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Focus/Interviste

I venti contrari della nuova crisi globale

Shipping, sta cambiando tutto

di Redazione Port News

I venti contrari dell’economia continuano a soffiare con forza. Gli ultimi dati e market report confermano, in un certo qual modo, i tempi difficili che attendono il settore dello shipping. La Guerra in Ucraina ha fatto da detonatore della nuova crisi globale. Il forte aumento dell’inflazione e il conseguente caro vita stanno infatti impattando sulla domanda di mercato, agendo quindi da freno alla crescita del trasporto marittimo di container.

«La consueta stagione di punta del terzo trimestre nell’importantissimo trasporto di merci e nei traffici regionali sembra essere quasi inesistente nel 2022» afferma lo chief analyst di BICMO, Niels Rasmussen, in un webinar sull’attuale situazione di mercato.

«Diversi rapporti descrivono in dettaglio quante famiglie a basso reddito in tutto il mondo stiano lottando per pagare l’affitto, le bollette dell’elettricità e del riscaldamento» continua Rasumssen, aggiungendo come moltissimi consumatori si stiano indebitando per far fronte all’aumento dei prezzi, con la spesa per i servizi che continua a rappresentare la quota maggiore della spesa totale.

Secondo le stime fornite dagli analisti dell’associazione armatoriale,  i volumi del traffico merci e del commercio regionale potrebbero diminuire tra l’1 e il 2% nel 2022 per poi tornare a crescere del 3-4% nel 2023.

Alla diminuzione della domanda fa da contraltare (negativo) l’aumento dell’offerta. Rasmussen sottolinea come nei primi sette mesi dell’anno siano state ordinate navi per una capacità media pari a 248 mila TEU al mese. Nel 2021 la media mensile si era invece attestata a 358.000 TEU. Va però detto che il portafoglio ordini è aumentato di 1,2 milioni di TEU dall’inizio dell’anno e che ora si attesta a 7 milioni di TEU. SI tratta del 27,6% della flotta attualmente impiegata.

«Tra il 2023 e il 2024 saranno consegnati circa 5 milioni di TEU» precisa ancora il chief analyst di BIMCO. La società stima una crescita totale della flotta che nel 2022 si attesterà attorno al +2,9% e al +8% nel 2023. «In combinazione con gli aumenti del 2,9% e del 4,5% registrati rispettivamente nel 2020 e nel 2021, il tasso di crescita della flotta ha superato la domanda rispetto al pre-pandemia».

Quanto ai problemi di congestione, Rasmussen registra come questi stiano continuando a drenare capacità di stiva, sia pure a livelli più bassi rispetto a quelli del 2021. Ma i recenti scioperi in Nord Europa e in Inghilterra ad alimentare nuove pressioni sull’operatività dei porti. BIMCO cita Sea-Intelligence per sottolineare come a Maggio i livelli di congestione abbiano sottratto al mercato il 9,6% della flotta operativa. Sono 3,2 punti percentuali in meno rispetto al picco registrato nel mese di Gennaio.

«La situazione dal punto di vista armatoriale è drammatica» dichiara a Port News Alice Arduini, fondatrice della casa di Spedizione Alix International, specializzata nelle spedizioni da e per la Cina. «I noli applicati alle principali rotte marittime con il Far East stanno crollando vertiginosamente. Nessuno si aspettava sarebbero scesi così in fretta».

Lo Shanghai Containerized Freight Index (SCFI) è calato del 50% dall’inizio dell’anno. «Nei giorni scorsi i principali indici quotavano tariffe di nolo da 5500 dollari per container da 40 piedi provenienti dall’estremo oriente e diretti verso l’Europa, con un crollo di un terzo rispetto ai valori di Luglio» spiega Alice Arduini.

La manager non nega che fino ad oggi le compagnie di navigazione abbiano portato a casa extra profitti e pluvalenze che non si vedevano da anni ma sottolinea come la situazione stia rapidamente deteriorandosi. «Gli armatori si aspettano per fine ottobre, inizio novembre, noli marittimi che sfioreranno i 2000 dollari per i box da 40 piedi. Stiamo ritornando ai livelli del 2009».

La fondatrice di Alix International conferma quanto sottolineato dal chief analyst di BIMCO: «Il crollo dei noli è chiaramente dovuto alla contrazione dei consumi delle aziende europee e al drammatico decremento della spesa dei consumatori».

Si tratta di una crisi che in Cina pare aggravata dal rallentamento della produttività delle aziende. «Molti clienti mi riferiscono di avere oggi enormi difficoltà nel reperire i prodotti nei tempi previsti: se prima della crisi ci volevano in media 4 settimane per avere la merce richiesta, oggi ce ne vogliono almeno sei. Le imprese hanno rallentato la produzione per via del rincaro forsennato delle spese di approvigionamento energetico. Anche i lockdown provvisori disposti dal Governo per arginare la diffusione del contagio hanno impattato non poco sui processi produttivi».

Per Arduini l’incertezza è tanta: «Il crollo dei noli stimolerà sicuramente la ripresa degli scambi commerciali con la Cina e, in generale, il Far East, ma è lecito aspettarci un calo del fatturato. Ho saputo di compagnie di navigazione che si sono dette disposte ad abbassare ulteriormente le tariffe di trasporto pur di accaparrarsi nuovi clienti. Qualcuna applica addirittura ogni lunedì sconti anche superiori ai mille dollari. La crisi sta insomma innescando una nuova competizione al ribasso».

Quel che è certo è che la Guerra in Ucraina e il suo prolungamento indefinito stanno impattando sulle economie di molti Paesi, soprattutto europei, alle prese con il problema del caro energia. Non tutti però ci stanno perdendo: «La Turchia è il Paese che ha tratto i maggiori profitti dalla Guerra. Non essendo soggetta al rispetto delle sanzioni europee, si è posta come canale privilegiato per il transito delle commodity dall’Europa alla Russia, guadagnando soldi a palate dalle sue attività di transhipment».

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