Interviste

Colloquio con Danilo Toninelli

Troppe regole affondano i porti

di Marco Casale

Riformare la riforma Delrio? Macché, i presupposti su cui è nata la legge che ha definitivamente mandato in soffitta il vecchio modello di governance delle Autorità Portuali sono tutt’ora buoni. Il cuore della questione, secondo il Ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Danilo Toninelli, semmai è un altro. E non riguarda l’autonomia politica o finanziaria delle Autorità Portuali né tanto meno la loro natura, che è giusto rimanga pubblica. Riguarda la semplificazione.

Perché se è vero che oggi i porti italiani «fanno fatica a stare al passo coi tempi», non è certo per colpa del dlgs 169 del 2016 «che con la trasformazione da enti “monoporto” a enti di sistema, è andato nella stessa direzione della legge 84/94, promuovendo la crescita dei traffici e sviluppando le infrastrutture necessarie per mettere i nostri scali nelle stesse condizioni dei competitor europei e internazionali». La colpa è di chi ha messo sulla strada dello sviluppo delle Port Authorities troppi ostacoli, lacci e lacciuoli burocratici. «Troppe regole fanno male» e possono essere «paralizzanti tanto quanto la deregulation può esserlo nella direzione opposta».

Il messaggio è chiaro ed è una risposta indiretta a chi – come il presidente dell’AdSP del Mare di Sardegna Massimo Deiana – aveva chiesto per le Autorità Portuali un assetto speciale o derogatorio, per esempio come quello di cui gode RFI per le opere infrastrutturali: «I porti – afferma Toninelli – sono realtà dinamiche e spesso i vincoli stabiliti dalle norme rendono difficile farli correre come potrebbero». Occorrono insomma «meno norme ma più chiare, che dettino i tempi di risposta da parte delle pubbliche amministrazioni».

Un maggior uso dell’istituto del silenzio-assenso per le autorizzazioni paesaggistico-ambientali che spesso impattano in modo decisivo sui tempi di realizzazione delle opere? «Sì, nei casi possibili», è questa l’unica concessione che il titolare del dicastero di Piazzale di Porta Pia fa a Deiana, assieme a quella di una maggiore valorizzazione della Conferenza dei Servizi «come luogo di espressione dei pareri».

Per Toninelli ciò che conta veramente è consentire alle Autorità Portuali di «rispondere alla richiesta di maggiore “agilità” amministrativa, già a partire dalle modifiche al Codice degli appalti che abbiamo apportato con il decreto Sblocca Cantieri».

Vista dagli uffici del Ministero è questa la vera sfida da giocare, per vincere la quale non occorre certo usare la ruspa. Occorre semmai impugnare il pennello, ritoccando il quadro un po’ dove serve. Un ragionamento che vale anche per la Riforma Delrio, di cui «credo sia stato un errore soprattutto l’aver messo una distanza tra il porto e il proprio territorio, escludendo gli enti locali dai comitati di gestione».

Anche il sistema delle concessioni deve essere rivisto, «perché l’assenza di regole comuni non favorisce la concorrenza, ma piuttosto disorienta i potenziali investitori». Ma quanto al resto, le cose potrebbero forse essere lasciate così come sono.

Anche la questione relativa alla sovrapposizione delle competenze tra più, forse troppi, enti di controllo, sollevata tempo fa dal presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale Pietro Spirito, è per Toninelli un falso problema: «Le authority hanno ruoli e competenze ben precise e, seppur con diversi punti di contatto, non mi sembra che si siano create interferenze con le nostre AdSP. Giusto per fare un esempio, il provvedimento dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti che ha definito le linee metodologiche per l’accesso non discriminatorio alle infrastrutture portuali, non ha fatto altro che stabilire alcune regole di fatto già esistenti e utilizzate dalle AdSP nel rilascio delle concessioni agli operatori portuali».

