Porto di Livorno - Logistica
© Luigi Angelica
Interviste

Colloquio con Alberto Accetta

Per una politica sostenibile della logistica

di Marco Casale

«Inquinare costa, in termini economici ancor prima che ambientali» ci spiega Alberto Accetta, Country Manager di Seacon Logistic e Vicepresidente di SOS-LOGistica. Quest’ultima è un’associazione costituitasi nel marzo 2005 e che riunisce aziende nazionali, multinazionali, docenti universitari, tecnici dell’innovazione e dell’ambiente, esperti di logistica e informatici. Il loro obiettivo comune è quello di promuovere politiche per una logistica sostenibile, tema di grande attualità internazionale.

«I cittadini dei Paesi avanzati – osserva Accetta – sopportano sempre meno i disagi del traffico e i danni all’ambiente connessi con la consegna delle merci. Il nostro obiettivo è quindi la realizzazione di una supply chain – approvvigionamento, produzione, trasporto, consegna finale e riciclaggio dei prodotti e delle merci – che sia “sostenibile” anche sul piano sociale e ambientale. In particolare, per noi la reverse logistic è un’opportunità di ottimizzazione dei processi perché si basa sull’assunto che l’energia deve essere utilizzata al meglio partendo dall’approvvigionamento e dalla trasformazione delle materie prime fino al ciclo di smaltimento/riutilizzo o riciclo del prodotto finale».

La Belt and Road Initiative (BRI) promossa dalla Cina si propone di collegare tramite 6 corridoi tra terra e mare almeno 68 Paesi sparsi in 3 continenti (Africa compresa). «La realizzabilità di un progetto di tale portata trova risposta nel metodo di pianificazione, nella visione culturale e nelle motivazioni del “progettista”. Per il governo cinese la BRI non è semplicemente un progetto ma una missione nazionale, un piano di sviluppo strategico iscritto nella Costituzione del Partito comunista in occasione del suo XIX Congresso. Consentirebbe infatti di spostare il suo baricentro produttivo dalle coste alle zone rurali del centro, favorendo in tal modo una migliore distribuzione del Pil pro capite all’interno della prima potenza economica mondiale. Nella sua declinazione intermodale, la BRI fra Cina ed Europa punta a sottrarre quote al trasporto freight aereo, intercettando quei carichi la cui supply chain esige tempi di transito inferiori a quelli del trasporto marittimo ma non necessita assolutamente della rapidità del servizio aereo. Già oggi lo spostamento di volumi di traffico dall’aereo al treno sulla direttrice Europa/Cina riduce a un quinto gli attuali costi logistici (di cui dovrebbe beneficiare anche il consumatore finale) e determina un significativo abbattimento delle emissioni di anidride carbonica».

Si tratta di capire se i porti del Mediterraneo, specie quelli italiani, saranno avvantaggiati dalla rivoluzione infrastrutturale in corso. «Un recente webinar organizzato da Contship, operatore leader nella terminalistica, ha affrontato il tema del rapporto degli scali marittimi del Mediterraneo (Southern Gate) con quelli atlantici e nord europei (Northern Gate). Competitività o cooperazione sistemica? A prevalere nel futuro dovrà essere quest’ultima, se non altro perché recenti incidenti su corridoi intermodali europei (come quello che lo scorso agosto ha bloccato per sette settimane il corridoio Reno-Alpi a seguito del cedimento della linea ferroviaria a Rastatt) hanno mostrato la fragilità di un sistema polarizzato a nord e quindi rivalutato il ruolo del bacino del Mediterraneo. Un migliore bilanciamento dei carichi in ingresso e uscita dai Paesi europei contribuisce inoltre a un significativo abbattimento delle emissioni di CO2 per tonnellata trasportata. Peraltro nel corso dei secoli il Mediterraneo ha visto cambiare più volte il reticolo delle rotte che lo attraversano e ora dovrà prepararsi a nuovi cambiamenti storici. Occuparsi di sostenibilità anche sociale in ambito logistico significa così supportare le aziende nel processo di adattamento tempestivo ai cambiamenti, evitando crisi strutturali».

Il raddoppio del canale di Suez, appena completato, sta ad esempio comportando un sensibile incremento del traffico in transito sul territorio egiziano. «Vero, e non si può non pensare anche alla posizione di vantaggio del Pireo, uno dei nodi della BRI e oggi di proprietà cinese: in pochi anni sta scalando la classifica dei porti e sviluppando collegamenti intermodali con Budapest. Si tratta di un’evoluzione che nel breve periodo non taglierà fuori i porti italiani dal grosso dello shipping ma che deve suonare come un segnale d’allarme: intorno a noi i cambiamenti avvengono molto velocemente e al di fuori dei nostri tavoli istituzionali. Pensare di arginarli riesce difficile, occorre invece accoglierli come spinte al cambiamento».

La BRI terrestre – interminabile asta ferroviaria tra Est ed Ovest biforcata in due rami paralleli – saprà mettere in crisi il trasporto marittimo intercontinentale che tradizionalmente passa da Sud sulla rotta Far East-Europa, solcata da enormi navi portacontainer?«Non penso. Può certamente essere competitiva se vista come alternativa al trasporto aereo. Anche se gli attuali volumi di traffico ferroviario dovessero crescere in maniera considerevole, non potranno mai beneficiare delle economie di scala offerte da una nave che da sola riesce a trasportare oltre 20.000 container. Per quanto grande, una rete ferroviaria ha comunque una sua capienza massima che non è, appunto, “oceanica”. Ancora oggi gli attraversamenti su ferro dei territori devono fare i conti con diversi scartamenti ferroviari (antico e sempre valido sistema di protezione) e con il dimensionamento massimo dei convogli, che cambia da Paese a Paese. I trasferimenti e le scomposizioni di treni mantengono alti i costi operativi e non consentono al momento tempi di transito così inferiori da poter sottrarre container al mare. Saranno invece complementari, disegnando nuovi scenari logistici. Penso ad esempio all’incrocio fra le verticali Mediterraneo/Mare del Nord (Genova/Amburgo; Pireo/Amburgo) e quelle orizzontali Atlantico/Mar Giallo (Cina/Rotterdam; Cina/Antwerp)».

Peraltro anche il trasporto marittimo sta aprendo nuove vie… «Penso soprattutto alla rotta stagionale Polar Silk Road percorsa fin dal 2013 dalle rompighiaccio cinesi: dalla Cina all’Europa in 20 giorni, contro i 30 passando da Suez. Per misurare la sua effettiva convenienza occorre però tener conto anche dei costi occulti o non immediati, come il danno ambientale. Quest’ultimo ha infatti un peso economico maggiore di quanto generalmente si pensi.».

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