli hub – scontano generalmente delle carenze infrastrutturali (marittime e terrestri, ferroviarie in primis), presentano livelli di saturazione più bassi e subiscono la concorrenza dei porti della parte meridionale e orientale del Mediterraneo.

La crisi economica e finanziaria dell’Unione Europea sta limitando la capacità di mantenere la competitività in vari settori tra cui il trasporto. I porti del Sud-Est Med guadagnano mercato per le loro condizioni commerciali favorevoli. Il trasbordo delle merci destinate al mercato comunitario tende sempre più a spostarsi verso porti extra UE.

La recente programmazione comunitaria e nazionale riconosce a tutti i porti, compresi quelli del Sud Italia, un ruolo importante. Essi vengono considerati come vere e proprie porte di accesso/uscita delle merci e/o delle persone collegate con i corridoi europei e, quindi, con hinterland anche contestable e non solo captive.

Inoltre, questi porti sono quelli più vicini alle rotte marittime principali che attraversano il Mediterraneo e, sebbene il transhipment sia fortemente conteso e indirizzato maggiormente verso altri porti dell’area Med, occorre creare le condizioni per poter assolvere al ruolo di hub logistici e intermodali, anche grazie agli enormi spazi portuali e retroportuali di cui alcuni di essi sono dotati.

L’esempio della crescita del porto del Pireo, fondata su una visione simile a quella invocata da alcuni porti del Sud Italia, deve far riflettere. Oltre al potenziamento delle infrastrutture portuali (volte all’incremento dei traffici marittimi anche di transhipment), il porto greco è stato individuato come piattaforma logistica per la distribuzione in Europa e nel Mediterraneo delle merci – soprattutto con provenienza cinese, ma non solo – attraverso il miglioramento del trasporto stradale e ferroviario.

In altre zone (Tangeri, Spagna, ecc.) la istituzione di Zone Economiche Speciali (ZES) o Free Zone ha attratto rilevanti investimenti e insediamenti produttivi logistici e incrementato i traffici.

Infine, l’auspicata e attesa pacificazione del Nord Africa potrebbe costituire una grande opportunità di scambi commerciali con quello che tutti gli esperti definiscono il mercato del futuro. Il Mezzogiorno ha una posizione geografica molto vantaggiosa all’interno del bacino del Mediterraneo, tornato nuovamente al centro degli scambi commerciali mondiali.

I porti del Sud Italia hanno anch’essi la possibilità di ricoprire il ruolo di porta Sud dell’Europa, rappresentando la naturale piattaforma logistica di alcune grandi direttrici di collegamento, in particolare dei traffici lungo le rotte marittime che dal Canale di Suez raggiungono il continente europeo per trasferire le merci verso i principali mercati dell’Europa centro settentrionale.

Questa convenienza, valutata dagli operatori marittimi e logistici internazionali in circa 6/7 giorni di percorrenza in meno rispetto ai principali porti del Nord Europa, ha contribuito – sino a qualche anno fa – alla crescita della domanda di traffico marittimo di contenitori nell’area.

Se da un lato la dotazione infrastrutturale presente nel Sud Italia e i risultati dei flussi di traffici sottolineano un ruolo di primo piano del Mezzogiorno, dall’altro l’analisi della capacità operativa evidenzia spesso un ritardo rispetto alle altre aree del Paese in termini di raccordi ferroviari e soprattutto di servizi di logistica nelle aree retroportuali.

Questa differenza nella valutazione dell’infrastrutturazione portuale del Mezzogiorno, a seconda che si consideri la dotazione generale e l’offerta di servizi marittimi o la capacità operativa degli accosti, è dovuta al fatto che i porti non valorizzano pienamente le potenzialità del traffico merci.

In sostanza il patrimonio infrastrutturale del Sud Italia risulta dedicato al transhipment o al locale ma poco alla manipolazione e al valore delle merci.

Nonostante le problematiche esaminate lo sviluppo del traffico marittimo è la chiave sulla quale lavorare per garantire una crescita anche economica dell’area in quanto – consentendo il raggiungimento dei grandi mercati internazionali – permette di superare la posizione periferica rispetto al continente europeo.

Oltre alle reti marittime del traffico container intercontinentale, ai porti del Mezzogiorno fanno capo anche le reti delle Autostrade del Mare che proprio negli scali del Sud Italia hanno l’area di maggiore attività.

