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Polemiche sul mancato rinnovo della CBER

Regole antitrust, «il Regno Unito non segua l’UE»

di Redazione

La decisione della Commissione Europea di non prorogare il regolamento di esenzione per categoria relativo ai consorzi (CBER), in scadenza il prossimo 25 Aprile del 2024, non è andata proprio giù alle compagnie di navigazione e alle associazioni internazionali che agiscono in loro rappresentanza.

Se la scelta dell’UE, maturata al termine di un confronto con gli operatori del settore, dovrà giocoforza essere rispettata dai Paesi del Vecchio Continente, non è detto debba farlo anche il Regno Unito, che come noto ha lasciato l’Unione Europea a Gennaio del 2020.

E’ per questo motivo che le due principali associazioni del settore, il World Shipping Council e l’Asian Shipowners’ Association, hanno preso carta e penna e scritto all’UK Competition and Markets Authority (CMA), presso la quale è ancora pendente il processo di revisione del regolamento europeo che sino ad oggi ha consentito ai liner, in determinate condizioni, di stipulare accordi di cooperazione per fornire servizi di trasporto di merci congiunti, noti anche come ‘consorzi’.

Nella lettera alla CMA, i due gruppi invitano il Governo a mantenere in vigore il Consortia Block Exemption Regulation, sottolineando che la scelta dell’UE è “profondamente imperfetta e incoerente” e che sono del tutto infondati i risultati dell’indagine sulla base della quale la Commissione ha ritenuto non giustificata la proroga della misura.

Se l’UE ha ritenuto di non dover rinnovare la CBER a causa del mutato assetto di mercato e dello scarso ambito di applicazione della misura (solo 13 consorzi su 43 beneficiano delle esenzioni previste dalla CBER), le due associazioni sostengono che il Regolamento fornisce invece certezza giuridica e garantisce efficienze operative costanti a vantaggio degli operatori, dei loro clienti e dei consumatori del Regno Unito.

Secondo il periodico specializzato Lloyd’s List, le compagnie di navigazione temono soprattutto che la decisione eventuale del Regno Unito di porre fine all’esenzione per categoria possa avere come conseguenza quella di influenzare altri hub marittimi, come Singapore e Hong Kong, che mantengono esenzioni simili.

Se nel Regno Unito si lasciasse scadere il regolamento – è questo il ragionamento –  i vettori potrebbero diventare riluttanti all’idea di stipulare nuovi accordi operativi e potrebbero persino ritirarsi dai consorzi esistenti che operano da e verso il Regno Unito. Ciò si tradurrebbe in servizi meno frequenti e in un numero minore di porti serviti.

In poche parole, si ridurrebbero per i consumatori del Regno Unito le possibilità di scegliere tra più operatori e offerte di trasporto marittimo, con la conseguenza di un aggravio dei costi operativi. Se diminuisce l’offerta e quindi la competizione, a pari condizioni di domanda aumentano chiaramente i costi del servizio.

Non solo, il WSC e l’ASA ribattono che i consorzi restano indispensabili anche nella lotta contro il cambiamento climatico perché consentono ai vettori di massimizzare l’efficienza operativa attraverso un migliore utilizzo della flotta.