© Luigi Angelica
Interviste

Colloquio con Alessandro Ferrari

«Sui porti stiamo dando i numeri»

di Marco Casale

«Troppo spesso si leggono, o si tendono a dare, nel nostro settore, numeri senza target temporali di riferimento veramente significativi. Sarebbe invece interessante andare oltre gli annunci cui diversi presidenti di Autorità Portuali ci hanno abituati in questi anni e fuggire dalla retorica della crescita dei traffici su base annuale».

Alessandro Ferrari prende in prestito una semplice tabellina, diffusa recentemente sui canali social, per dire che la realtà è un’altra. «Se invece di fare i raffronti anno su anno andassimo a fare un’analisi più approfondita che rispecchi l’andamento del traffico container degli ultimi quindici anni, scopriremmo che dal 2007 a oggi i TEU movimentati a livello nazionale sono più o meno gli stessi».

Il direttore generale di Assiterminal fa notare, in modo sottilmente provocatorio, che anche il tonnellaggio movimentato è rimasto più o meno stabile nel tempo: «Fatta eccezione per Trieste, la merce importata in Italia rimane prevalentemente sul suolo nazionale. Continuiamo a essere dei porti regionali che servono un Paese fermo da tre lustri. Questo è ciò che ci dicono i dati».

Ma la tabella dice anche un’altra cosa: «Considerato che molte Autorità di Sistema Portuale tendono a misurare in TEU anche i container nei movimenti di cabotaggio, che appaiono in sostanziale aumento rispetto ai traffici containerizzati, se ne potrebbe dedurre quanto strategico sia il traffico rotabile per il nostro Paese».

Che le Autostrade del Mare siano la modalità di trasporto con maggiori possibilità di crescita è cosa nota. In una recente intervista rilasciata a Port News era stato il vice presidente di Conftrasporto e manager di Esa Group, Gian Enzo Duci, a sottolineare come le attività di reshoring e nearshoring stiano portando ad una diversa configurazione dei traffici a livello internazionale: «La regionalizzazione dei mercati vedrà buona parte delle produzioni industriali di nostro interesse spostarsi sui Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, facilmente collegabili ai nostri porti in modalità rotabile» aveva detto Duci, sottolineando come una parte rilevante delle attività produttive si stia progressivamente concentrando nella zona del Maghreb e in alcune aree del Medi Oriente, Turchia in particolare. Cosa, questa, che potrebbe avere effetti significativi per il sistema portuale italiano.

Ferrari riprende lo stesso ragionamento, ammettendo comunque che nessuno oggi può prevedere con assoluta certezza gli scenari futuri: «In un recente rapporto prodotto da SRM, Alessandro Panaro afferma chiaramente come il nearshoring stia portando a una marcata regionalizzazione dei mercati e dei trasporti marittimi, rendendo strategico lo Short Sea Shipping, modalità di trasporto in cui l’Italia vanta una leadership indiscutibile».

A fronte di ciò e a fronte degli investimenti nel settore promessi dal PNRR, «la domanda che dobbiamo porci è semplice. Questo Governo ha una strategia di livello nazionale che favorisca il rafforzamento di questo tipo di traffico?».

Una domanda retorica per Ferrari. «Non mi sembra che i Governi recenti abbiano messo al centro della propria agenda progetti di sviluppo del terminal Ro/Ro. Stiamo invece continuando a investire in nuove piattaforme container, sulla base di piani di crescita nel traffico containerizzato che da anni appaiono poco credibili, e con progettualità di connessione multimodale non sempre efficiente».

Serve dunque una strategia di ampio respiro per il futuro. Ma occorre anche pensare a risolvere i problemi di breve e medio periodo.

Ferrari allarga lo sguardo della sua analisi alla situazione congiunturale, Che, ammette, è drammatica. «Superata, anche se non del tutto, la crisi pandemica, ci troviamo oggi ad affrontare nuove sfide» dice. «Il caro energia e la spirale inflazionistica sono le due incognite che incombono più di altre sul futuro del sistema portuale. L’anno scorso i canoni concessori sono aumentati dell’8% e quest’anno potrebbero aumentare di un altro 10%, per effetto dell’inflazione» aggiunge.

«I terminalisti si troveranno quindi a dover sostenere un aumento in due anni vicino al 20% dei canoni, in una situazione in cui il conflitto Russia-Ucraina ci sta chiaramente spingendo sull’orlo della stagnazione con il ritorno dei blank sailing e un mercato crocieristico che viaggia al – 30% rispetto al 2019. Bisogna cambiare approccio rispetto al rapporto concedente – concessionario, pubblico e impresa, mantenendolo, sì, regolato, ma legandolo a parametri di vera economicità e redditività di investimenti e risultati rispetto a costi e durata della concessione, tenendo conto anche dei contesti di scenario che mutano in continuazione».

Ferrari invita il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a rivedere i criteri di commisurazione dei canoni, specie alla luce delle novazioni introdotte con il DL Infrastrutture bis, secondo il quale i canoni percepiti dalle Adsp concorrono a formare il reddito complessivo per l’ammontare percepito nel periodo di imposta.

«Il canone è diventato a tutti gli effetti un’entrata commerciale per le AdSP, forse è arrivato il momento di sviluppare una riflessione seria su un tema a noi caro, che è quello del riequilibrio economico finanziario delle concessioni: magari il nuovo regolamento sulle concessioni lo prevedrà?».

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