Il Mezzogiorno è l’anello di connessione tra Suez e l’Europa, una potenziale piattaforma portuale al servizio dell’industria del territorio meridionale. Non solo. I suoi porti facilitano la proiezione internazionale del Paese ma occorre investire sulla intermodalità e su una logistica portuale integrata ai processi industriali. La ormai prossima istituzione delle ZES potrebbe rappresentare uno strumento di rilancio della competitività portuale e logistica meridionale.

Tutti i dati di traffico mostrano una presenza di rilievo del Sud Italia nel nostro commercio marittimo con percentuali che si attestano sempre sul 45-50%, con una dotazione di scali hub, con porti multipurpose e importanti realtà che operano nel settore passeggeri e crociere.

Se i porti del nord Italia sono i gate di accesso ai mercati del Centro Europa, quelli meridionali (con la loro configurazione variegata che abbraccia tutto l’arco marittimo, adriatico-ionico-tirrenico) sono la naturale porta di accesso che può servire il sistema industriale italiano.

La partita si gioca sulla parte terrestre-logistica e intermodale, e cioè sui servizi a terra più che marittimi. Occorre continuare a investire in un sistema che garantisca questi collegamenti verso l’interno.

Basti pensare che i noli marittimi tra i principali porti europei e i maggiori porti di destinazione nel mondo sono diventati molto simili. Spedire un container via mare da Napoli/Genova/Rotterdam/Amburgo per Shanghai o New York ha praticamente lo stesso costo. La differenza di costo è legata alla distanza terrestre tra l’azienda che esporta e il porto di imbarco.

Le navi stanno scalando sempre di più aree ad alta concentrazione di distretti produttivi e di mercati di consumo e questo rende ancor più importante migliorare il sistema delle connessioni interne strada-ferro-mare.

Al netto del traffico di transhipment, il traffico Ro-Ro è di gran lunga la principale modalità nel segmento delle merci varie e, in termini generali, tra le più consistenti nel complesso dei transiti.

Quando si ipotizza l’opportunità per il Paese di assumere il ruolo di piattaforma logistica del Mediterraneo, non si deve fare riferimento solo alla movimentazione di contenitori nei porti italiani, dimenticando di considerare che le aziende di autotrasporto comunitarie ed extracomunitarie già da anni utilizzano i porti nazionali come vie di accesso ai mercati del Sud Est Europeo, del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’estremità occidentale del Mediterraneo.

Si può sottolineare che mentre per le AdM di cabotaggio entrambi i bacini (Tirreno e Adriatico) possono rappresentare due valide opzioni di trasporto, nel caso dell’ampliamento delle AdM alla dimensione europea e alla integrazione al vettore ferroviario, anche per diminuire tempi di viaggio e distanze percorse su strada, nei lunghi spostamenti nell’area Euro Mediterranea, l’offerta dei due bacini non è ancora omogenea in quanto occorre superare le difficoltà di attraversamento ferroviario per il trasporto di rotabili su treni dai porti del Mar Tirreno verso il Centro e Nord Europa mentre per la dorsale adriatica le criticità sono ormai quasi del tutto superate.

Un ulteriore importante apporto possono essere considerate le Aree Logistiche Integrate (ALI): uno strumento nato dalla necessità di migliorare la spesa, nell’ambito della programmazione comunitaria, destinata ai porti e alle aree logistiche in quanto contesti regionali caratterizzati da una pluralità di attori e da diversi livelli di gestione amministrativa e di produzione normativa.

Con l’accordo di partenariato del 2014 si è avvertita l’esigenza di creare le ALI nelle cinque Regioni in ritardo di sviluppo del Sud Italia come condizione preliminare di attivazione della spesa del PON Infrastrutture e Reti.  Esse devono comprendere necessariamente i porti commerciali del territorio, gli interporti o le aree logistiche di riferimento, le connessioni stradali e ferroviarie tra essi e la rete nazionale.

Ma nella visione delle ALI vi è l’obiettivo molto più alto e importante di guardare a un concetto di sviluppo e programmazione del territorio sistemico. Ed il concetto di fare sistema è sempre alla base di piani strategici del Ministero come azione necessaria per la crescita e lo sviluppo del territorio.

Nelle politiche del Ministero tra gli obiettivi e gli strumenti per una strategia di crescita dei trasporti, integrata ed efficace, le aree logistiche integrate sono un modello per la programmazione degli interventi a valere sui programmi operativi finanziati dalla UE nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia.

Gli accordi sottoscritti hanno creato per ciascuna area logistica integrata un tavolo tecnico locale che ha il compito di avanzare proposte di investimento e di condividere un modello di marketing congiunto.

Relazione tenuta in occasione dell’assemblea programmatica di Assoporti del 12 dicembre 2017

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