Focus

Autorità Portuali al bivio tra riforma e autonomia differenziata

I fronti aperti della portualità italiana

di Redazione Port News

“Una ferita aperta. In questi anni non sono mai riuscito a far capire ai miei colleghi e ad altri interlocutori perché io ritenga il modello giuridico delle nostre autorità portuali del tutto inadeguato ai compiti che tali enti hanno”. Il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, Paolo Emilio Signorini, torna a parlare di un tema a lui caro, quello della natura degli enti di governo dei porti italiani.

L’occasione per affrontare la questione è stata fornita da Shipmag Colloquia,  l’evento organizzato dalla testata specialistica www.shipmag.it, la cui seconda edizione si è svolta a Livorno.

Alla tavola rotonda incentrata sui porti dell’Alto Tirreno (Livorno, La Spezia, Genova) e sulle possibilità di collaborazione nell’ambito di un sistema che si presenta fortemente integrato verso la Francia e la Svizzera,  Signorini ha invitato il Governo centrale a riscrivere completamente l’architettura delle AdSP: “Le Port Authority – dice – hanno compiti estremamente rilevanti. La nostra è una stazione appaltante da tre miliardi di lavori, abbiamo oltre 1200 concessionari, siamo impegnati nei rapporti con il territorio, nello sviluppo digitale e materiale delle connessioni, in azioni commerciali e di sostenibilità ambientali”.

Simili funzioni presupporrebbero un modello di governance imprenditoriale: “L’attuale natura delle AdSP (enti pubblici non economici) e l’applicazione pedissequa di normative come il Codice degli Appalti, il testo unico sul pubblico impiego e quello sulle partecipate, non consentono a me come presidente di agire come vorrei” afferma il n.1 del porto della Lanterna.

Mentre, da Roma, il Vice Ministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, traccia la rotta da seguire per il processo complessivo di riforma dell’ordinamento portuale italiano, annunciando di volersi ispirare al modello di governance spagnolo, Signorini evidenzia la necessità di profondi cambiamenti nel modo in cui oggi vengono governate le Autorità Portuali nostrane.

Un approccio, quello del primo inquilino di Palazzo San Giorgio, che ha trovato una sponda di interlocuzione anche nei presidenti delle AdSP di La Spezia-Marina di Carrara (Mario Sommariva) e Livorno-Piombino (Luciano Guerrieri), intervenuti alla tavola rotonda.

“Per certi versi – dichiara Sommariva – la riforma Delrio del 2016 è stata punitiva per le Autorità Portuali, perché partiva da un giudizio negativo nei nostri confronti. E ammettiamolo: non sempre le AdSP hanno brillato in passato ma in questo modo abbiamo gettato il bambino assieme all’acqua sporca”.

Il n.1 del porto di La Spezia si è mostrato aperto ad avviare un sereno confronto sulla natura delle Autorità di Sistema Portuali. “Credo abbia fatto male Assoporti a non aprire una discussione come quella molto aperta che stiamo facendo oggi” aggiunge, sottolineando come gli aspetti da affrontare siano molti.

L’eventuale trasformazione delle AdSP da enti pubblici non economici in SPA, ad esempio, imporrebbe prima di tutto la risoluzione di alcuni nodi strategici, come quello dell’eventuale privatizzazione di asset di interesse pubblico: “Se le Autorità Portuali avessero nel loro patrimonio il demanio, dovremmo chiederci se debba continuare a essere incedibile o inalienabile” ha detto. La questione non è così peregrina: “Le nuove eventuali società portuali sarebbero scalabili o no? Non dimentichiamoci che Cosco non si è comprata il porto del Pireo, ma direttamente la Port Authority”.

Su questo tema bisogna insomma riflettere. Ma sono molti altri i fronti aperti: “Siamo sicuri che la trasformazione delle AdSP in Spa pubbliche o in enti pubblici economici consentirebbe alle stesse di svincolarsi dal complesso di norme che si applica a tutte le altre PA?” si chiede Sommariva.

In fondo la questione è sempre la stessa: “Spa o non spa, bisogna consentire alle Autorità Portuali di avere piena agibilità operativa” afferma Guerrieri. “Un’Autorità Portuale – lo dice il nome stesso- deve funzionare come un’Autorità e operare secondo proprie specificità normative”.

Oggi è invece accaduto l’opposto: “Su temi centrali, come quello della gestione del personale ad esempio, ci siamo traformati gradualmente in una Pubblica Amministrazione a tutto tondo” è il suo messaggio conclusivo.

E sullo sfondo rimane poi il tema dei temi: quello del federalismo regionale, tornato alla ribalta con il disegno di legge Calderoli. “Prima di parlare di una riforma dell’ordinamento portuale bisogna prima capire quale percorso seguirà il Governo sulle autonomie differenziate” è la chiosa di Sommariva. “Intendiamoci, se i porti passassero alla competenza esclusiva delle Regione, il quadro cambierebbe completamente”.

Per Signorini si tratta invece di capire come potrà e dovrà funzionare la sussidiarietà verticale. Mentre sulla allocazione delle risorse nell’ambito degli investimenti infrastrutturali e sulle scelte strategiche che attengono allo sviluppo dei porti, “è giusto che il Governo centrale eserciti pienamente il proprio ruolo di coordinamento e controllo”, è sulla governance dei singoli sistemi portuali che “il livello regionale e comunale può acquisire un forte protagonismo”. Il perché è presto detto: “Un sindaco e un presidente della Regione hanno una conoscenza del territorio sicuramente superiore rispetto a quella di qualsiasi Istituzione centrale: per questo motivo ritengo vincente il modello anseatico, dove Regione e comune hanno ruolo molto forte”.

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