Interviste

Colloquio con Ennio Palmesino

Dove lo metto tutto questo petrolio?

di Marco Casale

Domenica scorsa l’Organizzazione dei 23 paesi produttori di Petrolio (OPEC+) ha concordato un nuovo taglio della propria produzione, comunicando una riduzione di 9,7 milioni di barili al giorno. La misura è stata presa per far fronte all’eccessivo ribasso delle quotazioni del barile.

Che il Coronavirus abbia paralizzato i viaggi aerei e terrestri, contribuendo a far crollare la domanda di benzina e a far scendere i prezzi del greggio ai minimi storici, è un dato di fatto. Ma non tutto può essere spiegato con il protrarsi della situazione emergenziale e con il blocco delle attività produttive che in queste settimane sta interessando molti paesi, europei e non.

Si è visto come la decisione dell’OPEC non abbia per ora contribuito a far risalire le quotazioni del WTI e del Brent come ci si aspettava. Perché? Gli analisti spiegano che le riduzioni non sono sufficienti a compensare l’eccesso di offerta. Il mercato stava già consumando 20 milioni di barili al giorno in meno del solito, ridurre l’offerta di 9,7 milioni non ha risolto il problema.

«Non dobbiamo dimenticare il punto di partenza di questo nuovo shock: i prezzi del greggio hanno cominciato ad abbassarsi già prima della diffusione del Covid-19. A marzo l’oro nero era già sceso sotto ai 20 dollari al barile», afferma a Port News Ennio Palmesino.

Palmesino, broker con oltre 40 anni di attività nel settore, spiega come l’energia a basso costo sia un enorme volano per l’economia mondiale: «Ci sono oggi due forze contrastanti sul panorama energetico mondiale, se da una parte la diffusione del Coronavirus ha portato a un calo drastico della domanda, dall’altra l’abbassamento del prezzo del greggio, che è precedente alla diffusione della Pandemia, ha incoraggiato nuove attività speculative».

Recentemente si sono visti molti Paesi, come la Cina, approfittare del recente calo dei prezzi per iniziare a comprare petrolio per aumentare le riserve statali. Occorre anche considerare che «il greggio a basso costo non attira solo le imprese, che pure oggi sono per la maggior parte chiuse, ma anche gli speculatori, che hanno cominciato a comprare l’oro nero con l’obiettivo di rivenderlo successivamente a prezzi molto più alti».

Prima sono stati riempiti i depositi a terra, successivamente quegli stessi speculatori hanno cominciato a noleggiare le navi facendole diventare dei depositi galleggianti: «C’è stata una vera e propria caccia alle navi più grandi. Qualcuno si è sbilanciato a prevedere che di qui alla fine dell’anno verranno noleggiate 200 VLCC (Very Large Crude Carrier) per il solo stoccaggio. Si tratterebbe di un 1/4 della flotta mondiale. Sicuramente, le prime 40/50 navi sono già state sottratte al mercato nelle prime due settimane di marzo».

I guadagni per chi fa questo tipo di attività sono enormi: «Il crude oil è un mercato soggetto in questo momento ad un forte contango: comprare oggi a cento, vuol dire sperare di rivendere domani anche al doppio. Ed è quello che ha fatto per esempio Glencore, che ha recentemente noleggiato per sei mesi la più grande tanker esistente, la Europe, per stoccare 440 mila tonnellate di petrolio. La società ha investito 100 milioni di dollari con la previsione di incassarne almeno 150 di qui a qualche mese».

Ecco perché i noli charter delle navi cisterna continuano a mantenersi alti, pur in presenza di una depressione della domanda di trasporto di greggio: «La sottrazione al mercato di tonnellaggio destinato allo stoccaggio terrà alti i charter rates anche per i prossimi mesi».

Inoltre, la maggiore convenienza del combustibile ha spinto le compagnie armatoriali ad allungare i viaggi: «Oggi conviene consumare più carburante, ma a prezzo più basso, e doppiare il Capo di Buona Speranza piuttosto che pagare il pedaggio per attraversare il Canale di Suez. Si tratta di tonnellaggio sottratto al mercato per un tempo più lungo».

Ma quanto durerà tutto questo? «Di solito gli stock di greggio vengono venduti mese per mese, a ogni rollover mensile viene chiusa la posizione sul contratto in scadenza e se ne apre un’altra a un nuovo prezzo più alto sul contratto per il mese successivo. La maggior parte del greggio in consegna a novembre, e già stoccato, verrà venduto a inizio ottobre; per allora è plausibile che l’OPEC sarà riuscita a far tornare il prezzo del barile a 30-35 dollari a barile. Questo porterà a un rallentamento della domanda per stoccaggio e, di conseguenza, a un abbassamento dei noli».

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