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Interventi

Storica sentenza sull'applicazione delle norme in materia di concorrenza alle AdSP

Italia dei porti parzialmente sconfitta al Tribunale UE

di Davide Maresca

Avvocato marittimista

Ieri pomeriggio il Tribunale dell’UE si è pronunciato sul ricorso delle Autorità di Sistema Portuale e di Assoporti contro la decisione della Commissione Europea del 2020 di contestare la liceità dell’esenzione dei redditi degli enti portuali da canoni concessori, riscossione tasse portuali e autorizzazioni alle operazioni portuali dalla tassazione dei redditi di impresa (Ires).

La sentenza si pronuncia sull’applicazione delle norme in materia di concorrenza alle autorità di sistema portuali, con riferimento specifico agli aiuti di Stato.

Si tratta di una sostanziale sconfitta per le autorità portuali italiane, addolcita dal riconoscimento della natura pubblicistica dell’attività autorizzatoria (quasi scontato).

In sintesi, vengono qualificate entrate commerciali i canoni di concessione e le tasse portuali mentre rimangono entrate pubblicistiche i canoni di autorizzazione ex art. 16 l. 84/94.

I fatti nascono dall’impugnazione da parte delle Autorità di sistema portuale e di Assoporti (ma non della Repubblica Italiana) della decisione Commissione europea secondo cui tre attività delle AdSP sarebbero di natura economica (punti da 85 a 129 della decisione impugnata):
–        la concessione di accesso ai porti dietro remunerazione (vale a dire, le tasse di ancoraggio e le tasse sulle merci sbarcate e imbarcate; in prosieguo: la «concessione di accesso ai porti»);
–        il rilascio di autorizzazioni dietro corrispettivo per le operazioni portuali di cui all’articolo 16 della legge n. 84/94 (in prosieguo: il «rilascio di autorizzazioni per le operazioni portuali»);
–        l’aggiudicazione di concessioni dietro remunerazione per i terreni e le infrastrutture portuali nelle aree demaniali e nelle banchine comprese nell’ambito portuale e nelle circoscrizioni territoriali (in prosieguo: l’«aggiudicazione di concessioni di aree demaniali e di banchine»).

Prima di rispondere sui tre temi specifici la Corte di giustizia ha precisato che la natura pubblica delle Autorità portuali non ha nulla a che vedere con la qualificazione come impresa rispetto alla natura economica o meno delle singole attività esercitate: “Il fatto che un ente disponga, per l’esercizio di una parte delle proprie attività, di prerogative dei pubblici poteri non impedisce, di per sé, di qualificarlo come impresa nei limiti in cui eserciti altre attività di natura economica”

In particolare, secondo la Commissione, non ha rilevanza la comparazione del regime italiano con quello di altri porti europei, né con le concessioni aeroportuali in quanto “Non c’è disparità di trattamento con altri porti: non si può concludere da quanto precede che la Commissione abbia violato il principio di parità di trattamento trattando situazioni diverse in maniera uguale. Infatti, nella decisione impugnata la conclusione alla quale è giunta la Commissione ha fatto seguito a indagini specifiche al caso di specie e all’applicazione dei medesimi principi di diritto”
Pertanto, con specifico riferimento ai canoni concessori, ossia all’attività di “landlord” esercitata dalle autorità portuali “si deve constatare che la Commissione ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che i canoni di concessione e i canoni portuali costituivano il corrispettivo per attività di natura economica svolte dalle AdSP”.

In altre parole, la gestione delle concessioni di beni costituisce un’attività economica pienamente soggetta alle regole della concorrenza e, in particolare, degli aiuti di Stato.
Conclusione analoga è stata “adottata sulle tasse portuali, in quanto la Commissione parifica tali entrate ai canoni di concessione includendoli tra le entrate commerciali poiché essa, secondo la Corte di giustizia: “ha correttamente rilevato, la denominazione utilizzata a livello nazionale per importi percepiti, indipendentemente dal fatto che vengano chiamati canoni, diritti portuali o tasse portuali, non incide su tale qualifica (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2018, Naviera Armas/Commissione, T‑108/16, EU:T:2018:145, punto 124)”.

Secondo la Corte, invece, la Commissione avrebbe sbagliato a qualificare come attività d’impresa il rilascio di autorizzazioni ex art. 16 l. 84/94 per erogare operazioni portuali. Di conseguenza, i relativi canoni non rappresentano entrate commerciali, in quanto “la Commissione non ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che il rilascio delle autorizzazioni per le operazioni portuali costituisse un’attività economica”.

Le conseguenze in termini pratici vanno molto oltre il mero pagamento dell’ires sulle entrate commerciali in quanto non vi è più alcun dubbio, ormai, che le autorità di sistema portuale rientrino tra i soggetti che si devono attenere alla disciplina antitrust venendo meno la sostanziale natura unilaterale dei provvedimenti inerenti le concessioni e le tasse di ancoraggio e ormeggio.

Va precisato che la sentenza può essere ancora impugnata presso l’organo di secondo grado, ossia la Corte di giustizia dell’Unione europea.

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