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Interventi

Alla ricerca di una visione strategica

Lavoro portuale, i nodi da sciogliere

di Andrea Appetecchia

Ricercatore ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti)

Per fortuna non è successo! La temuta bocciatura da parte della Ragioneria di Stato di alcuni provvedimenti a sostegno del lavoro portuale contenute nel più ampio decreto Milleproroghe non ha avuto seguito e quindi, nonostante i rilievi, la proroga dei ristori ai portuali, il fondo di accompagnamento all’esodo per i lavoratori delle imprese portuali e i risarcimenti per vittime amianto, sono stati confermati.

Tirato il sospiro di sollievo, non si può d’altro canto dimenticare che si tratta di provvedimenti “una tantum” con un orizzonte temporale di un solo anno.

Rimangono purtroppo sullo sfondo e non affrontati, né in sede politica, né tanto meno imprenditoriale e sindacale: da una parte, alcuni nodi che interessano il lavoro sulle banchine quali, ad esempio, i processi di automazione dei cicli portuali; il fenomeno della concentrazione orizzontale e verticale delle catene logistiche che attraversano i porti. Dall’altra, una visione strategica del contributo del lavoro alla crescita competitiva dei porti.

I processi di automazione
Il passaggio dall’alienazione dell’uomo-macchina, ben descritto nel leggendario film di Charlie Chaplin “Tempi moderni”, al rischio di sostituzione del lavoro umano degli anni ’70 con l’introduzione dei robot nelle catene di montaggio, sembra essere ormai stato superato attraverso l’acquisizione di un nuovo approccio nella gestione del rapporto uomo-macchina in cui il primo fattore non è sostituito dal secondo, ma ne potenzia la capacità e la produttività. Il nuovo rapporto tra lavoro umano e quello automatizzato richiede un aggiornamento delle conoscenze e delle competenze, non solo del lavoro qualificato e specializzato, ma anche di quello operativo e meno qualificato sicuramente più esposto nell’interazione con i nuovi macchinari. Tali meccanismi, se da una parte, riducono il numero dei lavoratori addetti allo spostamento delle merci, dall’altra, aumentano il personale impiegato nel controllo e nella manutenzione.

La concentrazione verticale ed orizzontale degli operatori
L’imponente crescita dei global carrier mondiali e il loro interesse per una gestione diretta, senza il ricorso ad intermediari, dei percorsi logistici integrati che hanno come origine o destinazione l’Italia è oggi un dato di fatto (oltre il 60% del traffico container in transito nei porti italiani è assorbito da tre gruppi imprenditoriali, uno dei quali è anche uno dei principali gloabal carrier mondiale). Tali processi hanno contribuito a ridisegnare la scena portuale ridefinendo ruoli e competenze di ciascun attore coinvolto. L’aumento delle dimensioni delle navi ha determinato, ad esempio, oltre che una riduzione dei porti da scalare, anche una maggiore concentrazione dell’occupazione.

L’impatto sul lavoro portuale
Di fronte alla robotizzazione dei processi ed all’integrazione del mercato, più che di esclusione del lavoro portuale dovuta ad un incremento dell’automazione, o della flessibilità del lavoro, il rischio più acuto riguarda la potenziale banalizzazione dell’azione umana ed una sua conseguente marginalizzazione. Per ovviare a questo come agli altri rilevanti rischi citati, è da diverso tempo che si auspica la definizione di una nuova politica nazionale del lavoro portuale in grado di preservarne la specialità e la grande strategicità per l’intero sistema logistico nazionale. Un Piano nazionale dunque in grado di fornire gli elementi utili a definire, per ciascuno scalo, le prospettive occupazionali per ogni tipologia di traffico in base ai piani industriali e di innovazione tecnologica definiti dalle imprese concessionarie ed ai progetti di sviluppo programmati dalle stesse AdSP.

Un Piano simile dovrebbe nascere da una mappatura critica dei Piani Organico Porto elaborati da ciascuna Autorità di Sistema Portuale. L’esperienza condotta da ISFORT insieme all’AdSP del Mar Tirreno Settentrionale dimostra che tali Piani, oltre ad essere l’occasione per cogliere punti di forza e di debolezza della scena portuale, rappresentano anche un’opportunità per favorire il dialogo tra gli attori in gioco ed avviare percorsi condivisi di crescita e miglioramento della posizione competitiva del Porto.

Un lavoro di sintesi a livello nazionale rappresenterebbe pertanto un passo importante verso una maggiore considerazione del lavoro all’interno dei porti ed agevolerebbe la definizione di una cornice strategica nazionale di un tema purtroppo spesso considerato come una competenza locale. Un primo ambito in cui sperimentare questo nuovo approccio è il nuovo Piano Generale dei Trasporti. La Commissione costituita dal Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile per la sua redazione potrebbe inserire tra i propri temi di lavoro la definizione di un Piano nazionale del Lavoro Portuale. Una novità assoluta ed un modo per ribadire che il termine sostenibile non si limita alla sola dimensione ambientale.

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