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Interventi

Virus e cantieristica

Il fragile scudo della forza maggiore

di Furio Samela e Sergio Napolitano

Avvocati dello studio legale associato Watson Farley & Williams

Stando a quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità,  la diffusione del covid-19 ha determinato una pandemia che ha di fatto interessato l’intero globo. Le conseguenze derivanti dallo scoppio del coronavirus sono state a dir poco eloquenti. In termini economici, è impresa ardua individuare un settore che non abbia riportato perdite significative a causa di tale emergenza.

Per quanto riguarda il mondo dello shipping, appare di notevole rilievo la posizione dei cantieri cinesi impegnati nella costruzione di nuove navi, in quanto le perdite economiche derivanti dal ritardo o, nel peggiore dei casi, dalla totale impossibilità di eseguire la propria prestazione a causa della diffusione del covid-19 (originatosi proprio in Cina negli scorsi mesi), potrebbero comportare il default di importanti società operanti nel settore della cantieristica navale.

Al fine di tutelare i cantieri cinesi colpiti dall’attuale situazione di necessità e urgenza, il China Council for the Promotion of International Trade ha emesso i cosiddetti force majeure certificates, con l’obiettivo di consentire ai cantieri di invocare la forza maggiore e, dunque, di ottenere una extension of time ai sensi degli shipbuilding contracts, senza con ciò essere considerati inadempienti nei confronti dei rispettivi committenti.

A questo proposito, è fondamentale evidenziare come, sebbene tra i contraenti vi siano parti contrattuali di nazionalità cinese, i contratti di costruzione delle navi siano redatti mediante schemi/formulari standard che sono il più delle volte soggetti alla legge inglese. Tale circostanza impone, quindi, di riflettere sulla portata dei force majeure certificates al fine di comprendere se gli stessi, nonostante siano stati rilasciati da autorità cinesi, abbiano o meno forza di legge ai sensi della legge inglese.

Effettuata questa prima considerazione, la problematica in questione necessita inevitabilmente di un esame dell’istituto della forza maggiore secondo la legge inglese. Ai sensi di tale legge, la forza maggiore può essere in primo luogo invocata dalla parte inadempiente (nel caso che ci occupa, un cantiere cinese) soltanto qualora vi sia una apposita previsione/clausola all’interno del contratto.

In secondo luogo, la force majeure clause dovrebbe prevedere espressamente i casi in cui la forza maggiore possa essere invocata e, dunque, nel caso di specie, se la stessa ricomprenda anche gli effetti derivanti dalla diffusione del coronavirus (c.d. qualification criterion). A tal riguardo, è opportuno citare due tra i formulari di contratti di costruzione di navi più impiegati per tali operazioni.

Il primo è l’SAJ Form del 2003, la cui clausola di forza maggiore include ritardi causati da requirements of government authorities e labour shortage, plague or other epidemics, quarantines; il secondo è il Newbuildcon che, come l’SAJ Form del 2003, fa rientrare l’ipotesi di epidemics tra i force majeure events. Orbene, il coronavirus potrebbe rientrare nella voce epidemics, ciò anche alla luce delle dichiarazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Queste dichiarazioni, sebbene abbiano un certo rilievo, non configurano tuttavia autonomamente prove documentali in grado di dimostrare che un evento di forza maggiore si sia verificato. Il medesimo discorso vale, quindi, anche per i force majeure certificates emessi dal China Council for the Promotion of International Trade, essendo opinabile se gli stessi abbiano o meno forza di legge.

In ogni caso, per potersi avvalere della clausola di forza maggiore i costruttori cinesi dovranno dimostrare il soddisfacimento di un ulteriore requisito: quello della causation. Invero, i cantieri dovranno dimostrare che l’evento di forza maggiore, dunque la diffusione del coronavirus, abbia causato un critical delay al completamento della nave, tale da giustificare una extension of time. In altri termini, si dovrà dimostrare il nesso di causalità tra il ritardo nei lavori e nella costruzione e lo scoppio del coronavirus.

Occorrerà peraltro provare di aver adottato tutte le misure necessarie e ragionevoli per ridurre o comunque evitare i rischi derivanti dalla diffusione del coronavirus, in primis, dunque, il ritardo nell’ultimare i lavori. All’uopo, l’SCL Protocol del 2017 fa riferimento alla critical path analysis, ritenuta il metodo più adeguato per dimostrare le cause del ritardo nei contratti di costruzione. Tale strumento di analisi consente di provare dettagliatamente ogni nesso causale tra il ritardo ed il completamento della nave, sia da un punto di vista materiale, quindi prettamente lavorativo, sia da un punto di vista contrattuale.

La limitazione del traffico, il blocco o la sospensione della produzione, così come la creazione di alcune zone rosse, sono soltanto alcune tra le misure adottate dalle autorità cinesi, che hanno rallentato o impedito lo svolgimento dei lavori e il completamento delle costruzioni delle navi. Pertanto, qualora la parte inadempiente sia in grado di dimostrare – mediante soddisfacenti prove documentali – il nesso di causalità tra il ritardo e il prosieguo o completamento dei lavori, il causation criterion potrà essere considerato soddisfatto.

Un ulteriore scenario da considerare attiene ai pre-existing e ai concurrent delays, ossia ritardi preesistenti e ritardi simultanei (cioè verificatisi contestualmente alla diffusione del coronavirus). Ebbene, nel primo caso il costruttore si trova in una palese posizione di sfavore, atteso che la nave non è stata completata a causa di ritardi preesistenti. In tale ipotesi, quindi, il costruttore inadempiente non dovrebbe poter beneficiare di alcuna proroga. Nel secondo caso, quello dei concurrent delays, qualora sussistano due motivi di ritardo simultaneo, di cui uno è riconducibile alla forza maggiore e l’altro ad altre ragioni, il costruttore teoricamente potrebbe comunque beneficiare di una extension of time.

Occorre evidenziare, altresì, che normalmente i contratti di costruzione navale prevedono una force majeure notice provision, in base alla quale il costruttore è tenuto a notificare al committente l’evento di forza maggiore. Generalmente, tale notifica deve essere effettuata entro 7/14 giorni dal verificarsi dell’evento. Nel caso che ci riguarda, resta, pertanto, compito arduo per il costruttore dimostrare quando si sia verificata la diffusione del covid-19 e quando sia iniziato il ritardo riconducibile ad essa.

Alla luce di tutto quanto sopra, è chiaro che i force majeure certificates non sono di per sé sufficienti per i cantieri cinesi al fine di avvalersi della clausola di forza maggiore ai sensi della legge inglese regolatrice dei relativi contratti di costruzione. Non solo perché è discutibile se tali certificati abbiano o meno forza di legge e costituiscano autonomamente prove documentali in grado di dimostrare che un evento di forza maggiore si sia verificato, ma anche perché oltre al qualification criterion, dovrà essere necessariamente soddisfatto anche il causation criterion, che dipenderà dalle prove documentali che il cantiere sarà in grado di fornire.

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