© Michela Canalis
Interventi

Governo e portualità: distanze colmabili?

Se non tutti remano nella stessa barca

di Redazione Port News

«Stanno accadendo cose surreali nel Paese. I cortocircuiti istituzionali e, verrebbe da dire, relazionali denunciati da Gaudenzio Parenti nell’intervista pubblicata su Port News, si sono verificati con una certa frequenza nell’ultimo periodo».

Il direttore di Assiterminal, Alessandro Ferrari, enuncia uno ad uno gli ultimi accadimenti: il voto favorevole della Commissione Bilancio all’emendamento “Salva Portualità” e lo sgambetto della Ragioneria di Stato, che pare non abbia capito il merito dell’iniziativa; la decisione del Governo di impedire il transito delle Grandi Navi da Venezia (una scelta che diventerà operativa il 1 agosto «e tutto ciò agli albori della ripresa del turismo croceristico che, senza dubbio, è il più colpito dalla crisi pandemica»); il protrarsi di cantierizzazioni sulle autostrade…

«Ha ragione il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale, Pasqualino Monti – afferma Ferrari – quando dice che è arrivato il momento di concentrare l’attenzione sull’industria porto, di comprenderne realmente la forza e le potenzialità, di impedire che le risposte dello Stato ai problemi del settore siano lasciate alla burocrazia».

Ferrari trova del pari condivisibile lo spunto che Mario Sommariva ha offerto in occasione di un convegno organizzato a Livorno: «Serpeggia una incomprensione di fondo verso un settore che viene adeguatamente compreso per il suo lavoro». E fa suo l’ammonimento di Mario Mega, che in occasione degli Stati Generali del Mezzogiorno, ha messo in guardia dal rischio che il PNRR diventi una raccolta degli stessi progetti infrastrutturali che i porti hanno da anni.

Per non parlare di quanto sollevato recentemente da Zeno D’Agostino: «La verità è che il mondo della logistica si è piegato alle regole del libero mercato ed è quindi sovraesposto, più di altri settori, alle sue fluttuazioni; nei porti ci sono invece elementi di governance pubblica che ne correggono le storture. Per questo motivo occorre oggi investire nel pubblico, in tutti gli ambiti, sostenendone la capacità di governance».

Ci sono elementi di cui occorre prendere atto. Così come occorre fare tesoro delle osservazioni di Ivano Russo, che ha denunciato la situazione critica nella quale si trovano le città portuali italiane, agli ultimi 25 posti della classifica annuale sulla ricchezza delle province, mentre ai primi 5 posti troviamo Milano, Monza, Bologna, Parma e Bolzano.

«Ricordate la lettera accorata di Roberta Macii e quanti si sono inseriti nel solco del suo intervento sia in interviste che in commenti sui social, da Francesco Munari a Maurizio Maresca, da Ivano Russo a Gaudenzio Parenti? Tutto si tiene, anche nella frammentazione rappresentativa di questo mondo: fateci caso, nonostante sui temi del lavoro e dei ristori ai terminal fermi da 18 mesi, nonostante sul tema di Venezia e sui temi del PNRR ci sia una visione unanime dell’industry, dei sindacati, di una ritrovata ASSOPORTI e anche di una buona parte della governance del ribrandizzato MIMS (quasi stupita forse della centralità che gli viene offerta .. da cogliere …), nonché di un asse trasversale del Parlamento, la distanza di parte della politica di Governo e della burocrazia è crescente».

Per Ferrari è un dato di fatto cha anche i ristori del 2020 non siano ancora arrivati nei bilanci delle aziende, «come se bastasse un enunciato di una norma per produrre flussi di cassa in un bilancio e pagamento di stipendi e fornitori».

Il direttore di Assiterminal ricorda come le Associazioni rappresentative le aziende portuali, assieme ad Assoporti e ai sindacati, abbiano già siglato e promosso ben 3 avvisi comuni in un anno, dando dimostrazione di concordare sulle stesse strategie, proposte e problematiche per il settore: «quasi nessun punto di sintesi ha però trovato riscontro in una norma. E’ Preoccupante».

Ferrari mostra tutto il pessimismo della Ragione: «All’inizio pensi di sbagliare nell’approccio, allora cambi modalità, passi dal proporre riforme strutturali a proposte puntuali e circoscritte, ma nulla cambia e ti preoccupi. Soprattutto quando sei convinto che le tue azioni non siano di votate all’employerbraning ma a un più ampio concetto di marketshare (sempre lobbying è ma con dinamiche di obiettivi e modelli di condivisione diversi)».

Forse il vero tema da affrontare è perché l’industry della portualità con le sue imprese, i suoi lavoratori (siamo sempre introno al 2% del PIL), non riesca ad avere l’attenzione che merita: «Forse sarà perché non sono infrastrutture da appaltare e, quindi da inaugurare», ci scherza su Ferrari.

«Ci continuano a dire che i contributi tecnici, giuridici, di modelli sulla formazione e sul riequilibrio economico finanziario delle concessioni siano interessanti e innovativi, ma non vogliamo solo fare cultura, vorremmo che le nostre aziende e il business che portano fossero valorizzate, anche in una nuova percezione del rapporto con il territorio e in un contesto di industry portuale di sviluppo, perché, come dice qualcuno, “il porto è un luogo sul mare” e “il porto in città è la sua configurazione naturale».

Il messaggio che Assiterminal, dopo il Consiglio Direttivo di ieri, lancia al Governo è chiaro: «La portualità non può essere sempre in vendita, anche con saldi procastinati, se no diciamoci chiaramente che lo è il Paese».

Torna su