© Luigi Angelica
Interviste

Colloquio con Roberto Morassut

Il dopo Toninelli nel segno di Delrio

di Marco Casale

Riprendere in mano il pallino della portualità, dare piena applicazione alla Riforma Delrio e recuperare il tempo perso negli ultimi mesi a causa «dell’inerzia del precedente Governo». Sono questi gli obiettivi che, per bocca di Roberto Morassut, il Partito Democratico intende portare avanti con convinzione da oggi in poi.

Nel giorno in cui Rousseau conferma la nascita dell’esecutivo giallorosso – con il presidente del Consiglio che a breve salirà il Quirinale per sciogliere le riserve– Morassut, definito da molti l’uomo dei trasporti del PD, afferma che «il settore della portualità è strategico, fondamentale per lo sviluppo economico del Paese. Per questo motivo dobbiamo attuare con convinzione gli indirizzi definiti con il dlgs 169 del 2016».

Il deputato dem, che per domani a Ravenna ha invitato associazioni e cluster portuale a partecipare agli “Stati generali della logistica e dello shipping”, ritiene che non abbia senso mettere in discussione l’impianto normativo della novellata legge 84/94 a poco più di tre anni dalla sua entrata in vigore: «Le riforme camminano se vengono attuate. Quello che dobbiamo fare è applicare le norme che già ci sono».

Il primo passo da fare? Tornare a convocare la Conferenza Nazionale dei Presidenti delle Autorità di Sistema, che da quando è stata istituita si è riunita sì e no quattro volte: «È una delle critiche che abbiamo mosso nei mesi passati al governo giallo-verde, imputandogli una inerzia decisionale che alla lunga ha danneggiato gli interessi del sistema portuale. Ora dobbiamo riprendere il percorso laddove è stato interrotto: la Conferenza deve essere convocata con continuità, bisogna ridare voce ai porti».

Secondo Morassut, la portualità italiana ha bisogno di conoscere una nuova fase di sviluppo e questo vuol dire anche risolvere i problemi concreti di cui soffrono gli scali italiani, primo fra tutti Genova, che «si trova in una situazione delicata a seguito del crollo del Ponte Morandi» e che ha bisogno della Gronda per alleggerire la città dal traffico pesante, («l’opera è strategica e va realizzata senza ulteriori rinvii»). E poi c’è Venezia, alle prese con il problema delle grandi navi e, poi, ancora, Ravenna, «di cui deve essere migliorata l’accessibilità».

Ogni porto, insomma, ha esigenze specifiche che devono essere affrontate, e «ogni sistema portuale merita di acquisire maggiore efficienza anche sul terreno della semplificazione amministrativa, ma deve essere chiaro che la Riforma Delrio rimane un elemento imprescindibile».

Il deputato piddino sottolinea come la confluenza dei 58 porti italiani in 15 sistemi portuali abbia permesso alla portualità italiana «di acquisire un nuovo slancio in termini di competitività e di raccordo con i mercati di riferimento».

Anche per questo motivo occorre navigare sulla rotta già tracciata dall’ex Ministro alle infrastrutture e ai trasporti, senza cedere alle sirene leghiste del revisionismo: «Abbiamo sempre mantenuto un atteggiamento critico nei confronti della proposta, avanzata più o meno esplicitamente dalla Lega, di introdurre elementi di privatizzazione nei sistemi portuali, trasformandoli per esempio in Spa. Riteniamo che simili suggestioni non siano coerenti con gli indirizzi della novellata legge 84: il ruolo pubblico non economico delle AdSP va salvaguardato».

Così come va salvaguardato e, possibilmente, rafforzato il ruolo strategico che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha inteso ritagliarsi con la 84/94, assumendo su di se importanti leve di controllo e coordinamento in merito alla governance dei porti italiani: «C’è bisogno di un rafforzamento dei comparti tecnici dello Stato in senso generale. E questo vale anche per il MIT, che deve tornare ad avere piena capacità progettuale e di indirizzo».

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