Focus

Un 2019 con luci e ombre

Dry bulk in cerca di una solida ripresa

di Enrico Paglia

Research manager di Banchero Costa

Il 2019 sarà probabilmente ricordato come un anno con più ombre che luci nel settore del trasporto di merci secche alla rinfusa. Le aspettative di un ulteriore incremento rispetto alle già buone rate di nolo registrate nel 2018 sono state in parte tradite da una serie di eventi di natura politica, economica e naturale difficilmente prevedibili soltanto 12 mesi prima.

L’inatteso inasprimento della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, i rapporti sempre più difficili tra Washington e la Comunità Europea e tra la Corea del Sud e il Giappone (i due principali alleati statunitensi nel Pacifico) sono infatti soltanto alcuni dei fattori di preoccupazione a livello globale.

La crisi del Golfo Persico, le sanzioni contro la Russia seguite dall’annessione della Crimea nel 2014, l’embargo totale nei confronti del Venezuela di Maduro e le incertezze legate alla Brexit (con la possibilità concreta di un “no deal“) costituiscono ulteriori tasselli di un mosaico complesso e difficile per l’economia.

Tenuto conto di siffatto contesto, non stupisce pertanto il rallentamento della crescita del PIL mondiale, motore principale della crescita della domanda di trasporto, che nel rapporto di luglio 2019 l’IMF ha stimato al 3,2% (-0,1% rispetto alla stima di aprile) rispetto al 3,6% del 2018 e al 3,8% del 2017.

Queste tensioni politiche e commerciali minano purtroppo anche l’economic confidence in un’Europa che pure non è direttamente penalizzata dalla guerra dei dazi: nonostante gli interventi della BCE, si assiste infatti a una stagnazione della sua economia anche per effetto del rinvio degli investimenti a tempi più sereni.

Entrando nello specifico del mercato dry bulk, l’evento che certamente ha più condizionato l’andamento delle rate di nolo è stato il disastro del 25 gennaio a Brumadinho in Brasile, quando una diga di decantazione della locale miniera di minerale ferroso è crollata provocando la morte di 270 persone e la chiusura temporanea di tutte le miniere brasiliane che utilizzano tale tipologia di diga.

Per Vale, la società brasiliana leader mondiale delle esportazioni di minerale, questa tragedia ha significato una perdita del 34% nella produzione di minerale ferroso nel secondo trimestre. La quasi totale assenza di carichi spot di minerale dal Brasile è stata poi un colpo durissimo al mercato dei noli che non solo ha perso una grandissima quantità di carichi su lunghe distanze ma anche la principale fonte di export nel bacino Atlantico. Il tonnellaggio si è così concentrato nel Pacifico, deprimendo le rate di nolo anche in quel bacino mentre i noli per navi Capesize, già molto bassi per motivi stagionali, si sono schiacciati a livelli che non si registravano dal 2016.

A seguito del parziale ritorno alle operazioni nelle altre miniere brasiliane e, sopratutto, una volta che Vale è stata sicura di poter coprire gli impegni contrattuali antecedenti al disastro, i carichi spot sono gradualmente tornati e le rate hanno ripreso a salire. A inizio luglio c’è stato un vero e proprio rush con le rate medie dello spot per Capesize che hanno dapprima superato il livello di $20,000/d per poi superare a metà mese quota $30,000/d mentre le rate sulla rotta Brasile-Cina hanno sfiorato addirittura i $60,000/d.

Le importazioni di Iron Ore in Cina, produttore di oltre la metà dell’acciaio mondiale e di gran lunga la principale destinazione di minerale ferroso, sono diminuite del 4,7% nei primi 7 mesi dell’anno. La produzione di acciaio ha fatto invece registrare un ulteriore incremento del 8,8% rispetto all’anno record 2018, con un chiaro effetto sugli stoccaggi (scesi da 150 a 120 milioni tonnellate, uno dei livelli più bassi in 3 anni). Si tratta di un indicatore molto positivo che, accompagnato alla crescita della domanda di carbone (la seconda commodity più trasportata in bulk) trainata dalla domanda in Estremo Oriente e nel Sud Est Asiatico, fa ben sperare per un ultimo trimestre dell’anno piuttosto forte.

Nonostante il recente rush, le rate di nolo medie nel periodo gennaio/agosto mostrano una marcata riduzione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno pur rimanendo ben al di sopra dei costi operativi: le Capesize hanno registrato un nolo medio giornaliero di circa 14,500 dollari, le Panamax 10,100 dollari, le Supramax 9,000 dollari e le Handysize 6,500 dollari.

Nel corso del 2019 la crescita della flotta è stata relativamente contenuta. Da gennaio a luglio abbiamo registrato un incremento del 2% che è sopratutto dovuto al limitatissimo numero di navi demolite (solo 34, di cui 23 sono Capesize o VLOC). Questo trend dovrebbe però presto mutare poiché un aumento atteso delle consegne nel 2020 dovrebbe essere controbilanciato dall’incremento delle demolizioni a seguito dell’introduzione di due normative distinte i cui effetti si manifesteranno in maniera quasi contemporanea:

  • La Ballast Water Management Convention, che imporrà a tutto il tonnellaggio che ancora non se ne sia dotato di installare dei sistemi per il trattamento delle acque di zavorra al primo rinnovo del certificato IOPP (sostanzialmente al primo bacino) eseguito dopo il 6 Settembre 2019. Il fine è quello di limitare la diffusione di specie marine invasive al di fuori del loro habitat; ciò richiede investimenti abbastanza ingenti che in molti casi sono difficilmente giustificabili sul tonnellaggio più vecchio;
  • La regolamentazione IMO 2020 sul contenuto di zolfo nei carburanti, che porterà a un forte incremento del costo del bunker, rendendo così molto meno economico il tonnellaggio meno efficiente.

Un altro aspetto rialzista nel breve periodo è dato da quest’ultima regolamentazione con una discreta parte della flotta dry, specialmente le navi più grandi, che si sta fermando in bacino per installare gli EGCS (scrubber) riducendo temporaneamente la disponibilità di tonnellaggio navigante (una nave può impiegare circa un mese per fare bacino, installare gli scrubber e i sistemi di trattamento delle acque di zavorra).

Al momento di scrivere mancano ancora tre mesi alla fine dell’anno, quelli che storicamente registrano le migliori performance. Auguriamoci che la tradizione possa essere confermata e speriamo di ricordare il 2019 come un anno tutto sommato positivo che ha puntato la prua verso una ripresa stabile del settore.

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