Focus

La lotta di Ivano Russo al digital divide

L’Italia e quel gap da colmare

di Redazione Port News

«Siamo la seconda manifattura europea, la terza economia a livello comunitario eppure sulla base dell’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società (DESI) ci collochiamo soltanto al 18º posto fra i 27 Stati membri dell’UE».

Ivano Russo lancia il sasso nello stagno durante un convegno organizzato stamani da Fedespedi: «L’Italia – afferma – ha una storica tradizione alla non cooperazione. Non siamo ancora in grado di pensarci come Sistema Paese. Abituati come siamo a muoverci tra campanili e parrocchie, abbiamo finito con l’assumere un atteggiamento conservativo che alla lunga ci ha danneggiati».

L’amministratore unico di RAM ricorda i numerosi fallimenti riportati dall’Italia in tema di digitalizzazione. Il primo risale addirittura al 2006, quando l’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi e il Ministro dei Trasporti, Burlando, lanciarono il sistema monitoraggio informatico della politica dei trasporti, che fu addirittura collaudato ma mai acceso.

Il secondo tentativo è stato quello della Piattaforma Logistica Nazionale, mai realizzata, a causa di una serie di intoppi che nel 2021 costrinsero poi il Governo Draghi a chiudere definitivamente l’esperienza con UIRnet, poi diventata digITAlog.

Il terzo è il SUDOCO, lo Sportello Unico Doganale e dei Controlli, in norma nella legge 84/94 dal 2018, ma che sta vedendo la luce solo oggi e soltanto in un porto.

L’ex direttore generale di Confetra denuncia la cosiddetta retorica delle eccellenze puntiformi: «Pur avendo tante eccellenze, dal Fast Corridor delle Dogane alle control room delle Capitanerie di Porto, passando per i Port Community System delle AdSP, tutti insieme non siamo stati in grado di produrre un sistema logistico nazionale digitale competitivo realmente integrato».

Il risultato è sotto gli occhi di tutti, e ben visibile nella classifica europea che traccia i progressi italiani nel settore digitale. Non solo, «sulla base del Logistic Performance Index, gli indicatori in cui il nostro Paese risulta più carente sono proprio la semplificazione e la digitalizzazione».

Russo ricorda uno studio realizzato da Ambrosetti nel 2016: «Il danno prodotto dal gap tecnologico nella logistica e nei trasporti cuba 36 miliardi di euro, un punto di PIL all’anno. Le eccellenze puntiformi che il Paese può vantare dunque in questo campo non spostano le statistiche: le mosche cocchiere sono cocchiere ma restano mosche» afferma.

Fortunatamente, l’Unione Europea ci impone oggi un salto di qualità: «Il Regolamento (UE) 2021/1056 dice che entro il 2025 dobbiamo realizzare un eco sistema digitale di cooperazione applicativa tra tutti i sistemi e i nodi in capo alle PA che fra loro gestiscono, scambiano, inviano, ricevono, archiviano dati che riguardano il trasporto della merce e la logistica».

Il regolamento europeo ha due capisaldi, l’interoperabilità e la sicurezza. E va a braccetto con la direttiva NIS2, recentemente approvata dalla Commissione Europea, e volta ad  aumentare i sistemi di sicurezza di un numero sempre crescente di settori contro i cyberattacchi: «L’Europa sta ricostruendo nella logistica lo stesso Sistema che c’è sullo SPID per le persone fisiche e che poi converge a livello comunitario nella rete dei 27 Stati Membri. Questa interoperablità esiste da tempo per i dati individuali e per i sistemi bancari e viene ora estesa al trasporto della merce e alla logistica» dice ancora l’amministratore unico di RAM.

L’Italia è un tassello di questo progetto. «Un progetto che andrà in porto solo e soltanto se il Governo, il Ministero delle Infrastrutture e, per esso, RAM, sapranno esercitare un forte ruolo di regia pubblica».

Ma come realizzarlo? «I binari normativi lungo cui muoverci sono chiari» risponde Russo: «Le linee guida Agid, innanzitutto, ci dicono in che modo le pubbliche amministrazioni devono essere interoperabili tra di loro, come devono esporre i dati e dove devono pubblicarli».

Il Codice dell’Amministrazione Digitale è l’altro pilastro normativo: «L’art.69 prevede per le PA l’obbligo del riuso. Tutti i servizi e i sistemi esistenti, penso al PCS di Genova, Livorno, Trieste, Bari, La Spezia, devono andare su un portale unico. Vanno consegnate a tutte le Autorità di Sistema Portuali nazionali le chiavi di accesso ai quei servizi. Perché non ha alcun senso logico che una Port Authority sprovvista di un Port Community System non possa usufruire dei PCS già realizzati, valutando se siano esportabili in toto o se non debbano essere modificati o convertiti sulla base delle esigenze predefinite».

Il n.1 di RAM ricorda che con le sei AdSP che hanno già un PCS «abbiamo fatto un lavoro avanzato. Una sorta di autoassement dei sei PCS. Oggi abbiamo già un catalogo dei servizi offerti da queste Autorità Portuali» ammette.

La terza gamba del tavolo normativo nazionale è il Polo Strategico Nazionale. Sulla base di un obbligo di legge, entro il 2024 i dati sensibili classificati come tali dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale devono uscire dai cloud privati stranieri (di Google, Fastweb, etc) per convergere nel Cloud Strategia Italia, il cloud pubblico messo in campo dalla presidenza del Consiglio dei Ministri  e gestito da Leonardo, Sogei, Telecom e Cassa Depositi e Prestiti: «Abbiamo fatto istanza per la migrazione nel cloud pubblico della PLN, oggi di proprietà del MIT. Si apre un percorso complesso che obbligherà tutte le altre amministrazioni, tra cui le Port Authority, ad entrare nel nuovo cloud».

Il progetto, insomma è chiaro, così come è chiaro il quadro normativo ed economico. «Il PNRR destina alla digitalizzazione della logistica nazionale 250 milioni di euro, di cui 30 mln per realizzare l’eco sistema di interoperabilità nazionale, 45 milioni di euro alle Adsp, per rendere interoperabili i PCS, e 175 mln alle imprese, che sono chiamate a fare importanti adeguamenti di upgrade tecnologico».

Avendo chiaro il framework normativo, avendo chiari quali sono gli interventi da sviluppare dal punto di vista tecnologico, e ferma restando la necessità di una regia pubblica, spetta ai singoli attori della supply chain l’arduo compito di adeguarsi ai nuovi standard digitali: «E’ richiesto a tutti uno sforzo importante» è la conclusione del ragionamento che Russo consegna alla platea di Fedespedi.  «La nuova catena della logistica digitale va costruita pezzo per pezzo da tutti gli attori coinvolti in un percorso che richiede una presa di coscienza e un’assunzione di responsabilità sulle opportunità e le sfide legate alla digitalizzazione».

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