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Interviste

Colloquio con Giorgio Poggio

Container, dati da calma apparente

di Marco Casale

Calma apparente. E una tensione che cova sotto le ceneri, con possibili evoluzioni potenzialmente esplosive. Per Giorgio Poggio si può sintetizzare così la situazione di mercato nel trasporto marittimo di container.

«La tensione inflazionistica che si è manifestata progressivamente nel corso del 2022 sino a raggiungere il picco ad Ottobre dello stesso anno – complice anche la crisi geopolitica che si è aperta ai confini orientali dell’Unione europea – ha sicuramente impattato sul potere di acquisto di intere famiglie, abbattendosi di conseguenza sulla domanda di beni e, quindi, di trasporto» afferma l’amministratore delegato della casa di spedizioni Aprile UK e direttore generale del Comitato Esecutivo della Camera di Commercio Italiana nel Regno Unito (ICCIUK).

«Oggi, dopo aver toccato alla fine del 2022 uno dei punti più bassi del ciclo economico, si intravede una prima ripresa dei mercati, con un andamento peraltro non omogeneo su base macro-regionale» aggiunge Poggio, spiegando come la ricostituzione delle scorte da parte dei venditori stia agendo in Europa da acceleratore positivo per il segmento del trasporto marittimo, con un import che a Marzo è aumentato dell’1,73% su base annuale e di quasi il 28% su base mensile.

«A causa di un indice di rotazione della merce più alta, l’Europa ha cominciato a riacquistare le scorte dalla Cina a partire da Ottobre del 2022, in corrispondenza di un primo importante ribasso dei noli marittimi. La minore incidenza del costo del trasporto sul valore della merce dà oggi ai retailer europei quegli spazi di manovra che gli americani non hanno».

In Nord America, infatti, non si è registrata la stessa curva ascendente: «I magazzini sono ancora saturi della merce acquistata durante il periodo di picco dei noli, quando l’incidenza del costo del trasporto sul valore dei beni era molto alta». La domanda, sia pure in aumento a Marzo del 33% rispetto a Febbraio, non è quindi tornata ai valori dell’anno precedente, nei confronti del quale risulta essere inferiore del 22%.

«L’aspetto più importante è che siamo tornati ai livelli del 2019 ma si tratta di una calma apparente. Dal punto vista dell’offerta siamo in linea con la domanda di un mercato recessivo. Un nuovo evento negativo basterebbe a rimettere sotto pressione un settore che si trova in equilibrio precario. I prossimi mesi saranno caratterizzati da una volatilità molto alta: avremo sicuramente molti alti e bassi».

Muoversi in una situazione  così delicata non è facile, soprattutto per gli spedizionieri: «Alcuni ci capiscono, molti seguono il sentiment del momento, altri si preoccupano soltanto di negoziare i noli migliori per il trasporto della merce. Ma serve ben altro» ammette il direttore della Camera di Commercio Italiana a Londra.

«In un contesto altamente volatile, riuscire a prevedere l’andamento dei costi di trasporto è fondamentale se non di vitale importanza. E’ questo il valore aggiunto che può e deve offrire uno spedizioniere preparato: fare un ottimo forecast ti permette di essere vincente sul mercato».

L’esperto spedizioniere cita a titolo di esempio due sue clienti specializzati nell’importazione di mobili da giardino dall’Indonesia. «Nell’Estate del 2022, quando i noli si aggiravano attorno ai 21.000 dollari a TEU, consigliai ad entrambi i venditori di aspettare sino a Gennaio prima di ricostituire le scorte. Ero infatti convinto che ad anno nuovo i noli si sarebbero abbassati notevolmente, favorendo un abbattimento dei costi di trasporto».

Quello che è successo è presto detto. «Uno dei due clienti ha seguito il mio consiglio e si è trovato a riempire i propri magazzini in tre mesi, da Gennaio a Marzo, pagando 1200 dollari a TEU per il trasporto di cento container, ovvero 120 mila dollari complessivi, il 3% del valore corrispondente della sua merce, che si aggira attorno ai 35.000 dollari a TEU. Il secondo cliente, che, invece, aveva fretta di costituire un buffer stock idoneo a soddisfare in modo tempestivo le richieste di mercato, si è trovato a spendere per il trasporto di 100 container un totale di 2,1 mln di dollari, corrispondente al 60% del valore della merce».

Quale sia il finale della storia è chiaro: «Il cliente che ha seguito i miei consigli può oggi permettersi di vendere i propri mobili alla metà del prezzo di mercato, andando comunque in guadagno. Il secondo invece rischia di andare in perdita e non può sicuramente abbassare i prezzi di vendita, avendo speso 2 mln di euro soltanto per il trasporto».

Se l’analisi dei trend permette agli spedizionieri preparati di prevedere le tendenze di mercato caratterizzate da massimi e minimi crescenti o decrescenti, il futuro rimane però incerto, anche per gli stessi big carrier. «Le compagnie di navigazione hanno però notevoli spazi di manovra per correggere al rialzo la tendenza ribassista dei noli registrata fino a questo momento» fa osservare l’intervistato.

I blank sailing sono da questo punto di vista un’arma efficace: «Con la cancellazione di alcune partenze, se non di interi servizi, i vettori possono introdurre in modo artificioso degli elementi di disruption nella catena logistica, sottraendo capacità di stiva al mercato e riducendo non poco la propria affidabilità in termini di puntualità delle navi portacontainer: non è un caso che oggi la schedule reliability viaggi attorno al 60%. Data la global capacity attuale, dovremmo essere invece a livelli vicini al 90%  ma non è così» spiega ancora Poggio, per il quale le così dette partenze in bianco sono una pratica eticamente scorretta.

«Ad oggi il 40% dei servizi di collegamento risulta avere dei ritardi. Cancellando un servizio o una partenza, i liner costringono le aziende a rivedere le proprie politiche di inventory management e a costituirsi in via emergenziale un safety stock, con sovraccosti non previsti. Questo strumento andrebbe regolamentato a livello comunitario: non si dovrebbe permettere ai carrier di usare i blank sailing in modo così discrezionale. Qualcuno in Europa dovrebbe metterci un freno e, allo stesso modo, dovrebbe essere introdotta per legge una soglia al di sotto della quale i noli non possono scendere».

Il direttore dell’ICCIUK vorrebbe insomma un mercato più regolamentato: «Mi rendo conto che l’argomento è delicato ma siamo arrivati ad un punto in cui i cosiddetti cigni neri sono diventati la norma nel nostro settore: il blocco di Suez, la crisi pandemica, il conflitto in Ucraina e la conseguente crisi energetica, hanno reso il mercato ancora più instabile, portandolo ad avere picchi e crolli improvvisi, non sempre prevedibili».

Poggio ne è convinto: «Non credo sia del tutto sbagliato introdurre degli elementi di regolamentazione a tutela di tutti gli anelli della catena logistica, anche dei vettori. In fondo, non possiamo assolutamente permetterci un altro caso Hanjin. Le conseguenze sarebbero disastrose per tutti».

Giorgio Poggio
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