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Interventi

La riforma dei porti secondo Mario Sebastiani

Una partnership pubblico-privata per innovare le Port Authority

di Redazione

Superare la forma giuridica di ente pubblico non economico a favore di un modello societario misto a prevalente partecipazione pubblica, dove il socio privato abbia compiti operativi nella gestione della attività economica. E’ questa l’idea di riforma delle Autorità di Sistema Portuali che ha il presidente di Sipotra, Mario Sebastiani.

Entrando nel merito di un dibattito che ha visto la maggioranza di Governo (con la risoluzione del 9 Novembre scorso) esprimersi a favore del superamento dell’attuale modello di governace, Sebastiani sottolinea come la soluzione del partenariato pubblico-privato istituzionalizzato (PPPI) possa accrescere l’economicità della gestione e aprire a investimenti privati, senza con ciò precludere il mantenimento di finanziamenti pubblici per il potenziamento delle infrastrutture, bilanciando le spinte campaniliste cui sono oggi soggette le AdSP.

Certo, rammenta Sebastiani, vanno prese delle contromisure sia per evitare che lo Stato finisca col perdere “la propria sovranità nazionale su un settore cruciale per lo sviluppo della competitività” sia per scongiurare “il venir meno della terzietà propria delle AdSP”. Per questo motivo, “la scelta dei soci andrebbe fatta oculatamente, escludendo partecipazioni di armatori o di terminalisti oppure investimenti da parte di operatori di paesi in potenziale conflitto di interesse (vedi i casi Cosco in Germania e in Grecia)”.

Il professore ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata ritiene preferibile ricorrere a fondi di investimento. “Per il resto, trattandosi di concessionari le strategie di politica industriale dovrebbero restare fermamente in mani dello Stato”.

“In nessun caso – aggiunge Sebastiani – le privatizzazioni dovrebbero condurre alla sdemanializzazione dei sedimi e delle infrastrutture portuali, dunque al trasferimento di proprietà: E’ un argomento che mi pare strumentalmente ventilato da quanti sono contrari, posto che le società opererebbero comunque in regime di concessioni pubbliche, cosicché gli asset essenziali e non asportabili (aree, infrastrutture, ecc.) tornerebbero allo Stato a fine concessione, quale che ne sia il regime patrimonial/contabile, come avviene per tutti i casi di infrastrutture in concessione (aeroporti, ferrovie, autostrade, reti elettriche, gasdotti, ecc.)”

Il docente universitario ricorda che sino ad oggi si è ritenuto che la gestione dei porti fosse di così straordinaria complessità da rendere insuperabile il modello imperniato sui soggetti totalmente non economici, con ciò “bocciando l’idea di procedere a privatizzazioni di qualsiasi tipo (formali, totali, parziali) e allontanando qualsiasi idea di una regolazione veramente indipendente”.

A proposito di regolazione, Sebastiani entra nel merito dello scontro tra Assoporti e Art, l’Autorità di regolazione dei trasporti, sulla trasparenza delle concessioni.

“La costituzione a partire dal 1995 delle Autorità indipendenti di regolazione si è basata su una ratio ben precisa: ai Governi le strategie di politica industriale, sociale e di finanza pubblica, alle Autorità indipendenti la regolazione economica in funzione pro-concorrenziale” afferma.

“Pur con ritardi, sovrapposizioni e interferenze, anche nel settore dei trasporti il modello è stato applicato e ha dato buoni frutti nei comparti aeroportuale, autostradale e ferroviario.  Sebbene previsto dalla legge istitutiva dell’ART questo modello è rimasto invece sospeso in campo portuale. Quale è la peculiarità di questo mondo che ne giustifica l’eccezione?” si domanda Sebastiani.

“Si dirà che diversamente da altri comparti i porti sono un pezzo di città e viceversa. Vi è però da chiedersi se non sarebbe forse opportuno distanziare un po’ le due sponde” aggiunge, riconoscendo come negli ultimi tempi vi sia stata un’apertura importante da parte del Governo nel riconoscimento del ruolo dell’ART.

“Si è passati dalle barricate sollevate dal MIT in sede di consultazione su quella che sarebbe diventata la Delibera ART 57/2018 alle Linee guida che invece recepiscono gran parte delle
indicazioni lì contenute, sia pure con esclusione delle sue competenze in materia di operazioni portuali (probabilmente considerato che il citato d.l. 68/2022 classifica come non economiche le relative funzioni delle AdSP)”.

