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Interventi

Lavoro, un bene da tutelare

Compagnie portuali superate dalla storia?

di Davide Santini

Avvocato marittimista, già segretario generale dell’Autorità Portuale di La Spezia

Le agenzie/imprese specializzate nella fornitura di lavoro temporaneo in porto sono sempre attuali? È difficile rispondere alla domanda senza urtare la sensibilità di molti sul tema. E non proverò nemmeno a farlo.

Il punto di partenza per una disamina laica dell’argomento è quello di chiarire, in maniera diretta e senza giri di parole, chi sia in realtà il soggetto da tutelare, se i Lavoratori o le Compagnie Portuali.

La risposta è sin troppo semplice. Sin dalla sua formulazione originaria, l’art.17 della legge 84/94 è stato redatto con l’obiettivo di salvaguardare le Compagnie, accreditando le stesse come l’unico strumento di reale tutela dei lavoratori portuali.

Se, da una parte, appare ancora oggi necessario prevedere forme opportune di tutela per i lavoratori nell’ambito della contrattazione collettiva e della disciplina generale del lavoro portuale temporaneo, con clausole apposite inserite nelle procedure di assegnazione e negli atti di concessione o di autorizzazione per le imprese art. 18 e 16, non credo, dall’altra, che sia necessaria, né opportuna, una forma di tutela per le Compagnie.

Quest’ultime rappresentano un modello organizzativo sempre meno attuale ed avviato rapidamente all’obsolescenza, soprattutto oggi, in uno scenario nel quale i processi di automazione di segmenti importanti del ciclo di trasporto depongono a favore di una progressiva standardizzazione del servizio, spesso e purtroppo anche a discapito della qualità.

Il futuro vedrà aumentare la necessità di avere lavoratori qualificati e sempre più specializzati. Diminuirà, invece, l’importanza dell’esperienza in banchina, con ciò riferendomi, in particolare, a quell’esperienza maturata soprattutto nelle merci convenzionali e alla rinfusa, quando ogni apertura di stiva era una vera e propria sorpresa.

Nel recentissimo passato ho letto con interesse sulle pagine di Port News le rispettabilissime opinioni di autorevoli ed esperti esponenti della portualità, che rispetto molto (mi riferisco alle riflessioni di Matteo Paroli e a due interviste: una rilasciata da Mario Sommariva, l’altra da Patrizio Scilipoti).

Concordo sulla necessità di trovare assolutamente un equilibrio tra la strutturale necessità di un sistema di lavoro portuale flessibile ad un costo che non incida sulla competitività del terminal e il diritto del lavoratore ad un equo compenso unito a condizioni e tempi di lavoro adeguati ed accettabili.  D’altro canto mi meraviglia molto leggere commenti negativi sul fatto che alcune imprese avrebbero assunto più lavoratori del dovuto, evidentemente compromettendo in questo modo gli equilibri con le Compagnie.

A mio avviso, l’unico interesse meritevole di tutela è quello dei Lavoratori, poco importa quale sia lo strumento gestionale individuato allo scopo, certo che ogni costo non strettamente indispensabile si traduce in una riduzione della competitività del lavoro temporaneo da un lato, del compenso finale dei portuali dall’altro.

Credo poi che la semplificazione del rapporto Operatore/Lavoratore temporaneo debba necessariamente passare attraverso lo snellimento della struttura organizzativa e la conseguente riduzione dei costi generali dell’impresa che fornisce il lavoro temporaneo.

Lo strumento per farlo è già previsto dall’art.17, e in particolare dal comma 5: si tratta dell’agenzia del lavoro gestita e finanziata, per quanto strettamente necessario a raggiungere il break-even, dai rappresentanti delle imprese artt. 18 e 16, sotto la vigilanza dell’Autorità di Sistema Portuale, prevista dal comma 5 dell’art. 17.

L’Agenzia può e deve funzionare come uno strumento trasparente e flessibile, in grado non solo di rispondere alle esigenze improvvise di traffico ma di programmarle direttamente con eventuali adeguamenti resi necessari da variazioni di programma delle navi ancorché di linea. Il comma 5 può e deve funzionare come una cabina di regia permanente e strutturale che sia in grado di ottimizzare le risorse sia dal lato datoriale che da quello lavorativo.

È del tutto evidente come l’accorciamento della catena organizzativa consenta di rispondere sia alle congestioni di traffico che ai momenti di calo, durante i quali il personale potrà essere impiegato utilmente in corsi mirati di aggiornamento professionale o di ampliamento delle competenze con un’ancor maggiore possibilità di impiego data dalla multi specializzazione.

Il vantaggio economico della semplificazione ben potrà essere utilizzato a favore dei lavoratori a parità di costo per gli operatori.

Importanza e valore storico delle Compagnie sono fuori discussione, ma cosi come il gancio, il gaìno di livornese memoria, o il “diamoci una botta”(frase di antico conio portuale), appaiono oggi concetti abbondantemente superati dai tempi, così non deve esserci il timore di favorire l’adeguamento di strutture organizzative ormai superate e sostituibili con strumenti più agili, efficaci ed efficienti.

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