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Tregua sotto le bombe

di Redazione

Almeno per il momento, gli Houthi non prenderanno più di mira le navi di proprietà, gestite e battenti bandiera statunitense e britannica né quelle gestite od operate da società israeliane.

A comunicarlo, in una email inviata domenica ad armatori, manager di settore, autorità governativa e assicuratori marittimi, il Centro di Coordinamento delle Operazioni Umanitarie dei ribelli yemeniti.

E’ una delle prime importanti conseguenze della cessazione delle ostilità a Gaza. E si tratta di un primo passo verso la possibile riapertura del commercio via Suez, anche se gli Houthi hanno comunque sottolineato che il divieto di transito rimarrà in vigore per le navi interamente o parzialmente di proprietà israeliana.

Come riferisce il Lloyd’s List, il commercio globale attraverso il corridoio del Mar Rosso è crollato del 60% negli ultimi 14 mesi.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, gli Houthi hanno attaccato più di 134 navi in ​​12 mesi utilizzando mezzi d’attacco rapidi, navi di superficie senza equipaggio, droni e missili balistici, da crociera e antinave forniti da Iran e Cina in un contesto di crescente collaborazione con gruppi terroristici tra cui Al-Qaeda.

Nonostante l’importante novità, alcune compagnie, a cominciare da Maersk e Hapag Lloyd, hanno comunicato di non prevedere un ritorno immediato nel Mar Rosso, per ovvie ragioni di sicurezza.

E’ più che naturale che gli armatori continuino ad essere sospettosi nei confronti degli Houthi. I ribelli dello Yemen  – è questo il ragionamento di fondo – hanno incassato grazie alle estorsioni e alla raccolta di pedaggi messa in atto nel Mar Rosso qualcosa come 180 milioni di dollari al mese, arrivando in un anno ad intascare più di due miliardi, perché mai dovrebbero smettere?

D’altronde, come già ricordato più volte da diversi analisti, la riapertura dei transiti verso Suez avrebbe come immediata ricaduta quella di liberare una quantità enorme di capacità, tutta quella  che sino ad oggi è stata assorbita dal mercato per via del re-routing delle spedizioni via mare verso il Capo di Buona Speranza.

Secondo recenti stime della Drewry, il normale svolgimento delle attività nel Mar Rosso e nel Canale di Suez vedrebbe un aumento complessivo della capacità di trasporto di container di circa il 25%, con un boost dell’overcapacity che potrebbe esercitare forti pressioni ribassiste sui noli nel mercato spot.

Le stime di MDS Transmodal restituiscono risultati simili. “L’analisi del numero di navi e capacità impiegate lungo le rotte tra il Far East e l’Europa e su quelle tra il Far East, il Golfo Arabico, il Sub-continente indiano e l’Europa, ci fornisce un quadro molto chiaro” afferma a Port News Antonella Teodoro, senior consultant di MDS.

“Se nel 2023, prima che iniziassero gli attacchi degli Houti, sono transitate lungo questi due trade circa 377 portacontainer con una capacità media di 15.393 TEU, nel 2024 la necessità di deviare le rotte e circumnavigare l’Africa ha spinto gli armatori a dispiegare un numero ben maggiore di navi, quantificabile attualmente in 450 unità” premette la Teodoro.

“Il ritorno alla normalità per la navigazione fra Asia ed Europa potrebbe quindi rendere inutili le 70 navi in più immesse sino ad oggi dagli armatori nel mercato, che potrebbero diventare non più necessarie se venissero ripristinati i transiti da Suez. Tutto ciò potrebbe tradursi in un’eccedenza di capacità quantificabile in almeno un milione di TEU” ha spiegato.

 

Dati di MDS Transmodal

Ad oggi, gli occhi sono tutti puntati sulla tregua, che di fatto è scattata ufficialmente ieri con il rilascio dei primi ostaggi da parte di Hamas cui ha fatto seguito il rilascio da parte di Israele di 90 detenute e detenuti palestinesi.

L’accordo sembra per ora reggere anche se occorrerà capire come si evolveranno le negoziazioni, che, nella fase due e tre, prevedono, tra le altre cose, il ritiro progressivo israeliano dal corridoio Philadelphia e l’avvio di un piano di ricostruzione della Striscia di Gaza sotto supervisione internazionale, con il possibile dispiegamento di una forza di pace per un periodo di tre-cinque anni.

Secondo il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen, la tregua sotto le bombe pone una i caricatori e gli spedizionieri in una situazione difficile. “Se il cessate il fuoco dovesse interrompersi, gli armatori dovranno chiaramente continuare a deviare le spedizioni via mare verso l’Africa, ed è quindi altamente probabile che le tariffe di trasporto rimangano alte anche per tutta la peak season estiva” afferma.

“Ma se la situazione regge e le navi tornano a Suez, è probabile che assisteremo a un calo sostanziale delle tariffe spot, anche se complicato da un problema temporaneo di congestione in Europa” aggiunge.

Certo è che in assenza della crisi del Mar Rosso, l’equilibrio tra domanda e offerta a livello globale sarebbe oggi leggermente peggiore di quanto non lo fosse alla fine del 2023, cioè prima della crisi.

Premesso che nel 2024 la capacità globale è cresciuta del 10,5%, nello stesso periodo e, più specificatamente, tra gennaio e novembre, la domanda globale di TEU in rapporto alle miglia percorse sarebbe cresciuta soltanto del 7,1% se le navi avessero continuato a viaggiare attraverso Suez.

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