Interventi

La sentenza del Tar Piemonte e i futuri scenari

Contributi ART, who’s the next?

di Davide Magnolia e Carlo Solari

Avvocati LCA Studio Legale

La tendenza dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ad estendere, nel corso del tempo, le maglie del contributo e ad ampliare la platea degli operatori del trasporto soggetti a contribuzione non ha risparmiato neppure gli agenti raccomandatari.

Il meccanismo di richiesta del contributo, ormai assurto a prassi, è il seguente. L’ART pubblica ogni anno sul proprio sito web una delibera in cui “elenca” le attività svolte dagli operatori economici operanti nel settore del trasporto da assoggettare a contribuzione. I presupposti per l’imposizione contributiva sono, in sostanza, tre: uno soggettivo (l’operatore economico deve operare nel settore del trasporto oggetto di regolazione da parte di ART), uno oggettivo (il concreto avvio da parte dell’Autorità, nel mercato in cui il soggetto opera, di competenze o attività previste dalla legge) ed uno amministrativo (l’ART deve indicare, di anno in anno, chi sono i soggetti passivi). L’attività di raccomandazione marittima (ma più precisamente “i servizi di agenzia/raccomandazione marittima”) è stata inserita per la prima volta dalla Delibera 181/2021 relativa al contributo 2022.

Anche prima della formale cooptazione da parte dell’ART non sono mancate, però, le richieste di contribuzione agli agenti raccomandatari avallate anche da (alcune) sentenze del giudice amministrativo che li ha ritenuti soggetti a contribuzione. Seguendo il ragionamento dell’ART gli agenti sarebbero tenuti al pagamento del contributo in quanto soggetti svolgenti un’attività strumentale e strettamente connessa al trasporto internazionale di merci via mare (e quindi rientranti nell’ampia categoria degli operatori economici operanti nel settore del trasporto). Questo tipo di argomentazione aveva suscitato molti dubbi non sono tra gli addetti ai lavori. La stessa ART, come si legge nel corpo di una recente pronuncia del Consiglio di Stato (n. 8628/2023), aveva invitato una agenzia marittima genovese a non considerare nella dichiarazione “i ricavi derivanti da attività escluse, quali l’agenzia e la raccomandazione marittima”.

Per superare le incertezze, l’ART ha quindi deciso di “promuovere”, con la Delibera n. 181/2021, gli agenti raccomandatari tra le fila dei soggetti passivi ponendo a loro carico non uno ma ben due distinti obblighi di contribuzione. Il primo correlato al servizio di agenzia/raccomandazione marittima svolto nell’interesse proprio (art. 1, co. 1 lett. m) e parametrato alle poste attive A1 e A5 del proprio ultimo bilancio depositato alla data di pubblicazione della delibera. Il secondo quali sostituti di imposta dei vettori esteri rappresentati (art. 1, co. 1 lett. l).  Tale contributo doveva essere parametrato alle poste attive del bilancio della società straniera riferibili alle operazioni compiute in Italia (art. 2, co. 2 e 11). I raccomandatari/agenti marittimi venivano dunque chiamati a determinare autonomamente l’ammontare del contributo dovuto “in nome e per conto dei vettori esteri”, sulla scorta dei libri contabili e della documentazione fiscale della società estera rappresentata ed a provvedere al suo versamento per intero.

Il TAR Piemonte con la pronuncia n. 86 del 27.01.2024 ha da un lato confermato la debenza del contributo “in proprio” da parte degli agenti raccomandatari e, dall’altro, ha sancito l’illegittimità del meccanismo di sostituzione di imposta in forza del quale gli agenti venivano chiamati a pagare per conto dei vettori esteri rappresentati. Secondo i giudici amministrativi, il meccanismo di sostituzione d’imposta previsto dalla Delibera n. 181/21 non trova idonea copertura legale né nell’ambito della legge istitutiva dell’ART (art. 37 D.L. 201/2011) né nella legge che disciplina la professione di raccomandatario marittimo (L. 135/1977).

In particolare, il richiamo fatto da ART  alla L. 135/1977 è stato giudicato quantomeno “fragile” poiché il meccanismo di responsabilità del raccomandatario delineato dalla legge è sussidiario e collegato “ad una specifica operazione portuale e ad uno specifico naviglio”,  e, per tale motivo, non può trovare “corrispondenza nel contributo per il funzionamento dell’ART, il cui presupposto impositivo è rappresentato dal generale inserimento dell’operatore economico nel mercato italiano del trasporto, e il cui ammontare è determinato in ragione del fatturato annuale”.

L’assoggettabilità “in proprio” della categoria suscita ancora molte perplessità ed è oggetto di altri ricorsi amministrativi tutt’ora pendenti. Sarà interessante capire cosa farà l’ART nella prossima (imminente) delibera relativa al contributo 2024, visto l’atteggiamento sempre molto “inclusivo” (quasi “pancontributivo”, per coniare un neologismo) adottato dall’Autorità nel corso del tempo.

E’ innegabile, infatti, che l’ART abbia via via fagocitato i vari operatori della filiera del trasporto, partendo dai gestori delle infrastrutture fino ad arrivare ai meri intermediari quali ad esempio gli spedizionieri ed i raccomandatari marittimi.  Non è quindi da escludere che, nel prossimo futuro, l’Autorità bussi alla porta di qualche altra categoria di operatori.

La precarietà degli operatori dei trasporti di fronte alle richieste ed alle pretese impositive dell’ART è magistralmente descritta dal titolo di un album che è una pietra miliare del rock: “Who’s next”.