Interventi

L'analisi del manager genovese, Franco Mariani

Porti, fotografia di un declino culturale

di Redazione

“In Italia il cedimento della Ragion di Stato alle lusinghe e alle logiche spartitorie della politica ha posto le basi per una decadenza della cultura portuale, come se il ruolo dei porti, e quello del presidente della Port Authority, fossero un fatto secondario”. E’ un Franco Mariani senza freni inibitori quello che è intervenuto nei giorni scorsi a Livorno, ad un convegno incentrato sul tema delle infrastrutture e della logistica.

Riferendosi alla difficoltà obiettiva del Parlamento di procedere alla nomina a Presidenti dei commissari delle Autorità di Sistema Portuali – uno stallo causato da diatribe tutte interne alla maggioranza – il presidente dell’Agenzia per il lavoro portuale di Trieste (ALPT) e editore del periodico www.shipmag.it ha ammesso di considerare di estrema gravità il fatto che sino ad oggi non sia ancora stata messa in calendario la votazione presso la Commissione Trasporti del Senato (La Camera aveva espresso il proprio voto nell’ultima settimana di luglio).

E ha paventato il rischio di nuove possibili liti sulla scelta dei segretari generali, “su cui – ha precisato – dovrebbe essere invece garantita l’autonomia di scelta da parte dei presidenti”.

Il manager genovese ha puntato anche il dito contro il cluster portuale e il sindacato: “La cattiva politica interviene sui porti perché è venuta meno nella portualità un’attività di un cluster marittimo  e di un sindacato capaci di imporre un terreno di confronto vero. Fa gioco avere due associazioni armatoriali, tre associazioni di terminalisti, due associazioni di piloti, trovarsi di fronte a una situazione in cui è possibile giocare e trovare il ventre molle e agire senza alcun tipo di controindicazione” ha detto.

La verità è che “continuiamo a ragionare di portualità e logistica come se lo scenario mondiale fosse quello di 15 anni fa. Non è più così” ha aggiunto.

Il quadro globale degli ultimi mesi è stato caratterizzato da una frenetica attività diplomatica statunitense che ridefinisce le alleanze, lasciando l’Europa in una posizione di crescente marginalità.

Dalla Cina alla Russia, passando per il Medioriente e il Sud America. Con l’avvento di Trump alla Casa Bianca ogni paese sta cercando di riposizionarsi. Mariani ha ricordato a tal proposito come le  tensioni con gli USA stiano spingendo oggi l’India a rafforzare i legami con la Cina e la Russia, e a trovare un’alternativa economia e strategica ai modelli occidentali, in sinergia con i Brics. Questi tre paesi insieme rappresentano il 41% della popolazione e il 31% del PIL mondiale.

Per l’ex presidente dell’Autorità Portuale di Bari, la visita di Narendra Modi in Cina ha dato al 25° vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO) un alto valore simbolico. Quantunque l’India voglia continuare a giocare il ruolo di pontiere tra Oriente e Occidente, Modi ha già chiarito che la SCO è il perno del futuro asiatico: “L’India ha dimostrato dove vuole stare. Sono loro che hanno isolato noi, non siamo noi che, disertando il vertice di Pechino, abbiamo isolato loro” è l’opinione un po’ controtendenza del presidente dell’ALPT.

In un contesto in cui i mutamenti geopolitici sono strettamente legati a quelli economici e logistici (tanto che si parla sempre di più di “geologistica”), non ha allora più senso fare ragionamenti sulle potenzialità di un singolo porto, sulla sua capacità di attrarre nuovi traffici ma occorre sviluppare a livello nazionale una visione di insieme che tenga conto delle sinergie che i singoli scali portuali possono attivare a livello territoriale per ampliare le catchment area di riferimento.

“I 480 mln di tonnellate di merce movimentati ogni anno dai nostri porti rispondono egregiamente alle esigenze della nostra economia nazionale. Fatta eccezione per Trieste, va detto che tutti i porti nazionali lavorano per l’economia nazionale. Se quest’ultima è in crisi, se la produzione ristagna, i nostri porti sono i primi ad avvertirla” ha sottolineato l’editore di shipmag, che ha aggiunto: “Dobbiamo porci il problema della ricerca di nuovi mercati, perché è vero che il Mediterraneo continua ad essere strategico, ma non c’è più solo questo ambito di mercato. Credo che da questo punto di vista il compito del Paese sia quello di giocarsi tutte le carte e le eccellenze che ha”.

Mariani non si è astenuto dal commentare quello che sta avvenendo nei nostri porti. “Chi segue la cronaca portuale sa come da tempo sia in atto uno scontro tra le diverse modalità di terminalismo, tra chi lo fa in conto terzi, tra chi opera in modalità mista armatore/terminalista, e chi gestisce il terminal soltanto come armatore. Quest’ultima linea è quella che sta prevalendo a livello nazionale”.

Per il manager genovese questo processo non può essere fermato ma va accompagnato in maniera tale da non creare disastri sul territorio: “l’armatore non può pensare che tutti i servizi erogati in un porto debbano essere sottopagati e che le principali fonti di guadagno debbano arrivare soltanto dalla riscossione dei noli. Occorre definire nuove regole perché ci sia una ridistribuzione della ricchezza anche a favore delle imprese e dei lavoratori della filiera logistica. Così non si può più andare avanti”.

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