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Focus

Il giallo nella finanziaria 2019

Porti italiani a rischio paralisi

di Marco Casale

Vi ricordate la direttiva Bolkestein? Nell’ultima finanziaria il Governo è sceso in campo con l’obiettivo di sospenderne gli effetti negativi, prorogando di altri 15 anni la durata delle concessioni turistico-ricreative.

Ma non tutte le ciambelle riescono col buco: è probabile infatti che nel provare a risolvere un problema l’esecutivo abbia finito col crearne un altro più grosso.

Il riferimento è al comma 682 dell’articolo 1: “le concessioni disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici”.

Avete letto bene? La misura tampone del governo non interesserebbe soltanto le concessioni sulle spiagge ma l’elenco comprenderebbe anche quelle rilasciate da qualsiasi altro ente.

“La concessione dei beni demaniali marittimi – si legge nell’art.1 comma 1 della legge 494 del ’93 – può essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per l’esercizio delle seguenti attività: gestione di stabilimenti balneari; esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; etc”

Quale sia l’obiettivo della norma, lo si evince dal comma 675 della stessa legge di bilancio, che fissa, con futuro decreto del presidente del Consiglio dei Ministri da promulgarsi entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i termini e le modalità per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime.

Tra le altre cose, il decreto dovrebbe contenere i criteri per strutturare la revisione organica delle norme connesse alle concessioni demaniali marittime, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di demanio marittimo di cui al codice della navigazione o a leggi speciali in materia.

Non sappiamo se si tratti di un equivoco, ma la pericolosa tentazione di applicare la deroga alla Bolkestein anche all’ambito portuale rischierebbe di bloccare le attività di tutti i porti italiani: ve li immaginate i grandi terminalisti, che oggi vantano in Italia concessioni di durata anche sessantennale, a fare le valige tra 15 anni? Rischieremmo di trovarci paralizzati dai ricorsi.

Non solo. La proroga quindicennale è rilasciata automaticamente, senza alcuna condizione. Chi si trovi oggi con una concessione in scadenza, potrebbe quindi utilizzare il suolo pubblico per altri tre lustri senza dover presentare piani di impresa e di investimenti.

La norma prevede per altro il divieto di rilasciare nuove concessioni fino a quando la procedura non sarà stata ultimata. Al comma 681 si legge infatti che solo al termine di tutto l’iter verranno assegnate le “aree concedibili ma prive di concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente legge”, secondo i  principi e i criteri tecnici stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 680.

Se dovessimo applicare la legge in senso letterale, la conseguenza immediata sarebbe quella dello stop a tutti i progetti oggi in cantiere relativi alla realizzazione di nuovi terminal sia merci che passeggeri.

Stupisce che a due mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio nessuno sia sceso in campo per sollevare la questione. Confidiamo in un chiarimento che ci aiuti a capire meglio come stanno realmente le cose.

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