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Focus

Il peso delle mosse di Trump, trasformazione e resilienza nell'era dei dazi

Quando lo shipping diventa ostaggio della geopolitica

di Redazione

Niente supplementari per la partita sui dazi. La scadenza del 1° agosto è tassativa, vincolante. Come fatto sapere dal segretario al commercio americano Howard Lutnick, a partire da quella data rientreranno in vigore le tariffe punitive stabilite il 2 aprile scorso. E poche speranze ci sono circa la possibilità che USA e Cina riescano a raggiungere un accordo prima che, il prossimo 12 agosto, si chiuda la finestra della pausa tariffaria annunciata poco meno di tre mesi fa.

Salvo accordi dell’ultima ora (l’UE e gli USA stanno lavorando ad una tariffa unica al 15%), a breve lo shipping dovrà quindi riavvolgere le lancette del tempo e tornare ai momenti di fibrillazione vissuti nei giorni immediatamente successivi al Liberation Day. Sappiamo che cosa accadde allora: il sasso gettato da Trump nelle già agitate acque del mercato fece colare a picco la domanda di trasporto marittimo di container dalla Cina agli Stati Uniti, spingendo i vettori a spostare la capacità da queste rotte verso quelle più remunerative con il Nord Europa e la costa orientale del Sud America.

L’annuncio delle pause tariffarie ha poi cambiato nuovamente le carte in tavola, costringendo gli importatori statunitensi a sfruttare la finestra di opportunità di 90 giorni per importare il maggior numero di merce possibile dalla Cina. Questa corsa al carico ha visto un’impennata delle tariffe spot, che tra il 31 maggio e il 1° giugno sono aumentate del 75% sulla costa occidentale e del 58% sulla costa orientale degli Stati Uniti.

Il rush finale al front-loading da parte dei caricatori non ha però lasciato insensibili i vettori, che hanno deciso di spostare nuovamente la capacità sulle rotte statunitensi, alterando i già fragili equilibri tra domanda ed offerta e favorendo indirettamente un nuovo calo dei noli, che dal 30 giugno scorso sono diminuiti del 58% sulla costa occidentale e del 35% sulla costa orientale.

Questo è un resoconto sommario di quanto è accaduto sino ad oggi ed è assai probabile che a partire dal 1° agosto la stabilità dei rapporti economici torni ad incrinarsi, con effetti che si faranno sentire a catena sull’economia marittima mondiale.

Quel che è certo è che i vettori sono oggi diventati sempre più abili nel far fronte in modo efficace e tempestivo agli shock di mercato. A sottolinearlo è Xeneta, che rileva la tendenza crescente dei carrier a spostare la capacità di stiva da un trade all’altro, con la stessa frequenza con cui si innalza e si abbassa il livello del mare.

“Trasferire capacità tra attività commerciali richiede però del tempo e non è come premere un interruttore” afferma l’analista di Xeneta, Emily Stausbøll, che sottolinea come la ridistribuzione del tonnellaggio lungo i trade abbia di fatto reso il mercato estremamente volatile.

Come anticipato in apertura di questo articolo, le continue giravolte tariffarie di Trump hanno avuto un effetto domino su tutti i trade, a cominciare dai servizi di collegamento tra l’Estremo Oriente e la costa orientale del Sud America, dove le tariffe sono aumentate del 260% dal 1° maggio scorso (da 1890 a 6945 dollari a FEU), per effetto della decisione dei carrier di dirottare la capacità disponibile sui flussi di traffico verso gli Stati Uniti, tornati improvvisamente appetibili a seguito dell’annuncio delle pause tariffarie.

La sovra offerta di stiva che durante la finestra dei 90 giorni ha alimentato la domanda di trasporto dalla Cina e soddisfatto le esigenze degli importatori staunitensi è stata la principale causa della diminuzione dei noli lungo i flussi di traffico fronthaul verso gli Stati Uniti.

Probabilmente, a partire dal 12 agosto, i carrier torneranno a piazzare le proprie navi nei trade verso il Sud America, per beneficiare delle tariffe più elevate. Anche se per poco tempo. E’ ormai un fatto acclarato che gli spostamenti di capacità sulle rotte considerate più remunerative finiscono sempre con l’esercitare una pressione ribassista sulla tariffe. Ed è quello che potrebbe succedere anche in questo caso.

Gli stop and go del tycoon americano hanno avuto anche pesanti ricadute sulle rotte che collegano l’Estremo Oriente al Nord Europa, rimaste economicamente remunerative nonostante la maxi iniezione di capacità aggiuntiva promossa dai carrier a seguito dell’annuncio di Trump della nuova politica daziaria.

In questo trade le tariffe spot medie sono di fatto aumentate del 18% da fine giugno e del 78% da fine maggio, attestandosi a a una media di 3.410 dollari a FEU.

“Si può notare come gran pare della capacità sottratta ai traffici diretti verso gli States a seguito dell’entrata in vigore dei dazi annunciati il giorno della liberazione sia stata ridistribuita sui servizi del Nord Europa” afferma ancora Emily Stausbøll, rimarcando come l’aumento di capacità su questa rotta abbia però contribuito ad aumentare i problemi di congestione dei porti del Northern Range, già messi a dura prova dalle controversie sindacali e dai problemi di navigazione del fiume Reno, il cui basso livello d’acqua limita la portata delle chiatte, costringendo i traffici a pesare su strada e ferro.

Il braccio di ferro tra gli USA e la Cina e gli effetti dei dazi sul comportamento degli operatori economici hanno contribuito ad esasperare la situazione mandando in crisi le catene di fornitura in crescita dei volumi e saturando piazzali e banchine di porti come Anversa-Bruges, Rotterdam, Bremerhaven.

La Stausbøll prevede un riequilibrio per autunno. Gli analisti si aspettano per la restante parte del 2025 un calo delle tariffe lungo i servizi di collegamento tra il Far East e la east coast di Stati Uniti e Sud America. Per il Nord Europa la situazione è invece diversa. “La congestione portuale persisterà per il resto del 2025 ed eserciterà una pressione al rialzo sul mercato dei contratti a lungo termine” fa osservare l’analista di Xeneta.

Morale della favola, i sassi lanciati da Trump nel mare del trasporto marittimo stanno continuando a produrre onde concentriche che si stanno diffondendo su tutto lo specchio d’acqua, fino a spegnere la loro forza verso orizzonti che gli operatori del settore ad oggi non riescono nemmeno a intravedere.

Una iattura per gli spedizionieri e i clienti finali cui Xeneta raccomanda prudenza, consigliando di stipulare con le società armatoriali contratti indicizzati, che garantiscano un allineamento tra le tariffe di trasporto e l’andamento del mercato.

Secondo la consultancy firm, con questo accorgimento si dovrebbe impedire che “gli accordi a lungo termine vengano rescissi o rinegoziati regolarmente a seguito di shock come i dazi statunitensi”.

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