Focus

Rivoluzione nella logistica e nei trasporti

Dall’industria 4.0 agli Smart Port

di Nicola Intini e Corrado La Forgia

Manager Bosch e autori del libro “La Fabbrica Connessa” (Guerini Editori 2017)

Si è cominciato a parlare di Industria 4.0 quando i Paesi europei, in particolare la Germania, si sono posti il problema del rilancio del settore manifatturiero come potente volano della sostenibilità economica del Continente. In particolare si è tentato di capire quali potessero essere i fattori che potevano dare nuova linfa alla manifattura e governare i megatrend economici.

A partire dagli anni ‘80, infatti, la liberalizzazione dei commerci ha favorito l’emergere del fenomeno della delocalizzazione produttiva in Paesi popolosi, ricchi di risorse e con un tasso di scolarizzazione adeguato ma al contempo con livelli salariali molto inferiori a quelli occidentali. La ricetta è stata individuata incrociando megatrend, punti di forza e di debolezza e tecnologie disponibili o in evoluzione, definendo una strategia per la creazione di nuovi prodotti a più alto valore aggiunto attraverso processi produttivi altamente automatizzati. Una descrizione dettagliata di questa visione si ritrova, ad esempio, nelle road map tedesca e italiana.

L’abbassamento dei costi di sviluppo e produzione associato alla creazione di prodotti a più alto valore aggiunto e a business model innovativi avrebbe rappresentato una potente spinta nella ripresa del settore manifatturiero europeo e il cosiddetto in-shoring di molte attività delocalizzate.

Il termine Industrie 4.0 apparve per la prima volta alla fiera di Hannover nel 2011. Definisce l’ultima ondata di innovazioni in termini di generazione della produttività e segue di fatto le prime tre rivoluzioni industriali: l’introduzione di sistemi di produzione con impianti meccanici a vapore, lo sviluppo della produzione di massa grazie all’uso dell’energia elettrica e all’introduzione della catena di montaggio e infine l’applicazione dell’elettronica e dell’informatica nell’automazione della fabbrica.

Anche questa quarta rivoluzione industriale cambierà in maniera significativa il modo di lavorare e la vita stessa delle persone. In sintesi, tutti i fattori produttivi (fornitori, impianti, distributori e prodotti stessi) sono digitalmente connessi tra loro grazie all’estesa ed economica presenza di connettività e di dispositivi “intelligenti”, dando quindi origine a una catena del valore fortemente integrata. I prodotti sempre più smart e a basso costo hanno a loro volta agevolato lo sviluppo di Internet con connessioni ormai ubique. La disponibilità di un numero pressoché infinito di “nodi” (o indirizzi), permessi dal protocollo Internet IPv6, rende facile e accessibile l’utilizzo di sensori a basso costo sempre più piccoli ed efficienti. In questo modo le “cose” connesse tra loro senza una persona che le utilizzi direttamente danno origine all’Internet of Things (IoT).

La possibilità per gli oggetti smart di interagire, anche grazie a nuove generazioni di sensori (ad esempio MEMS), mette a disposizione in tempo reale grandi quantità di dati molto vari per natura (relativi a moltissime grandezze diverse), per elaborare proficuamente i quali sono state sviluppate nuove tecniche chiamate Big Data. Questi nuovi potentissimi sistemi consentono di trasformare i dati puri in importanti informazioni per la gestione dei sistemi produttivi e, sulla base di queste, costruire modelli utili a sviluppare conoscenza. Tecniche di Artificial Intelligence, Data Analytics e Machine Learning aiutano o, addirittura, autonomamente identificano regolarità e interdipendenze tra variabili. Queste sono alla base del processo prima descritto di trasformazione da puro dato a conoscenza, fornendo gli elementi che sono alla base di decisioni operative autonome o proposte all’uomo.

Ovviamente la crescente digitalizzazione non si ferma solo ai sistemi produttivi (le cosiddette Smart Factories) ma, per sua stessa natura, è destinata a interessare quasi tutte le attività dell’uomo. Si pensi agli autoveicoli che nel futuro prossimo saranno capaci di “visualizzare” l’ambiente circostante, di registrare le cinematiche di tutto quello che gli si muove intorno e che, analizzando i dati rilevati, saranno capaci di prendere decisioni. Il livello di guida autonoma (Autonomous Driving) andrà così via via aumentando, lasciando a ciascuno di noi la possibilità di impiegare diversamente il proprio tempo durante gli spostamenti.

Una logica conseguenza di questa rivoluzione industriale sarà anche la profonda trasformazione del mondo della logistica e dei trasporti. In principio ogni oggetto può essere dotato di sensori e tracciato in ogni suo movimento (definizione spaziale) e nel suo stato (temperatura, umidità, ecc). Lo stesso può essere fatto con i sistemi di trasporto (auto, treni, aerei, navi) con la conseguente generazione di importanti mole di dati che – opportunamente elaborati attraverso analisi multivariabili – possono fornire simulazioni virtuali sui percorsi ottimali in termini di costi, di massimo fattore di carico, tempi previsti di consegna, ecc.

Si pensi all’interazione città-porto e ai benefici che possono derivare dall’utilizzo delle nuove tecnologie abilitanti. Città come Rotterdam o Amburgo, che movimentano ingenti quantità di merci, stanno già sperimentando sistemi di ottimizzazione dei trasporti e riduzione dell’impatto ambientale (Smart Ports). Di che si tratta? Conoscendo il momento previsto di arrivo della nave carica di prodotti tracciati, è per esempio possibile programmare con largo anticipo il trasbordo delle merci senza rottura di stock e soprattutto secondo una sequenza ottimizzata che eviti la formazione di code e inutili attese, con indubbi vantaggi per i costi e per l’ambiente. Basti pensare al fatto che i mezzi di trasporto possono essere programmati in modo da non causare attese o intasare le aree portuali o quelle della città. A seconda delle condizioni del traffico, può infatti essere proposto un percorso alternativo: oggi all’automobilista sul proprio sistema di navigazione, domani direttamente all’auto a guida autonoma (Smart Cities).

La capacità di far “parlare” tra loro gli oggetti influenzerà positivamente il nostro stile di vita, creando nel prossimo futuro nuove opportunità e nuovi mestieri. Come per ogni altra profonda evoluzione tecnologica, sarà però necessario porre attenzione anche al rovescio della medaglia, in particolare su un paio di punti fondamentali. Il primo attiene alla sicurezza informatica (Cybersecurity): dovrà essere garantita la protezione dei dati (il petrolio del futuro) e quindi costruire barriere idonee a evitare l’intromissione nei sistemi operativi per evitare danni, truffe o ancora peggio terrorismo informatico. Il secondo è invece di natura etica: l’uomo dovrà in ogni caso rimanere al centro dell’evoluzione tecnologica e le macchine dovranno restare al suo servizio, non viceversa.

Torna su