© Luigi Angelica
Interviste

Colloquio con Galliano Di Marco

Crociere con l’acqua alla gola

di Marco Casale

«In un periodo di crisi come questo c’è una sola certezza: la totale mancanza di attenzione nei confronti del turismo, nei confronti, in particolare, delle crociere e dei traghetti. Dal Governo ci saremmo aspettati e ci aspettiamo di più».

Galliano Di Marco evoca l’ossigeno come farebbe un medico che si trovi di fronte ad un malato a rischio di asfissia e prescriva la terapia più urgente. I malati sono ovviamente i terminal crociere italiani, che nell’annus horribilis della Pandemia, hanno perso il 100% del fatturato.

«Nel 2020 siamo rimasti praticamente fermi. I terminal traghetti e crocieristici non hanno lavorato e quei pochi che lo hanno fatto, per lo più nel Tirreno, hanno ospitato navi crociere e traghetti completamente vuoti, o quasi».

Il coriaceo direttore generale del Venezia Terminal Passeggeri ha le spalle larghe. La lunga esperienza maturata nel settore autostradale e aeroportuale e i quattro anni al timone dell’allora Autorità Portuale di Ravenna, gli hanno insegnato a non dare nulla per scontato.

«A volte, anche fare il proprio dovere ha un costo» ricorda Di Marco, citando non a caso la vicenda giudiziaria sui fanghi del dragaggio di Candiano, che lo ha visto coinvolto e che si  è risolta con una assoluzione piena in appello dopo la condanna in primo grado per reati ambientali connessi alla creazione di depositi incontrollati (le casse di colmata) di rifiuti speciali non pericolosi.

«Chi si trova ai vertici del Governo deve assumersi la propria responsabilità. Così anche i presidenti delle Autorità Portuali. Il 2021 non sarà l’anno della ripartenza. E senza le necessarie cure rischiamo di non arrivare vivi all’appuntamento con la vera ripresa, prevista per il 2022».

Di Marco ricorda come nel 2020 il terminal di Venezia abbia perso il 100% del traffico: «Nonostante ciò, non abbiamo licenziato nessuno. Anzi, abbiamo integrato la Cassa Integrazione dei dipendenti, portandola all’80% dello stipendio».

La Cig Covid ai massimali vale 1150 euro lordi: «Troppo poco per chi, nel nostro settore, arriva a guadagnare anche 2000 euro al mese. Sono sì e no 700 euro netti: certo, meglio che niente, però non puoi aspettarti che la gente ci campi».

«L’obiettivo – fa presente Di Marco – è stato quello di garantire prima di tutto uno stipendio adeguato alle famiglie che già vivevano un periodo durissimo per gli effetti della pandemia. In secondo luogo, abbiamo voluto evitare che le nostre risorse umane, che sono il capitale più importante dell’azienda e che abbiamo impiegato molti anni a qualificare, andassero in altri settori meno colpiti».

I terminal crociere italiani hanno insomma dovuto fare enormi sacrifici e continuare a sostenere i costi di gestione e manutenzione delle aree in concessione. Certo, «l’art. 199 del Decreto Rilancio, esteso al settore crocieristico grazie alla mediazione di Assiterminal, ci ha consentito di non capitolare».

Ma la misura che affida alle Autorità Portuali la possibilità di ridurre l’importo dei canoni concessori in favore degli operatori che abbiano registrato una perdita superiore al 20% del totale non è stata applicata in modo uniforme su tutto il territorio: «Molti presidenti delle AdSP si sono mostrati riluttanti: invece che applicate una norma di legge hanno preferito effettuare valutazioni orientate ad evitare responsabilità di fronte alla Corte dei Conti».

La cosa ancor più grave attiene, però, all’applicazione di una non ben motivata franchigia del 20% del canone: «In seno alla Conferenza di coordinamento, i Presidenti hanno concordato di applicare una riduzione del canone demaniale per una misura massima dell’80% per le imprese che avessero presentato una riduzione del fatturato del 100%. Francamento non ne capisco la logica».

Nel 2020 il Terminal crociere di Venezia aveva previsto ricavi per 40 milioni di euro. «Ha fatto zero. Non capisco perché abbiamo dovuto comunque pagare il 20% del canone. Ma quello che più mi preoccupa è ciò che potrebbe accadere quest’anno: a fronte di ricavi che si preannunciano magri o inesistenti, non avremo diritto ad alcuno scontro sui canoni».

Già, perché l’art. 199 non è stato riproposto per il 2021: «Dovremo pagare il canone a prezzo intero senza nemmeno avere la garanzia di una ripresa dei traffici». Di Marco spera si tratti di una svista: «Le norme comunitarie prevedono che a fronte di eventi di causa forza maggiore ben si possa prevedere, come misura compensativa a favore de terminalisti, la possibilità di ridurre i canoni o quella di estendere la concessione di almeno altri cinque anni: Vorremmo che il Governo tenesse quanto meno conto degli obblighi dell’Ordinamento Europeo».

Le richieste di Di Marco sono chiare: «Prima di tutto: estendere al 2021 l’applicabilità dell’ art. 199. In secondo luogo: eliminare l’odiosa franchigia del 20%. Infine, incrementare il fondo da 20 milioni di euro a favore del settore istituito con la Finanziaria dell’anno scorso. Sono queste le richieste che faremo la prossima settimana al Ministero competente. Sono sicuro che troveremo in Assoporti un interlocutore attento ai nostri bisogni: conosco Rodolfo Giampieri da tempo, è una persona seria e affidabile».

Quello di Di Marco è insomma un pugno sul tavolo ma anche un appello accorato ai decisori politici: «Ci sentiamo presi in giro. Tra diretti e indiretti, le crociere in Italia danno lavoro a 119 mila addetti. Dovremmo meritare una maggiore considerazione. Se la crisi pandemica ha colpito duramente il settore, la disattenzione del Governo rischia di farlo affondare del tutto».

Solo a Venezia sono quasi 6000 i lavoratori del settore. «Purtroppo, non tutti i terminalisti hanno le spalle larghe come quello di Venezia. Ci sono lavoratori che vivono con una cassa integrazione da 500-600 euro al mese. Non è possibile andare avanti così. Molti terminalisti rischiano di chiudere e portare i libri in tribunale. Se non agiamo tempestivamente sarà troppo tardi».

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