Focus

Tasse UE ai porti italiani

Quando trattare diventa Ragion di Stato

di Nedo Zacchelli

E se alla fine lo Stato non avesse impugnato per scelta? Se il ricorso alla Corte di Giustizia Europea in materia di tassazione dei porti fosse stato scarificato sull’altare della trattativa avviata con la Commissione per l’approvazione del Piano Nazionale di Recupero e Resilienza? Sono queste le voci che nelle ultime ore si stanno sempre più insistentemente facendo largo tra gli addetti ai lavori.

È solo ricorrendo all’ipotesi di un compromesso che potrebbe spiegarsi il “dietrofront” del Governo sulla decisione – annunciata tempo fa dall’ex Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli – di incrociare le armi a Lussemburgo contro la Commissione UE e la sua intenzione di far pagare alle AdSP le tasse sulle loro attività “economiche”.

I termini per la presentazione dell’atto sono infatti scaduti senza che il Paese abbia provveduto ad impugnare l’atto. Il clangore sollevato dalla difesa del valore “eminentemente” pubblicistico delle attività svolte dalle Port Authority si è assopito con la stessa celerità con cui nel Tristano e Isotta di Wagner si smorzano le cadenze incomplete del preludio.

Non bisogna essere dei geni per capire quanto sia importante oggi per l’Italia avere dalla sua parte Bruxelles. Ci sono 209 miliardi di buoni motivi per non alterare gli equilibri dei rapporti diplomatici con la Commissione.

Il Piano Nazionale di Recupero e Resilienza che il Governo ha messo a punto è tanto sostanzioso quanto ambizioso e grazie ai finanziamenti dell’UE l’Italia intende affrontare profonde trasformazioni imposte dalla duplice transizione, ecologica e digitale. Si tratta di una sfida che richiede una forte collaborazione con le istituzioni europee.

Non sarebbe dunque del tutto peregrina l’idea di un cambio di fronte (concordato?), della rinuncia a una difesa di principio radicata nella configurazione delle AdSP italiane nel perimetro giuridico pubblicistico per non compromettere i rapporti con l’UE. Siamo infatti nel mezzo di una trattativa che riguarda il futuro dell’Italia e, nell’ambito del PNRR, anche il futuro degli scali portuali nazionali.

Come sappiamo, il Recovery Plan da 672,5 miliardi di EUR è al centro dello sforzo straordinario per la ripresa dell’UE. I paesi del Vecchio Continente hanno tempo fino al 30 aprile 2021, di norma, per presentare i loro piani nazionali per la ripresa e resilienza in cui sarà definito il loro programma di riforme e investimenti fino al 2026.

La Dg Competition dovrà sicuramente valutare gli investimenti in materia portuali inclusi nel Recovery Plan e bloccherà quelli che costituiscono un Aiuto di Stato. E non lo sono quelli che sono distribuiti in modo non discriminatorio tra le AdSP e i terminal.

Il PNRR presentato dall’Italia prevede 3,6 mld per i porti. Sarà fondamentale comprendere con quali procedure potranno essere scelti i progetti ammissibili per garantire che la politica economica dell’Italia sia compatibile con le norme in materia di concorrenza e aiuti di stato. Si pensi alla diga di Genova, che tra parentesi, non si concluderà sicuramente nel 2026, e si pensi all’Adriagateway di Trieste. Scelte evidentemente ragionevoli sotto il profilo della politica economica ma che hanno già diviso il mondo degli operatori.

Ora, conoscendo il potere della Commissione di bloccare i fondi dell’AdSP, è mai possibile che l’Italia non abbia messo in correlazione la mancata impugnazione con i fondi da distribuire? Coltivare un buon rapporto con la DG Comp sarà insomma fondamentale e minarlo con una impugnazione dall’esito dubbio potrebbe essere un rischio troppo alto. Parafrasando Giorgio Gaber, è meglio evitare di litigare con quelli che hanno più soldi o più potere di te.

Adesso, resta da vedere che cosa faranno le Autorità di Sistema Portuale. Gli enti di governo dei porti sono pienamente legittimati a far valere il loro interesse particolare e ad impugnare davanti al Tribunale ma non si deve dimenticare che sono enti pubblici sotto la vigilanza e gli indirizzi dello Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. E’ chiaro che prima di procedere vorranno capire come intenda procedere sulla questione il nuovo Governo.

Forse, è arrivato veramente il momento di approfittare del momento storico e avviare le necessarie riforme per accompagnare il NEXT GEN EU in materia portuale. Semplificare la disciplina, definire con maggiore chiarezza compiti e ruoli delle AdSP in un mercato che vede il pubblico spesso procombente difronte alle spinte aggregative di un mercato che in certi settori merceologici è sempre più oligopolistico: sono questi alcuni dei temi che andrebbero affrontati se si vuole dare vita al cambiamento nella direzione della crescita e della sostenibilità. E la collaborazione con l’UE è centrale.

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