E il confronto (duro) con la Commissione Europea sul tema degli aiuti di Stato? Il titolare del dicastero alle Infrastrutture derubrica lo scontro a un equivoco: «Partiamo dal fatto che la realtà italiana è diversa da quella degli altri Paesi sui quali la Commissione si è già espressa, e che stanno aspettando la decisione della Corte di Giustizia europea a seguito dell’impugnazione del pronunciamento. Le nostre Autorità di Sistema hanno una diversa natura giuridica, anche se la Commissione ritiene che chi fa profitto è impresa a prescindere dalla sua natura pubblica o privata».

Il Ministro risponde indirettamente anche a chi in passato lo ha accusato di non aver compreso gli effetti ultimi della questione sull’imposizione fiscale relativa ai canoni demaniali incassati dalle AdSP: «Con la Commissione abbiamo un dialogo intenso – dice – e siamo fiduciosi che le nostre peculiarità saranno valutate e prese in considerazione ai fini della conclusione della procedura in corso».

E se la partita a scacchi con i burocrati di Bruxelles non lo preoccupa più di tanto, Toninelli si mostra conciliante anche sul tema dell’autonomia differenziata richiesta dalla Regione Liguria: «se autonomia significa dare più servizi e più attenzione a tutti i cittadini, gestire in modo migliore la cosa pubblica, curare l’esistente, non vedo come potrei non essere d’accordo nel concederla, anche alla Regione Liguria».

D’altronde: «anche se la legislazione vigente in materia ha già trasferito alle Regioni competenze significative, la Liguria è una terra particolare così come lo è il suo assetto portuale. Penso, ad esempio, all’AdSP del Mar Ligure Orientale, che include i porti di La Spezia e Marina di Carrara, due ambiti territoriali diversi, due Regioni diverse. Ritengo che sia indispensabile, soprattutto in questa materia, cercare consenso e unità di intenti tra tutti i portatori di interesse».

Consenso e unità di intenti: queste parole ricorrono volte nel corso dell’intervista e segnano il solco su cui incardinare la nuova fase di sviluppo che i porti italiani si apprestano a vivere grazie alla Belt and Road Initiative. «La Bri attiverà una serie di investimenti infrastrutturali per la realizzazione o il rafforzamento di opere marittime, stradali, ferroviarie e aeroportuali» dichiara il ministro. «Se Trieste e Genova, per la loro particolare posizione geografica, sono considerati i principali porti per l’arrivo delle merci provenienti dal Far-east, anche altri scali, come Livorno, possono giocare un ruolo fondamentale».

Toninelli ricorda poi che oltre alle relazioni con l’estremo oriente ci sono anche gli interscambi crescenti con l’Africa e ammette che la BRI rappresenta in ogni caso «un’occasione unica per il rilancio della nostra portualità», grazie anche «alla particolare posizione del Paese, che dopo il raddoppio del Canale di Suez, ha dato una nuova centralità al Mediterraneo e una nuova strategicità ai nostri porti».

Il punto principale del ragionamento ruota attorno agli interessi della Cina che, dopo l’investimento nel Pireo, ha bisogno di una via di accesso per le merci verso l’Europa continentale: «I nostri porti – spiega – sono oggi pronti a raccogliere la sfida, grazie anche alle interconnessioni ferroviarie già esistenti. Vigileremo attentamente sul pieno rispetto delle norme nazionali e comunitarie e saremo al fianco delle nostre AdSP, affinché non venga mai messa in discussione la loro leadership su tutte le operazioni».

Il suo ultimo pensiero Toninelli lo dedica alla Conferenza Annuale che l’Organizzazione dei Porti Europei organizzerà a Livorno il 23 e 24 maggio: «Ritengo sia estremamente significativo che una organizzazione come questa abbia scelto il nostro Paese, e un porto come quello di Livorno, per svolgere la propria conferenza annuale che è tra gli eventi più prestigiosi sul tema della portualità. Il nostro può certamente essere un contributo robusto visto che l’Italia è da sempre, e per sua naturale vocazione, abituata ad avere a che fare con i temi cardine della conferenza».

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