Interventi

Nuove sfide

Navi autonome, un carico di incognite

di David Russo

Avvocato dello studio legale LewisBrisbois

Le navi intelligenti sono già una realtà concreta, destinata ad affermarsi sempre di più nei porti e sulle rotte marittime.

La compagnia di navigazione nipponica  NYK Lines è stata una delle prime a testare, a settembre di quest’anno, la guida automatizzata di una propria PCT carrier e già all’inizio del 2020 una nave mercantile comandata dall’intelligenza artificiale effettuerà la prima traversata transatlantica dal Canada al Regno Unito.

Tutto bene quindi?  Non proprio. Se è vero, infatti,  che l’avvento della Maritime Autonomous Surface Ship offre vantaggi inediti in termini di efficientamento energetico, sostenibilità ambientale e management, è anche vero che lo sviluppo tecnologico sta ponendo nuovi, importanti interrogativi in ordine a una serie molteplice di temi.

Il primo di questi è che ad oggi non esistono standard uniformi per affrontare i rischi connessi alla cyber security: una nave completamente automatizzata è infatti esposta all’attacco degli haker più di quanto non lo sia una normale unità cargo con comandante ed equipaggio a bordo.

E a proposito degli equipaggi, ammesso e concesso che ci sono diversi livelli di automatizzazione, e che quindi una navigazione con i processi automatizzati può prevedere al primo grado di sviluppo la presenza dei marittimi a bordo per gestire e controllare i sistemi e le funzioni basilari, occorrerà valutare il ruolo e le responsabilità che questi ultimi dovranno avere con riferimento alle nuove sfide tecnologiche, e sarà fondamentale sviluppare idonei programmi di formazione  per il personale di terra, che nelle forme evolutive dell’autonomous drive si troverà a dover comandare la nave da remoto.

Un ulteriore elemento di preoccupazione è dato dalle nuove responsabilità della Guardia Costiera, cui competono compiti fondamentali in ordine alla sicurezza nella navigazione e a cui, in caso di sinistri marittimi o di episodi di malfunzionamento, verrà demandato l’onere di provvedere a fornire i primi soccorsi.

C’è poi da chiedersi quali saranno i diritti e i doveri delle società armatoriali e se per queste possano sussistere le attenuanti di una responsabilità limitata nel caso di collisioni in mare. Non è infatti scontato che l’attuale complesso della disciplina legale riguardante le navi commerciali possa applicarsi anche alle navi autonome.

Sotto questo punto di vista, le procedure di classifica e verifica periodica delle smart ship saranno particolarmente rilevanti sotto il profilo della sicurezza della navigazione: quali saranno i nuovi standard per capire quanto sia sicura una nave? Quali responsabilità avranno i fornitori dei software cui verrà deputata la gestione delle navi intelligenti? E che tipo di expertise saranno necessarie per assicurare il corretto funzionamento dei software di bordo?

A queste domande bisognerà presto o tardi dare una risposta, così come occorrerà chiarire in modo definitivo se e in quale misura un armatore possa essere ritenuto responsabile in caso di colpa del programmatore del software, soprattutto se da un suo malfunzionamento derivassero episodi spiacevoli di morti accidentali o tragedie con conseguenti perdite di molte vite umane.

Affinché i benefici siano superiori ai rischi, sembra insomma evidente che c’è ancora molto da fare per prepararsi a questa nuova tecnologia. Quel che è certo è che le navi autonome rappresentano un traguardo importante per il settore marittimo e saranno un banco di prova per adeguare il diritto della navigazione alle nuove sfide che ci attendono.

Torna su