“Con questa sentenza non è soltanto a rischio la tenuta economica delle imprese portuali ma la stessa contrattazione nazionale collettiva dei lavori portuali”. E’ un commento duro quello del direttore generale di Assiterminal, Alessandro Ferrari, che si esprime così a proposito delle ricadute della recente sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Venezia.
Una decisione choc, quelle del giudice, che accogliendo in larga parte un ricorso di 24 dipendenti del Tiv – Terminal Intermodale Venezia (gruppo Msc), ha evidenziato come la paga del giorno di ferie non possa essere significativamente inferiore a quella ordinaria, riconoscendo a questi lavoratori 18 anni di differenza retributiva (a partire dal 2017, perché non si applica la prescrizione).
Si tratta chiaramente di un salasso economico per l’azienda veneziana, ma anche per le altre imprese portuali, per le quali questa sentenza può costituire un precedente pericoloso, tant’è vero che stanno nascendo conteziosi in tutta Italia.
Ma in ballo c’è molto di più: “L’Italia, assieme alla Germania, è a livello europeo una delle poche nazioni ad avere un impianto normativo molto specifico per la fruizione del diritto del lavoro ed è sicuramente l’unico Paese in cui la contrattazione nazionale collettiva ha la maggiore diffusione” premette Ferrari.
“Quello cui stiamo assistendo è una sorta di cortocircuito normativo” aggiunge. “I giudici non intendono entrare nel merito della pattuizione che regola i rapporti di lavoro tra le organizzazioni sindacali e le aziende, ma fanno un semplice calcolo aritmetico, stabilendo un principio, giusto o sbagliato che sia, secondo il quale il lavoratore non può subire alcun pregiudizio negativo quando va in ferie, ma deve guadagnare esattamente la stessa cifra che guadagna quando è operativo”.
A detta di Ferrari quella del giudice è una interpretazione molto libera dei principi comunitari. Attenzione, però, “questo tema riguarda tutti i settori produttivi, non solo quello logistico, ed interessa in particolar modo tutti i contesti in cui vi sono modelli organizzativi complessi, come quello dei porti; infatti stiamo interrogando le confederazioni nazionali”.
Questo nuovo orientamento giurisprudenziale crea una marea di problemi: “Quello più importante – sottolinea il dg di Assiterminal – è che accogliendo l’interpretazione del riconoscimento ai lavoratori della differenza tra lavoro ordinario e feriale, si vanno di fatto a disconoscere i contratti collettivi nazionali laddove regolamentano tale fattispecie”. D’altronde “l’art.1419 del codice civile parla chiaro e stabilisce come la nullità sia pure parziale di una clausola faccia venire meno il contratto stesso. Nel nostro caso, l’orientamento giurisprudenziale va direttamente a colpire la disciplina della retribuzione nei giorni di ferie, che è materia dell’art.11 dal 2001”.
Non solo, secondo Ferrari rischia di saltare anche la contrattazione di secondo livello, che, specie nel nostro settore, “individua delle indennità precise da erogarsi a favore del lavoratore come forma di riconoscimento per il valore aggiunto di una determinata prestazione o per compensare il disagio da questi patito in determinate condizione lavorative” (l’indennità di turno, ad esempio, è una di queste voci. Ma anche l’indennità di produttività risponde alla stessa necessità).
Per il vertice di Assiterminal la sentenza del Tribunale di Venezia e la giurisprudenza che si sta consolidando, avrebbero come conseguenza quella di appiattire questi elementi di valorizzazione contrattuale, annullandone la stessa sussistenza.
Si tratta di precedenti che nei fatti snaturano la natura dei contratti collettivi e in questo caso quello dei lavoratori dei porti. “Quello che distingue il CCNL porti dagli altri è che il nostro viene richiamato direttamente dalla legge” fa osservare ancora Ferrari. “Nella legge viene stabilito che laddove venga meno l’applicazione di questo contratto, le parti in causa debbano provvedere ad applicarne uno normativamente e economicamente equivalente. Si sta pertanto mettendo in discussione l’impianto normativo della portualità, imponendo dall’esterno un aumento dei costi” è la chiosa finale del vertice dell’Associazione Nazionale dei Terminalisti Italiani. Che lancia una provocazione.
“Se le cose dovessero stare così, che cosa accadrebbe nel prossimo rinnovo contrattuale? Potrebbe forse diventare plausibile non prevedere nuovi aumenti contrattuali perché costretti a rinegoziare le indennità di ferie?”. In alternativa, “dovremmo rivolgerci all’Autorità di Sistema Portuale per chiedere una qualche forma di compensazione da riconoscersi nel canone concessorio”.