Interventi

Canoni demaniali e natura giuridica degli enti di governance

AdSP esentasse ma era meglio trasformarle in SPA

di Andrea Annunziata

Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar di Sicilia Orientale

Dopo aver letto con grande attenzione su PortNews l’intervento di Giovanni Vezzoso (“Alle Autorità Portuali tocca pagare l’IRES?“), mi è tornato in mente un vecchio dossier sulla questione da lui sollevata e da tempo già risolta.

I dubbi espressi ci riportano infatti al lontano 2009, allorquando una serie di disposizioni (norme di legge, Circolari Mef, risoluzioni Mef e sentenze varie) hanno posto la parola fine all’imposizione IRES alle Autorità Portuali, e conseguentemente alle nuove AdSP, in relazione allo svolgimento dell’attività istituzionale.

È ormai noto a tutti che la figura delle Autorità Portuali, così come delineata dalla Legge n. 84 del 28 gennaio 1994, è quella di una persona giuridica di diritto pubblico con autonomia finanziaria e di bilancio, espressamente delegata dalla legge a svolgere indirettamente funzioni svolte dalla stessa Pubblica Amministrazione statale quali proprio il rilascio di concessioni delle aree demaniali portuali, appartenenti al più ampio demanio dello Stato, come mezzo indispensabile alla migliore gestione del porto e di tutte le attività ad esso connesse, con conseguente applicabilità a fini fiscali di quanto previsto dall’art. 74 del TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi), ovvero l’esclusione assoluta di ogni imposizione fiscale.

Oltre che dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 41/E del 21 aprile 2008 e dal Parere n. 1641 rilasciato il 9 luglio 2002 dalla III sezione del Consiglio di Stato, quanto da me ricordato è avvalorato anche dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 96/E del 3 aprile 2009. Quest’ultima definisce le Autorità Portuali (per quanto disposto nella stessa Legge n. 84/94 che le istituisce) quali Enti con una connotazione marcatamente pubblicistica, preordinati al perseguimento di specifiche funzioni di pubblico interesse e quindi tali da poter usufruire delle agevolazioni di cui alla lettera b) del secondo comma dell’art. 19 del DPR 601/73, al pari di tutti gli Enti ricompresi nel ricordato art. 74 del TUIR.

Peraltro anche il comma 993 dell’art. 1 della Legge finanziaria n. 296/2006 (Finanziaria 2007) – che nel suo intervento Vezzoso riporta solo in parte – esprime chiaramente il medesimo  concetto: «Gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Gli atti impositivi o sanzionatori fondati sull’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ai canoni demaniali marittimi introitati dalle autorità portuali perdono efficacia e i relativi procedimenti tributari si estinguono».

Ritengo a questo punto opportuno precisare la portata generale degli atti richiamati: come ribadito nella sentenza n. 7521 rilasciata il 15 ottobre 2010 dalla V sezione del Consiglio di Stato, una Circolare è un atto generale che tende a dare criteri direttivi di interpretazione e applicazione di norme di legge agli organi interni della Pubblica amministrazione (evidenza interna) mentre la Risoluzione risolve invece un problema pratico e concreto presentatosi all’attenzione della stessa PA ed è pertanto individualizzata verso una fattispecie concreta che risolve, dettandone i consequenziali comportamenti (evidenza esterna).

Intendiamoci, cosa diversa è se accanto all’attività istituzionale l’Autorità Portuale svolge anche un attività commerciale. In tal caso l’Ente – che opera solo con codice fiscale per l’attività istituzionale –  deve anche aprire una partita IVA indicando il codice dell’attività e parallelamente tenere una doppia contabilità (una istituzionale e una per l’attività commerciale) che senza ombra di dubbio dà luogo all’imposizione della normativa fiscale diretta e indiretta.

Tutto sopra ricordato porta a una conclusione esattamente contraria a quella a cui giunge Vezzoso. Si può pertanto affermare che norme leggi e circolari, con riferimento al sistema tributario italiano, fanno pendere la bilancia dal lato della non imposizione a IRES dei canoni concessori, così come confermato da una innumerevole serie di sentenze favorevoli alle Autorità Portuali che hanno subìto accertamenti IRES anche fondati sulla natura di redditi fondiari degli introiti dei canoni demaniali.

Un altro discorso andrebbe invece affrontato in merito alla collocazione in Europa dei porti italiani, laddove il problema non consiste tanto nella natura fiscale delle Autorità (e nel paventato problema degli aiuti di Stato conseguente dalla non imponibilità fiscale) quanto nella loro vera e propria natura giuridica.

È infatti impensabile che nel mondo globale un porto sia gestito combattendo contro la burocrazia tipica di un ente pubblico, per la lungaggine delle procedure incapace di dare risposte immediate a un mercato in rapidissima evoluzione, soggetto ancor oggi a norme di finanza pubblica che ne inibiscono azioni volte a una maggiore competitività nel settore, fortemente limitato nelle strategie infrastrutturali e nella capacità di realizzazione delle opere nei tempi in cui le stesse possano essere produttrici di traffico e di sviluppo in rapporto alla strategia che ne ha visto la pianificazione.

La riforma del 2016 è stata a un passo da trasformare le nuove AdSP in SPA, ma la paura ha fatto la sua parte.

(Intervento scritto in collaborazione con Pierluigi Incastrone, funzionario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar di Sicilia Orientale)

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