Interventi

Il nodo dell'accesso alle piattaforme informatiche

Porti alla sfida dei Big Data

di Davide Maresca

Avvocato marittimista

Il problema dell’utilizzo dei dati (o big data, se vogliamo dirla in modo moderno) nell’ambito delle infrastrutture di trasporto implica una rivoluzione sotto due profili.

La velocità di trasmissione dei dati e l’incremento di traffico (valido per tutte le modalità) conduce alla necessità di ripensare le modalità organizzative della gestione delle infrastrutture.

In particolare, lo strumento che alcuni anni fa fu individuato dallo Stato era quello della concessione della piattaforma logistica nazionale affidata a Uirnet (in qualità di concedente) e a Logistica Digitale, in qualità di concessionario.

In quel contesto lo strumento della concessione venne ritenuto idoneo per ragioni certamente diverse rispetto al tradizionale utilizzo. Se l’esigenza tradizionale in materia concessoria è quella del finanziamento dei lavori e della ripartizione del rischio, nel caso della PLN l’esigenza era quella di avere la disponibilità di dati su tutte le reti infrastrutturali (infatti Uirnet aveva come soci molti interporti e Autorità Portuali) e la capacità di sviluppo (infatti Logistica digitale ha come socio HP).

In questo contesto, tuttavia, non si può evitare di notare che i singoli porti in Italia, i singoli interporti e gli altri sistemi infrastrutturali (Autostrade e Ferrovie) hanno sviluppato autonomamente singoli sistemi di gestione dei dati che regolano l’accesso alle infrastrutture.

Chiaramente, il problema è il processo autorizzativo per l’accesso (si pensi ai temi doganali, al controllo polizze di carico, ecc…). Questa lottizzazione informatica non è affatto un caso: il patrimonio informativo di dati di ciascun sistema logistico è quanto di più prezioso di cui il cluster possa disporre.

Se, originariamente, il patrimonio informativo era visto come una protezione dalla concorrenza “tra sistemi infrastrutturali”, ad esempio tra porti, oggi il mondo è cambiato.

È sotto gli occhi di tutti la tendenza all’integrazione dei servizi logistici che è la naturale conseguenza della forte promozione dell’intermodalità che il legislatore (anche europeo) pone di continuo.

Di conseguenza, la funzione dei big data sta cambiando e si sta evolvendo da strumento di protezione del cluster a strumento di governo del mercato. Ad esempio, la disponibilità dei dati di “origine e destinazione” ha una potenziale incidenza sulla disintermediazione e sul conseguente vantaggio competitivo a favore di alcuni soggetti.

Tuttavia, è evidente che l’efficienza del sistema infrastrutturale (anche per snellire il traffico) e lo shifting modale non possono certo essere rallentati dalla protezione di interessi particolari.

Di qui sorge spontanea la domanda: è necessario che l’infrastruttura telematica di collegamento tra i punti nodali sia pubblica? Se sì, è necessario che la sua gestione sia indipendente rispetto a tutti gli attori del trasporto e della logistica? Ed è altrettanto necessario che sia neutrale, soprattutto, soggetta a riservatezza?

Il Governo ha già tentato di risolvere il problema attraverso Uirnet che, però, non era completamente pubblica e non era completamente “neutrale”.

Occorre, quindi, un ripensamento del modello di gestione delle piattaforme informatiche di accesso alle infrastrutture (sia sotto il profilo del transito che sotto il profilo delle autorizzazioni amministrative ad accedere – es. doganali).

Se da una parte emerge un particolare proattivismo da parte del porto di Trieste, si registra un’impasse per gran parte delle altre Autorità di sistema portuale (anche con complicità della delicata vicenda di Uirnet).

L’auspicio è che venga privilegiato un approccio neutrale rispetto agli attori del trasporto e delle infrastrutture per garantire che i big data non diventino uno strumento improprio di governo del mercato anziché di efficienza.

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