Interviste

La testimonianza di Alice Arduini (Alix International)

«Di crisi in crisi, viviamo tempi difficili»

di Marco Casale

La crisi dell’economia cinese, colpita da disoccupazione e crescita debole, le incognite della guerra tra Israele e Hamas, le ripercussioni sul commercio marittimo degli attacchi degli Houthis alle navi. Messe sulle dita di una mano, non sono poche le preoccupazioni che attanagliano gli spedizionieri, per i quali il 2024 si preannuncia carico di incertezze.

Da quando ha aperto la propria casa di spedizioni, la Alix International, fondata nel 2021, Alice Arduini ne ha vista di acqua passare sotto i ponti.

Superata la crisi pandemica e messasi alle spalle un 2023 sfidante, caratterizzato da noli marittimi in caduta libera e da basse marginalità di profitto, la Arduini guarda al domani con un misto di apprensione e fiducia: «La cosa che mi dà da pensare è che gli eventi catastrofici si stanno moltiplicando imprevedibilmente. Noi spedizionieri dobbiamo essere sempre più flessibili per rispondere alle nuove sfide del commercio globale. A volte sembra quasi che si aspettino proprio questi eventi per sperare in una ridefinizione degli equilibri» afferma.

«Se durante la Pandemia i noli marittimi si sono alzati sino a toccare livelli mai visti, nel periodo immediatamente successivo abbiamo registrato il trend opposto, agevolato in parte dalla risoluzione di quei problemi di congestione che tra il 2021 e il 2022 hanno paralizzato i porti e i commerci. La Guerra in Medio Oriente e gli attacchi degli Houthis sono oggi arrivati ad imprimere una nuova svolta all’andamento delle tariffe di trasporto, favorendone una nuova crescita».

Già, la guerra. La tensione geopolitica in un’area nevralgica per i commerci mondiali preoccupa la manager genovese: «Siamo in una fase storica particolare. Gli attacchi alle navi cargo da parte degli Houthis hanno spinto un numero sempre maggiore di compagnie a evitare il Mar Rosso e, quindi, a circumnavigare l’Africa per raggiungere i mercati del Far East. Sono 15 giorni in più di navigazione».

Il reindirizzamento dei traffici ha avuto un impatto sui noli che – afferma ancora la Arduini – sono aumentati in modo forzato e indipendentemente dalle dinamiche commerciali legate all’arrivo del Capodanno Cinese (che si celebra tra il 21 gennaio e il 19 febbraio): «Ogni anno, in vista dei festeggiamenti del capodanno lunare e della chiusura delle fabbriche, i liner riducono lo spazio disponibile in stiva, favorendo un aumento dei noli. In queste ultime settimane le tariffe di trasporto sono invece aumentate per via della decisione dei carrier di imporre nuovi surcharge collegati al rischio di guerra e all’allungamento dei viaggi est-ovest» spiega.

La scelta da parte di molte compagnie di navigazione di circumnavigare l’Africa piuttosto che passare attraverso il Canale di Suez, non avrà solo effetti sui costi della merce ma anche sulla disponibilità dei container: «Il transit time più lungo per il trasporto della merce dall’Europa alla Cina renderà difficoltoso il rientro dei container vuoti verso Oriente. Da fine gennaio in poi, ci aspettiamo una carenza di vuoti e una penuria di navi per l’imbarco della merce» sottolinea la fondatrice di Alix International.

Molti clienti sono oggi alla ricerca di soluzioni alternative al trasporto via mare. «E’ ad esempio tornata di moda la modalità di trasporto combinato, via mare sino a Dubai, e via aereo da Dubai sino in Europa» racconta Alice Arduini. «E poi c’è la soluzione via treno, che ha prezzi di listino accettabili: per trasportare un container da 40 piedi ci vogliono in media 8000 dollari, 2500 in più rispetto alla soluzione marittima, che però oggi ha transit time poco competitivi a causa del round trip africano. Il treno è una modalità di trasporto che vendiamo molto».

La tensione geopolitica mediorientale sta insomma ridisegnando le rotte e potrebbe avere ben altre conseguenze se i raid condotti da Stati Uniti e Gran Bretagna contro i miliziani Houthi nello Yemen dovessero favorire una escalation della situazione, tanto da spingere l’Iran a scendere direttamente in campo.

Sullo sfondo della crisi mediorientale, si staglia poi un’altra crisi, questa volta economica: quella della Cina. Il calo generale del livello dei prezzi unito a una crescita debole sta insediando le aspettative di ripresa di un Paese i cui destini tengono il mondo col fiato sospeso. «La strategia zero-covid promossa dal Governo di Xi Jinping è stata disastrosa perché ha spinto molti importatori a spostare la propria produzione in altri paesi, come  l’India, il Vietnam, la Turchia, l’Indonesia. Lo sviluppo delle politiche di nearshoring favorite dall’Europa ma anche dagli USA hanno chiaramente contribuito a indebolire il commercio cinese, le cui esportazioni sono diminuite in modo allarmante in questi ultimi mesi».

La Arduini parla ad esempio delle difficoltà che alcuni suoi clienti stanno incontrando nel vendere articoli e prodotti cinesi: «Il made in China, specie nella moda, è oggi bollato come un’eresia ed è chiaro come il sole che Pechino ha perso una grossa fetta del proprio mercato» dice.

Resta poi da vedere come la Cina affronterà l’esito delle nuove elezioni a Taiwan: «Una politica di aggressione cinese farebbe sfumare gli accordi commerciali  con l’Europa, indebolendo ancora di più l’economia cinese» aggiunge.

«Peraltro va detto che a dispetto dell’impatto che il blocco sostanziale del Mar Rosso ha avuto sui noli marittimi, quest’ultimi stanno oggi registrando un nuovo lieve calo nei commerci tra Europa e Far East. E’ un segnale del fatto che la Cina è ancora in crisi. Le compagnie di navigazione si trovano giocoforza costrette ad offrire prezzi competitivi per accaparrarsi la poca merce cinese disponibile, di cui c’è una scarsa domanda a livello mondiale».

Ciononostante, i noli sono oggi abbondantemente sopra il livello di equilibrio (3000 dollari a FEU), e viaggiano comunque sui 5,5 mila dollari per un container da 40 piedi. Una manna dal cielo per gli spedizionieri: «E’ inutile nascondercelo – fa osservare la Arduini – l’aumento dei noli per noi rappresenta una vera e propria boccata di ossigeno, anche se non siamo affatto contenti dei motivi che ne hanno determinato la crescita. I carrier riescono sempre a cadere in piedi, quale che sia la difficoltà del momento. A pagare le conseguenze di queste ricorrenti crisi globali è sempre il consumatore finale. Sulle loro spalle grava il peso e le contraddizioni di questo nostro mondo».