© Irene Taddei
Interviste

Colloquio con Massimo Deiana

Autorità Marittima e AdSP, gemelli diversi

di Marco Casale

Le Capitanerie di Porto e le Autorità Portuali non sono le une il contraltare delle altre ma soggetti che lavorano in stretta sinergia nell’interesse dello sviluppo del porto. E tutto ciò a prescindere dal quadro normativo vigente, che pure presenta alcune (forse troppe) zone grigie. È questa la sintesi della riflessione consegnata a Port News da Massimo Deiana, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar di Sardegna.

«Il mio non è un semplice invito all’ecumenismo: è chiaro che le due Autorità non possono coesistere se non hanno un orientamento verso l’ut unum sint» afferma il numero uno dei porti sardi, che è anche docente di Diritto della Navigazione in aspettativa presso l’Università di Cagliari.

Quello della ripartizione delle competenze è un tema che sta molto a cuore a Deiana, che segnala come la materia dei porti sia ad oggi ostaggio di troppi dicasteri. Anche per questo motivo esprime un apprezzamento per quanto dichiarato dal Ministro dell’Ambiente Paolo Costa durante l’ultima assemblea di Confitarma: «Ha annunciato l’intenzione di istituire all’interno del proprio Ministero una nuova struttura amministrativa dedicata al mare e ai porti. Speriamo bene, anche perché non sarebbe la prima volta che se ne parla».

Peraltro non è nemmeno la prima volta che viene affrontato il tema dei rapporti tra AdSP e Autorità Marittima, le cui rispettive funzioni sono definite con contorni non sempre marcati. Permangono anzi delle sfumature di grigio che lasciano troppo spazio all’esercizio dell’ermeneutica.

Per contestualizzare il problema, Deiana parte dalle origini della legge che ha istituito le Port Authority: «La legge 84/94 ha rivoluzionato il modello di Governance dei porti, attribuendo alle Autorità Portuali numerose funzioni, alcune delle quali in precedenza svolte dall’Autorità Marittima».

Dopo una la fase iniziale di smarrimento «entrambi gli enti hanno saputo assumere un atteggiamento proattivo, lavorando nell’interesse del porto in cui operavano». Poi è arrivata la riforma Delrio, che «ha parzialmente modificato questo equilibrio, prevedendo una estensione delle competenze territoriali delle Autorità di Sistema, le quali si sono così trovate a dover sostenere un ulteriore sforzo di interlocuzione con le stesse capitanerie».

Il caso della Sardegna è in fondo emblematico: nell’ambito di un’unica Regione esistono un’Autorità di Sistema e due direzioni marittime di riferimento. Un’eterogenea articolazione dei ruoli che non ha però impedito a Deiana di sviluppare forme di collaborazione su temi strategici per la competitività di un porto, come la disciplina dei servizi tecnico nautici: «Ci siamo ad esempio accordati perché l’obbligatorietà dell’uso del servizio di rimorchio fosse legata alle condizioni meteo-marine».

Resta indubbio che «non sempre è facile trovare la quadra su tutto. Il principio guida dei due Enti rimane quello del buon senso» ma è altrettanto vero «che il quadro normativo e/o regolamentare appare poco definito su tutta una serie di ambiti».

Il presidente dell’AdSP del Mar di Sardegna sottolinea come la comparazione tra i due testi normativi di riferimento – la Legge 84/94 e il Codice della Navigazione – riveli delle incongruità a volte allarmanti: «È ad esempio stabilito che le AdSP amministrino il demanio in via esclusiva: non si capisce allora perché l’assegnazione in uso del bene demaniale ad altre amministrazioni debba essere di competenza della Capitaneria di Porto…».

Esistono aspetti contraddittori anche sul tema della tutela e vigilanza dell’ambiente marino e costiero, su cui per legge sia l’AdSP sia l’Autorità Marittima hanno responsabilità e compiti ben precisi: «Le Autorità Marittime predispongono piani operativi su cui le Autorità di Sistema non hanno voce in capitolo. Eppure li devono rispettare alla lettera, sostenendone anche gli oneri finanziari per l’attuazione…».

«Nel migliore dei casi – conclude Deiana – ci troviamo insomma di fronte a situazioni che potrebbero generare incomprensioni». Niente che non si possa risolvere con un po’ di spirito di collaborazione, ma «sarebbe necessaria una più precisa distinzione dei ruoli da un punto di vista regolamentare».

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