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Soluzioni ecologiche controverse

Gli scrubber? Son tutti soldi buttati via

di Marco Casale

«Gli scrubber? Attenzione, sono un grande abbaglio». La voce fuori dal coro è quella del chief executive di Euronav Paddy Rodgers, che dalle colonne del Lloyds List sta ingaggiando una vera e propria campagna contro i sistemi di lavaggio dei fumi: quelli che molti armatori stanno cominciando a montare sulle proprie navi in vista del 2020, quando entrerà in vigore il nuovo sulphur cap, ovvero il limite dello 0,5% al contenuto di zolfo nelle emissioni delle navi stabilito dall’IMO (International Maritime Organizzation).

Rodgers è una pecorella nera in un settore, quello dello shipping, dove lo scrubber sta diventando quasi una moda. I numeri forniti da EGCSA (Exhaust Gas Cleaning Systems Association) ci dicono nei prossimi cinque anni le compagnie marittime spenderanno 20 miliardi di dollari per installare questi depuratori sulle proprie navi e che oggi le unità navali che ne sono già dotate rappresentano, in termini di tonnellaggio, quasi il 4% della flotta esistente.

Si tratta di un valore destinato a crescere nei prossimi mesi. Il direttore di Marine Energy Consulting Robin Meech ha infatti dichiarato che entro il 2030 la domanda di carburante tradizionale per gli scrubber vedrà aumentare la propria quota di mercato di oltre il 50% del totale.

«Tutti pensano di guadagnarci perché con gli scrubber possono continuare a usare il più economico Heavy Fuel Oil (HFO) al posto del carburante green ma si tratta di un vantaggio che non è destinato a durare» avverte Rodgers. «Se gli operatori scrubberizzati dovessero diventare a breve la maggioranza, non ci sarà HFO a sufficienza per soddisfare la domanda che si verrebbe a creare». Tradotto: il prezzo di mercato di un bene è determinato dall’incontro tra domanda e offerta. In linea generale, all’aumento della domanda di un bene o di un servizio corrisponde l’aumento del suo prezzo.  È l’economia, bellezza. E lo stesso discorso vale per il carburante tradizionale, il cui prezzo potrebbe col tempo crescere sino al punto da non renderlo più conveniente del carburante green.

Rodgers è insomma scettico sulla reale convenienza degli scrubber e basa le proprie valutazioni su una serie di altri fattori: «Siamo davvero sicuri di sapere quale sia il reale impatto ambientale di questi sistemi di lavaggio dei fumi? A oggi non esistono studi a lungo termine che possano dirci se e quali conseguenze avrà il loro utilizzo sull’ecosistema. Le poche analisi oggi esistenti sono sbilanciate in favore di questa tecnologia, dal momento che sono state commissionate da soggetti non del tutto disinteressati».

Il Ceo di Euronav ipotizza addirittura che potrebbe presto scoppiare uno scandalo non diverso da quello che ha travolto la Volkswagen per il caso delle emissioni truccate: «La verità è che l’uso degli scrubber confligge con gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’IMO».  Spiega infatti come grazie a queste apparecchiature a bordo le navi bruceranno più carburante non soltanto per necessità (i sistemi di lavaggio depurano i gas di scarico dei motori della sala macchine e fanno consumare più fuel rispetto al normale) ma anche per scelta: gli armatori imporranno alla propria flotta una velocità di navigazione maggiore per arrivare prima a destinazione e mantenere così il vantaggio competitivo acquisito grazie al differenziale di prezzo tra l’HFO e il carburante a emissioni zero.

Rodgers rivolge così un monito agli armatori: «Pensateci bene… Investireste davvero 350/400 milioni di dollari a nave per montare gli scrubber se sapeste già da ora che sono soldi buttati via?».

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