Interventi

L'allarme del n.1 di Fise Uniport, Pasquale Legora De Feo

Se i porti non ragionano (ancora) in termini di Sistema

di Redazione

«Il nostro lavoro in termini di volumi movimentati non aumenterà nei prossimi anni. O uniamo le forze, parte datoriale e sindacale, e creiamo un circolo virtuoso, o rischieremo di farci del male».

A Livorno, durante un convegno organizzato dal Partito Democratico e incentrato sul tema del lavoro portuale,  il neo presidente di Fise Uniport, Pasquale Legora De Feo, non esita a tratteggiare un quadro a tinte grigie per la portualità italiana.

La crisi economica originata dal Conflitto in Ucraina – afferma –  con la spinta inflattiva e il conseguente indebolimento della domanda di mercato, sta avendo ricadute fortemente negative sui terminal operator.

I dati recentemente pubblicati da Drewry indicano come la crescita media mobile del traffico container movimentato dai principali porti negli ultimi quattro trimestri sia scesa in territorio negativo dopo aver toccato, nel terzo trimestre del 2021, il picco del +8.7%. Sulla base della media degli ultimi quatto trimestri, la domanda nel mercato nord americano ed europeo è calata rispettivamente del 5,6 e del 7,6% rispetto ai quattro trimestri precedenti.

Le attuali dinamiche congiunturali hanno chiaramente avuto un impatto dannoso sugli utili dei terminal, diminuiti del 7,4% su base annua nel primo trimestre del 2023. Le aspettative di crescita per tutto il 2023 si attestano su un risicato +1% su base annuale.

Diminuiscono i traffici, dunque, e non è detto che aumenteranno nel prossimo futuro. E allo stesso tempo, aumentano i costi di gestione e quelli operativi.

De Feo guarda con preoccupazione all’aumento generalizzato dei costi energetici e ai rincari sui canoni concessori. L’adeguamento inflattivo con un’aliquota media fra l’indice Istat al consumo e quello alla produzione ha portato a un rialzo del paniere considerato di oltre il 25%. Sebbene il Governo abbia promesso di intervenire sull’argomento, ad oggi la situazione non pare essersi sbloccata. «Voglio dire ad Assoporti che i rincari sui canoni aumenteranno ancora di più i gap tra un porto e l’altro, in quanto non tutti i porti pagano gli stessi canoni concessori. Il rischio è quello che aumenti la concorrenza tra scali portuali vicini».

Per De Feo la frammentazione delle attività logistiche e portuali rappresenta un problema cogente per il Paese. Un problema che, evidentemente, la Riforma Delrio non ha contribuito a risolvere: “Abbiamo 16 Autorità di Sistema Portuali diverse e 16 approcci diversi su una serie innumerevole di questioni. La confusione è notevole: quello che vale per i porti del Mezzogiorno non vale per i porti del Nord Italia. Non sono io a dirlo ma il mercato» dichiara.

«E’ il momento della presa di coscienza” sottolinea il n.1 di Fise Uniport. «Le trattative sul rinnovo del contratto collettivo nazionale dei lavoratori portuali devono rappresentare l’occasione per aprire un tavolo più ampio sulle attuali criticità del sistema portuale. I terminalisti italiani vogliono fare la propria parte: crediamo nella forza lavoro, nella professionalità dei nostri lavoratori e siamo pronti ad affrontare le sfide imposte dai grandi cambiamenti, ma dobbiamo farlo tutti assieme».

De Feo è chiaro: «Siamo un paese di trasformazione, i nostri porti sono un asset strategico il cui primo tool è rappresentato dalla risorsa umana. Il lavoro va salvaguardato ma allo stesso modo bisogna permettere a chi investe nei porti di continuare ad investire».