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Interventi

Pontremolese e grandi opere

Alla ricerca di una visione

di Davide Santini

Avvocato marittimista, già segretario generale dell’Autorità Portuale di La Spezia

Il tema della Pontremolese ritorna ciclicamente all’attenzione dei commentatori, come la maggior parte delle opere incompiute del nostro Paese. Un’analisi seria dovrebbe partire da lontano, dai motivi e dalle ragioni che tra i quaranta e i cinquanta anni fa e oltre si trovavano alla base di questi progetti. Un’analisi seria dell’attualità di un’infrastruttura non può essere ridotta a un bilanciamento costi benefici i cui parametri sono fissati di volta in volta a vantaggio dei sostenitori o dei detrattori del progetto.

È nauseante continuare a ripetere che il problema principale della logistica nel nostro Paese è costituito dall’orografia e in particolare dall’incubo costituito dagli Appennini, che separano longitudinalmente il nostro Paese con vette non altissime ma di basi assai ampie (tali da renderne costosissimo l’attraversamento tra gallerie e viadotti) mentre le Alpi, alte ed eleganti, vengono superate con pochi trafori, certo anch’essi costosi e complicati ma brevi e numericamente limitati. Gli Appennini no, gli Appennini ci affliggono logisticamente lungo l’intera dorsale del Paese.

Cosa manca alla logistica oggi? Manca la visione, la programmazione di lungo periodo, la lungimiranza, la progettazione di sistema.

Tornando alla Pontremolese sbaglia l’Ing. Corsini, che non si rende conto del fatto che la Pontremolese è il tassello mancante nel collegamento Tirreno-Brennero, la cui realizzazione renderebbe realistica la rotta ferroviaria tirrenica per le merci da Gioia Tauro e su per Salerno, Napoli, Civitavecchia, Livorno, La Spezia e Parma, dove intercettare, senza ingolfare il nodo di Bologna ed il suo interporto, la linea ferroviaria principale diretta verso Piacenza, Milano, Melzo e proseguire per Mantova, Verona e il Brennero o verso Padova e la ricca catchment-area del Baden-Württenberg e della Baviera.

Riduttiva, per le medesime ragioni, l’analisi del dott. Sommariva che definisce in un comunicato la Pontremolese una ferrovia. Non si tratta di realizzare un binario, si tratta di collegare il Tirreno con l’Adriatico, si tratta di collegare in maniera efficace il porto della Spezia con la sua catchment-area nazionale, da Padova uno dei principali clienti del porto, sino a Bologna o almeno a Dinazzano, si tratta di dare un senso alla darsena Europa, anche deflativa dei porti del Mar Ligure e complementare per i traffici destinati al Nord.

La Pontremolese è un ponte che collega le aree produttive del Paese con le sue bocche naturali di alimentazione, i porti del mar Tirreno con effetti deflativi sulla rete ferroviaria principale esausta di merci e passeggeri. Cos’altro manca? I fondi necessari alla realizzazione ovviamente, come mancano quelli per la realizzazione della maggior parte delle grandi opere infrastrutturali. Ma questo è un altro tema.

Per capire l’importanza della Pontremolese, anche quale booster del revamping della rete ferroviaria tirrenica, basta osservare una delle tante carte geografiche, magari una di quelle su cui sono tratteggiati i corridoi europei e Reti TEN-T, e, come dicono gli avvocati, “non è chi non veda” quali possano essere gli sviluppi. Ecco infine cosa principalmente manca, manca chi sia in grado di vedere, valutare, progettare e realizzare, al di là di logiche dal fiato corto e di orizzonti limitati dalla nebbia dell’indecisione. Il resto si trova, fondi compresi.

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