Ha fatto discutere, nei giorni scorsi, la decisione di Maersk Italia di licenziare quattro lavoratori dipendenti del reparto customer service nella sede genovese e di sostituire parte delle loro attività con l’intelligenza artificiale.
Oggigiorno sono sempre più frequenti i casi in cui gli sviluppi della robotica e le tecniche dell’IA si stanno rapidamente affermando in varie applicazioni portuali. Se per il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, la tecnologia è qualcosa di neutrale (“Il punto vero – afferma – è chi usa quella tecnologia) oltre oceano, negli Stati Uniti, i processi di automazione sono stati visti come un modello sbagliato di fare impresa, un modo come un altro per smantellare i diritti delle persone.
I lettori di Port News ben conoscono la situazione la tensione che si è venuta a innescare nei porti della east coast statunitense a seguito della decisione di APM Terminals di introdurre in un proprio terminal del porto di Mobile, in Alabama, un sistema di cancelli automatizzati in grado di processare i camion senza l’impiego di manodopera.
E’ stato il pomo della discordia da cui si è poi originato il conflitto tra il sindacato dell’International Longshoremen’s Association (ILA) e la parte datoriale rappresentata dall’United States Maritime Alliance (USMX). Un conflitto che è degenerato in uno sciopero e che si è risolto definitivamente soltanto pochi giorni fa con un accordo provvisorio sul rinnovo del contratto dei dockworkers che ha di fatto scongiurato nuove interruzioni del lavoro.
Gaudenzio Parenti, lei è il direttore generale dell’Associazione Nazionale delle Compagnie Imprese Portuali. Come va inquadrato il tema, dal suo punto di vista? Ha ragione chi paventa il rischio che l’Intelligenza Artificiale stia gradualmente sostituendo la mente umana?
Parliamoci chiaramente: l’argomento è estremamente serio e di assoluta importanza. Le questioni che attengono all’AI e all’automazione devono, appunto, essere affrontate con un approccio olistico e pragmatico in maniera organica con la Politica, le organizzazioni datoriali e sindacali e con l’imprescindibile supporto degli esperti e specialisti in materia.
Ma non può essere affrontata esclusivamente a livello nazionale: sarebbe inutile. Nel contesto dei trasporti e della logistica in generale, infatti, sono presenti operatori internazionali e normative sovrannazionali, siano esse europee che di derivazione di convenzioni internazionali. L’Europa si gioca gran parte del proprio futuro, anche logistico, su questa partita. E non possiamo perderla. Se non si inizia, in maniera seria e pragmatica, ad affrontare questi processi rivoluzionari, il futuro prossimo non sarà lontano da un contesto distopico in cui le gran parte delle imprese, soprattutto medio-piccole, scompariranno dalle banchine e i lavoratori verranno in gran parte sostituiti dalle macchine ormai intelligenti. Non possiamo, in maniera passiva, farlo accadere. Lavoriamo invece affinché questa rivoluzione porti benessere, economia diffusa e nuove competenze. Nuove competenze che inevitabilmente devono essere acquisite anche grazie ad un massiccio intervento pubblico di formazione specifica e un turn-over generazionale non più procrastinabile che metta in sicurezza il comparto per i prossimi 20 anni.
Nel suo discorso di insediamento, il nuovo presidente di Federlogistica, Davide Falteri, ha sottolineato l’importanza di investire sulla intelligenza artificiale, tema a cui aveva fatto riferimento anche il suo predecessore, Luigi Merlo: “Sogno una tecnologia in grado di esaminare direttamente tutti i container” aveva dichiarato. Ritiene sia un sogno realizzabile?
Non penso sia un sogno, sono estremamente convinto che nel giro di pochissimi anni sarà una realtà concreta e diffusa. Mi azzardo anche a fare una previsione temporale: entro il 2030 avremo anche in Italia molte di queste pratiche gestite attraverso l’intelligenza artificiale. Ma non solo: il potenziale che potrebbe svilupparsi dalle reti neurali artificiali è ancora sconosciuto e abbraccerà l’intero processo della catena logistica di approvvigionamento. E quando intendo intero processo, mi riferisco ad ogni singolo aspetto di ogni singolo anello della catena. Quello che, forse, ancora non si è ben compreso è che quanto sta accadendo si sta configurando come la più grande rivoluzione della storia del genere umano e che come tale impatterà in maniera significativa anche nella logistica e sulle banchine portuali.
Parenti, lei è stato sicuramente uno dei primi a evidenziare le implicazioni che l’IA potrebbe avere sulla vita dei porti. Le sfide per il 2025 passano attraverso un’attenzione maggiore alla cyber security e un interesse concreto alle potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata ai cicli logistici. Condivide?
Circa tre anni fa, ad un convegno a Livorno, di cui Lei era moderatore, accennai all’importanza di cominciare a discutere concretamente anche delle implicazioni che l’Intelligenza Artificiale avrà nei porti italiani. Ricordo ancora i sorrisi e i volti spaesati dei panelist e dei presenti, come se stessero ascoltando una storia fantascientifica.
Dobbiamo, invece, osservare attentamente ciò che sta accadendo, evolvendo e innovando in altri contesti come quello digitale. Sono estremamente convinto, infatti, che questi processi debbano essere guidati sia da un punto di vista operativo che normativo.
L’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e l’automazione sono ormai presenti nei porti e, pertanto, non possiamo volgere lo sguardo da un’altra parte, facendo finta di nulla: serve avere il coraggio di affrontare questa sfida affinché questi processi siano indirizzati esclusivamente all’efficienza operativa per le aziende e minori carichi di lavoro per i lavoratori.
Inevitabilmente la Cybersecurity ha un ruolo imprescindibile e se non adeguatamente diffusa ed applicata ad ogni singolo processo e ad ogni singola azienda potrebbe creare delle brecce di sicurezza con effetti a catena disastrosi.
La recente Direttiva europea NIS 2 (che stabilisce i requisiti tecnici e metodologici delle misure di gestione dei rischi di cibersicurezza per i soggetti e le reti critici) va in questo senso ma, secondo il mio modesto punto di vista, non è sufficiente: Dovrebbe essere aggiornata e applicata ad ogni singola impresa della catena logistica e portuale indipendentemente dal numero dei dipendenti e dal servizio offerto, essenziale o meno.