Per Sebastiani le Linee guida interpretano in modo estensivo il regolamento 202/2022 che sembra voler limitare il ruolo dell’ART all’indicazione dei criteri di contabilità regolatoria alla parte variabile dei canoni concessori. “Con le Linee guida, invece, l’Autorità esercita un ruolo di primaria importanza, stabilendo ad esempio i format dei PEF che le AdSP debbono seguire per gli affidamenti, i criteri di determinazione dei costi, della remunerazione del capitale, della loro durata; imponendo alle AdSP di trasmetterle i PEF prima della indizione delle gare, etc.”

Il presidente di Sipotra ricorda che le Linee guida sono state però alquanto criticate per essere viziate da gold plating. La critica che gli è stata mossa contro è che ingesserebbero in un unicum realtà diverse che richiederebbero una regolazione differenziata, attribuendo all’ART competenze che vanno a sommarsi, se non a sovrapporsi a quelle delle AdSP.

“Premesso che a mio avviso l’ART non va sempre indenne da tentazioni di over-regulation, i punti nodali delle attribuzioni che le Linee guida le riservano andrebbero interpretati secondo ragionevolezza e proporzionalità. Sta all’ART fissare criteri generali e comuni (ad esempio i format dei PEF e il benchmarking) che però dovrebbero poter essere declinati dalle AdSP in funzione delle specifiche realtà da queste amministrate e degli obiettivi di volta in volta perseguiti. Infatti la norma stabilisce che i PEF elaborati dalle AdSP siano trasmessi all’ART prima dell’indizione delle gare, e la finalità sta nel condividere gli adattamenti che le Autorità riterranno di introdurre in funzione delle caratteristiche locali, non di approvare gli esiti delle gare, come talvolta viene strumentalmente eccepito”.

Stabilendo un level playing field adattabile a seconda di oggettive e trasparenti specificità, verrebbe salvaguardata secondo Sebastiani la concorrenza per l’accesso alle concessioni demaniali nei porti e fra i porti.

Quello della concorrenza è sicuramente un tema sicuramente delicato, il grande assente dal regolamento 202/2022 e dalla Linee guida. Il regolamento non si esprime su questo tema: “Un’assenza che è difficile considerare casuale e tanto più per questo preoccupante” ammette il n.1 di Sipotra, facendo osservare come nei porti nei quali non vige il divieto di cumulo la valutazione in ordine alla richiesta di ulteriori concessioni è rimessa all’Autorità di sistema portuale, che tiene conto dell’impatto sulle condizioni di concorrenza.

“Possono le AdSP considerarsi veramente terze?” si chiede. “Indipendenti sì, ne sono convinto, rispetto agli operatori portuali; non rispetto agli stakeholders locali, dato l’intreccio porti-territorio, cosicché è inevitabile che le rivendicazioni localistiche si trasmettano e condizionino anch’esse così come condizionano governi locali e centrale”.

Se poi dai singoli porti si passa a considerare il sistema dei porti italiani – quando ai profili di concorrenza nei porti si passa a quella fra porti, dove il mercato rilevante geografico ha dimensione nazionale o internazionale – la questione per Sebastiani sì fa più ancora più delicata.

“Qui la terzietà delle AdSP viene, direi addirittura “istituzionalmente” meno, posto che ciascuna è tenuta a tirare l’acqua al suo mulino territoriale. Senza andare a ripescare la storia delle guerre fra città portuali, gli ampi margini di autonomia di ciascuna Autorità rischiano di determinare distorsioni della concorrenza fra porti, come notato dall’AGCM”.

Se da una parte una possibile riduzione del numero delle AdSP (basterebbero sei grandi sistemi: alto Tirrenio e alto Adriatico, basso Tirrenio e basso Adriatico, le due isole) aiuterebbe questi enti “ad accrescerebbe sia l’indipendenza delle Autorità dai contesti locali, sia il loro contervailing power rispetto all’odierno strapotere delle grandi compagni e armatoriali”, dall’altra il modello delle società miste per le Port Authority “potrebbe aiutare le stesse a prendere le distanze dalla ricerca del consenso immediato degli stakeholder locali, favorendo la ricerca di un giusto bilanciamento fra efficienza e redditività, da un lato, e la tutela sì degli interessi locali ma nel quadro di un più ampio interesse generale”.

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