Focus

I PCS e i rischi dell'omologazione

Porti digitali sotto assedio

di Redazione Port News

Nel mondo della logistica e della portualità moderna le esigenze informative legate ai flussi di merci e passeggeri sono crescenti e rivestono un ruolo decisivo per la competitività del settore.

Alcuni porti si sono attrezzati da anni con piattaforme di Port Community System (PCS) per condividere più facilmente dati e informazioni tra molteplici attori, spesso portatori di interessi diversi (terminal, agenti marittimi, spedizionieri, enti di controllo, ecc.).

Tuttavia, gli scali portuali non sono gli unici nodi della filiera logistica, che si articola invece in molteplici interconnessioni e i cui flussi informativi richiedono di essere a loro volta digitalizzati nell’ottica di una gestione paperless complessiva. Da qui l’esigenza di creare piattaforme ICT finalizzate a migliorare lo scambio modale e la sicurezza del trasporto merci.

In Italia questo ruolo è svolto, secondo il dettato normativo (Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, 18T del 2005), dalla Piattaforma Logistica Nazionale (PLN). Interventi normativi successivi (Legge 24 marzo 2012, n. 27, art.61/bis) hanno esteso il perimetro della PLN, prima soltanto terrestre, anche ai porti. I due ambiti restano però autonomi, con possibilità, da parte delle Autorità Portuali, di fruire dei servizi della PLN e interfacciare con essa i propri sistemi per lo scambio di dati e informazioni.

Il Piano Strategico Nazionale per la Portualità e la Logistica (PSNPL) del 2015 specifica che l’integrazione tra i sistemi logistici e portuali deve avvenire attraverso un’architettura modulare cooperativa che permetta di integrare informazioni e servizi relativi al trasporto su gomma (PLN), [..] e alla gestione dei nodi (PLN, PCS, PIL), riconoscendo ancora un ruolo autonomo ai PCS. D’altro canto la strategia nazionale non poteva non prendere in considerazione il fatto che in alcuni scali i PCS erano già una realtà ben sviluppata e che l’esigenza era piuttosto quella di rendere omogenei sistemi “nati diversi”. La PLN era quindi un facilitatore di questo processo, senza andare a sostituire i singoli PCS esistenti.

Questo quadro coerente (che teneva conto dei differenti stadi di sviluppo della PLN a livello nazionale, ivi compresi i Porti) viene mutato con due successivi interventi normativi. È stato il protocollo di intesa del 19 giugno 2017 stipulato tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) e Uirnet (soggetto attuatore unico per la realizzazione e la gestione della PLN) a prevedere la realizzazione di un modello unico di PCS (MUPCS) e a favorire il passaggio da un approccio in precedenza federativo a uno centralizzato (tutt’al più adattabile alle specifiche esigenze locali), che deve valere per tutti gli scali commerciali italiani.

Il MUPCS, non ancora sviluppato e tutto sulla carta, viene imposto da una fonte non normativa come standard di riferimento per tutti i Porti, non tenendo in opportuna considerazione che in realtà complesse come quelle portuali, PCS (unici e non) devono essere prima testati, validati e poi di fatto calati nella quotidianità e operatività dello scalo (i principali porti italiani sono già dotati di sistemi già operativi e perfettamente funzionanti).

A ciò si aggiunge il secondo innesto (Legge n. 124 del 4 agosto 2017) che muta completamente il quadro descritto dal PSNPL istituendo il Sistema Nazionale di Monitoraggio della Logistica (SinaMoLo). Il SinaMoLo non è soltanto un elemento nuovo, ma ritorna ancora una volta sui rispettivi ruoli di PLN e PCS, identificandoli, a poche settimane di distanza dal protocollo MIT e UIRNET, come ambiti sostanzialmente distinti. Infatti, la legge che lo istituisce recita che contribuiscono all’alimentazione del SinaMoLo, attraverso idonei sistemi di cooperazione, e in conformità con il d.lgs 7 marzo 2005 n. 82, i PMIS (Port Management Information System) delle Capitanerie di porto; i Sistemi PIL (Piattaforma Integrata della Logistica) e PIC (Piattaforma Integrata Circolazione) delle Ferrovie dello Stato; i PCS (Port Community System) delle Autorità Portuali; la PLN; il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) del Ministero dell’Ambiente; il SIMPT (Sistema Informativo per il Monitoraggio, la Pianificazione dei Trasporti) del MIT, l’AIDA (Automazione Integrata Dogane Accise) delle Dogane, nonché le piattaforme logistiche territoriali. Nessun cenno è fatto al MUPCS.

Passato nemmeno un anno (20 Marzo 2018), il MIT emana una Direttiva rubricata Linee guida per omogeneizzare ed organizzare i sistemi Port Community System (PCS) da attuare attraverso la Piattaforma Logistica Nazionale (PLN). Questa direttiva delinea uno scenario diverso da quello descritto nel PSNPL, imponendo, entro il 30 settembre del 2018, la migrazione dei PCS in uso presso le singole AdSP nel private cloud della PLN realizzata presso il MIT, in modo tale da affidarne la gestione all’attuale concessionario, ovvero a Logistica Digitale, joint venture formata da DXC, FAI Service e Vitrociset, che più di due anni fa si aggiudicò la gestione ventennale della PLN elaborata dall’Agenzia parastatale Uirnet.

La Direttiva non tiene conto dei rapporti giuridici in essere e delle diverse modalità di gestione dei Port Community System, che vengono di fatto regalati a un terzo, in cambio di nessuna contropartita e in presenza di un futuro sicuro profitto.

Giunti a questo punto, che forse per alcuni vuole significare la fine dei PCS per come li abbiamo conosciuti, non pochi dubbi ci sorgono spontanei per l’avvenire, posto che la continuità del servizio e l’interesse dell’utenza portuale devono costituire il riferimento per strutturare sistemi efficaci e competitivi.

Come si traduce in termini operativi l’estensione del MUPCS a tutti i Porti Italiani? Chi paga per lo sviluppo del MUPCS anche per porti meno attrezzati, dove il PCS non è mai esistito? Come si valorizza l’esistente e con esso gli investimenti effettuati negli anni?

Torna su