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Focus

Per uscire dalla spirale della crisi

Zone a burocrazia zero, vademecum per aree depresse

di Paolo Massari

Già direttore dell’Ufficio delle Dogane di Genova e socio fondatore di C-Trade

Il sostegno e lo sviluppo delle aree economicamente svantaggiate sono alla base della politica di incentivazione elaborata dal Governo la scorsa estate per favorire la crescita di alcuni territori presenti nel Sud del nostro Paese. Sia le Zone Economiche Speciali (ZES) sia le Zone Logistiche Semplificate (ZLS) sono infatti zone franche a burocrazia zero per l’attrazione di investimenti.

A poter richiedere l’istituzione di una ZES sono le regioni meno sviluppate (con un PIL procapite inferiore al 75% della media europea) come Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Basilicata.

Gli obiettivi che hanno spinto alla loro istituzione (definita nelle sue modalità dal D.P.C.M. 25 gennaio 2018, n. 12) sono infatti l’attrazione di investimenti diretti (anche e soprattutto da parte di soggetti stranieri), l’incremento della produttività e delle esportazioni, la crescita dell’occupazione nonché l’incremento qualitativo del sistema produttivo.

La sua istituzione comporta infatti la possibilità per le imprese di sfruttare importanti agevolazioni fiscali e di beneficiare di evidenti semplificazioni di carattere amministrativo e burocratico.

La zona entro cui può essere individuata una ZES deve essere per legge geograficamente delimitata e chiaramente identificata entro i confini dello Stato. Può essere costituita anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e comprendere almeno un’area portuale collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).

La Legge di bilancio 2018 (ai commi 61-65) ha poi istituito anche le Zone Logistiche Semplificate (ZLS) con l’obiettivo dichiarato di favorire la creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo di nuovi investimenti nelle aree portuali delle Regioni in cui non si applicano le ZES.

Non potrà sorgere più di una ZLS in ciascuna Regione, e in quest’ultima deve comunque operare un’Autorità di Sistema Portuale o esistere un’area portuale con le caratteristiche stabilite dal Regolamento Comunitario n. 1315 del 2013. Le imprese insediate al loro interno godono delle procedure semplificate e dei regimi procedimentali speciali previsti sempre nell’ambito delle ZES.

In questo quadro, anche la leva doganale costituisce di per sé una possibilità di sviluppo e si pone quale perfetto complemento delle ZES e delle ZLS: riduzioni ed esenzioni daziarie, facilitazioni all’esportazione, gestione unitaria dei processi di trasformazione delle merci, semplificazioni logistiche, possibilità di stoccaggio e detenzione dei beni allo Stato estero e loro libera circolazione sono misure anch’esse destinate ad attirare nuovi investimenti privati.

Con l’entrata in vigore del nuovo codice doganale dell’Unione (Regolamento Comunitario n. 952/2013) e dei successivi regolamenti delegati e di esecuzione, è stata così inquadrata in maniera diversa la preesistente Zona franca doganale (ZFD).

Quest’ultima fa parte del territorio doganale dell’Unione e al suo interno è possibile compiere attività di natura industriale, commerciale o di servizi su merci comunitarie o extracomunitarie. Per l’introduzione al suo interno di merci non è prevista la presentazione in Dogana: salvo determinati casi, è sufficiente la presentazione del documento di trasporto o di sbarco. La permanenza all’interno della ZFD non è soggetta infine ad alcuna limitazione temporale.

Le ZFD non sono né meglio né peggio di altri istituti agevolativi disciplinati dal Codice doganale dell’Unione. Quel che davvero conta è il risultato finale che possono aiutare a raggiungere. La facilitazione del commercio legale e la lotta antifrode richiedono infatti regimi e procedure doganali semplici, rapidi e uniformi.

Non a caso gli operatori economici affidabili richiedono il superamento di una congerie di disposizioni non sempre di immediata intelligibilità e che minano le sicurezze di quanti operano nel settore.

 

 

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