Focus

Giampieri (Assoporti): "L'UE è troppo nord-centrica"

L’Europa e un Mediterraneo da recuperare

di Redazione

In un contesto geopolitico “contrassegnato da incertezze e novità quasi giornaliere”, in cui il Mare Nostrum appare essere sempre più sensibile al tema delle variazioni in materia di sicurezza “occorrerebbe che l’Unione Europea abbandonasse il suo approccio molto nord-europeo e cominciasse a concentrarsi di più sul Mediterraneo”.

E’ questo il messaggio che il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri, ha consegnato stamani alla platea di esperti e rappresentanti delle istituzioni riunitisi in occasione di un convegno dedicato alla portualità e coordinato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale nell’ambito della Biennale del Mare e dell’Acqua, la quattro giorni di iniziative promossa dal Comune di Livorno per mettere al centro la vocazione marittima della città e di chi vive il mare in tutte le sue declinazioni.

Non è la prima volta che il tema dei rapporti con l’UE viene sollevato da qualificati esperti di settore. Uno dei primi a parlarne, proprio sulle colonne di Port News, era stato l’ex presidente della Port Authority di Trieste, Zeno D’Agostino, oggi n.1 della società di ingegneria veneta Technital.

“A Bruxelles siamo governati da burocrati che verificano in maniera asettica e a volte illogica il rispetto delle nostre normative. Tutto legittimo, ma sembra finita l’era in cui a Bruxelles ci si applicava a sviluppare visioni strategiche oltre che norme” aveva dichiarato D’Agostino in una intervista rilasciata anni fa sul nostro periodico.

L’ex n.1 dell’Associazione dei Porti Europei (ESPO) aveva allora espresso il desiderio che Bruxelles lavorasse di più e meglio per valorizzare il posizionamento strategico dei porti che si affacciano sul Mare Nostrum, riportando a galla quella visione sulle Zone di Libero Scambio del Mediterraneo cara all’ex commissaria ai trasporti Loyola De Palacio.

Oggi Giampieri torna con decisione sulla questione, invitando l’Europa a considerare la peculiarità del contesto competitivo mediterraneo in cui i operano nostri scali e a riequilibrare i rapporti con quelli del Northern Range:  “C’è troppa attenzione nei confronti dei fighetti del Nord Europa” ha affermato con una sottile vena polemica. “I porti italiani non competono soltanto con quelli comunitari mediterranei, ma anche con gli omologhi del Nord Africa, a cominciare dal Marocco, che opera con regole totalmente diverse dalle nostre e che se vuole realizzare una infrastruttura la fa in tempi e modalità differenti dalle nostre”.

Questa attenzione al Mediterraneo – ammette il vertice di Assoporti – dovrebbe essere garantita prima di tutto dalla politica. Cosa oggi non del tutto scontata, soprattutto se si va a vedere quanto accaduto con l’ETS, il sistema di scambio di quote di emissioni dell’Unione Europea che dall’inizio del 2024 è stato esteso al settore dello shipping, una misura – quella stabilita da Bruxelles – che a detta di Giampieri danneggia non soltanto gli armatori ma anche i consumatori, costituendo un svantaggio competitivo sui porti europei.

Insomma, le strategie dell’Europa non dovrebbero essere legate soltanto alla gestione dell’esistente, ma avere uno slancio visionario che prenda spunto dall’analisi di un mondo che sta cambiando, imponendo non soltanto nuovi modelli di mercato (con il reshoring e il nearshoring) ma un modo del tutto diverso di vedere le cose.

A ricordarlo è stato il redattore di Limes, Fabrizio Maronta, nel suo intervento introduttivo: “La globalizzazione come la conoscevamo è oggi in crisi, perché è venuta meno la convenienza di un sistema americano-centrico finalizzato a improntare il mondo sulla base di un modello che accoppiava l’economia dei consumi con l’ordinamento liberal-democratico” ha spiegato.

Questo modello si è infranto contro il capitalismo dirigista cinese, “un capitalismo efficiente che ha permesso al Dragone di mandare fuori mercato molti dei suoi competitor”.

Il riferimento è alla recente battaglia sulle batterie: “Pechino non si è limitata a estrarre/importare dal Sud America o dall’Africa i minerali che servono per realizzarle, ma li ha raffinati, riesportando verso l’Occidente i prodotti semi-finiti, acquisendo quindi un vantaggio strategico”.

Si tratta di una guerra commerciale che oggi si sta estendendo ai fondali marini, con riferimento all’estrazione dei noduli polimetallici e, soprattutto, alla cantieristica. Settore, quest’ultimo, in cui il gap tra i due paesi è diventato incolmabile.

Un gap non solo commerciale ma anche miltare, anche perché la Cina produce navi a un ritmo tra le tre e quattro volte superiore rispetto agli Stati Uniti e di qui al 2030 sarà in grado di disporre di una potenza militare navale nettamente superiore a quella americana.

Se ne deduce che “gli USA faticheranno a fornire al bene comune della globalizzazione il controllo incontrastato dei mari, elemento quest’ultimo che è stato uno degli abilitatori della trasformazione del commercio internazionale in un ecosistema fortemente integrato con l’allungamento delle catene logistiche e il gigantismo navale”.

Maronta ne è certo: “Stiamo andando verso un mondo in cui nei prossimi anni gli USA manifesteranno appieno una profonda crisi di vocazione e proiezione”.

Questa situazione produrrà delle conseguenze enormi anche dal punto di vista marittimo, con ricadute dirette anche sull’Italia, che è una economia di trasformazione che “vive del valore aggiunto di ciò che fa con ciò che non ha”.

Il Mediterraneo, oggi indirettamente coinvolto nella crisi del Medio Oriente, è sempre più sensibile al tema delle variazioni dell’ambiente di sicurezza ed offre ai Paesi che vi si affacciano un vantaggio strategico che andrà saputo sfruttare con una politica di ampio respiro.

E qui torna di nuovo il tema della necessità per l’Europa di rafforzare i legami con i paesi del Nord Africa e con quelli del Medio Oriente non soltanto attraverso maxi iniziative infrastrutturali e di estensione delle logiche di corridoio che coinvolgano imprese, infrastrutture e istituzioni ma anche attraverso l’adozione di politiche virtuose nel campo della sostenibilità ambientale.

“Con l’ETS abbiamo visto come il percorso di decarbonizzazione dell’UE sia stato rivolto più a punire chi inquina che non a premiare chi è virtuoso” ha dichiarato Alessandro Panaro, capo Servizio dell’Area di Ricerca di SRM (Gruppo Intesa Sanpaolo) e moderatore del convegno. “In questo modo abbiamo finito con il creare dei meccanismi elusivi che ci hanno danneggiati” ha aggiunto.

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