La politica daziaria di Trump sta rimodellando gli equilibri geopolitici e le catene di approvvigionamento globale, creando anche nuove opportunità di business per i carrier regionali.
E’ quanto sta accadendo in India, dove l’imposizione dei dazi del 50% alle esportazioni verso gli Stati Uniti sta spingendo gli esportatori a cercare mercati alternativi in Asia, Medio Oriente e Africa.
Il vuoto lasciato dai servizi a lungo raggio verso gli States è infatti stato riempito dalle compagnie di navigazione più piccole che hanno cominciato a iniettare una capacità aggiuntiva ne trade intra-regionali con l’obiettivo di gestire il crescente volume di scambi tra New Delhi e paesi come la Cina e o la stessa Russia, il cui presidente, Vladimir Putin, è stato ricevuto a inizio dicembre da Modi con tutti gli onori del caso.
E’ la riprova della volontà dell’India di dimostrare a Trump che il Paese ha molte alternative a un buon rapporto con gli USA. Ed è la testimonianza dell’ambizione indiana di non voler abbandonare, in tempi di rinnovata “guerra fredda”, la politica del multi-lateralismo, che in passato ha consentito al paese asiatico di giocare su più tavoli e di stringere relazioni di comodo anche con Pechino.
La tendenza marcata alla regionalizzazione del commercio ha di fatto messo l’India al centro di nuovi flussi di traffico, permettendo ad alcuni Paesi di acquisire un indubbio vantaggio competitivo. A partire dalla Turchia, che, grazie a porti chiave come Ambarli, Mersin, Aliaga e Evyap, ha saputo porsi come testa di ponte per il trasbordo della merce indiana verso il Mediterraneo, inaugurando anche servizi di collegamento diretti tra le due aree.
Si tratta di una scelta chiara, presa anche in previsione di una graduale ripresa dei transiti da Suez, che sono cresciuti negli ultimi tre trimestri del 6,8% su base annuale, un aumento piuttosto significativo, cui hanno contribuito quasi esclusivamente le navi con capacità compresa tra i 4000 e i 7500 TEU, che hanno fatto gradualmente ritorno sulle rotte più brevi a partire da maggio.
E’ il periodico specializzato The Loadstar a riferire come gli armatori turchi siano stati tra i primi a comprendere l’importanza e le implicazioni che la nuova geopolitica trumpiana avrebbe potuto avere nei mercati regionali dell’Oceano Indiano.
Ne è un esempio Arkas Line, che a febbraio del 2025 ha lanciato il suo nuovo servizio India Med Service (IMS), che collega direttamente l’India col Mediterraneo e la regione del Mar Rosso. I porti indiani serviti sono Nhava Sheva (Mumbai) e Mundra. Il servizio, operato con il supporto di un’altra compagnia connazionale, la Turkon Line, impiegava originariamente quattro navi, ciascuna con capacità di circa 2500-2800 TEU, e da giugno 2025 è stato ulteriormente potenziato.
Il giornale di shipping riporta come i due vettori abbiano acquisito in questi mesi crescenti quote di traffico nel mercato regionale grazie ad una politica tariffaria competitiva e a tempi di transito estremamente vantaggiosi.
Arkas, peraltro, non si è limitata a fornire alla clientela servizi marittimi ma ha stretto una partnership strategica con la Container Corporation of India (Concor) per lanciare nel Paese il primo servizio di trasporto ferroviario di container refrigerati a doppio impilamento, che consente di trasportare fino a due container frigo su un singolo vagone ferroviario e che collega il Multi Modal Logistics Park (MMLP) di Dadri, nella regione di Delhi, con il porto di Mundra.
Se gli operatori turchi stanno facendo decisi passi in avanti verso l’intensificazione degli scambi commerciali con l’India, gli altri non stanno certo rimanendo a guardare. Il settimo vettore più grande al mondo, ONE, ha ed esempio annunciato un nuovo collegamento tra New Delhi e il porto iracheno di Umm Qasr, per soddisfare la crescente domanda di trasporto tra i due paesi. E molti operatori regionali hanno deciso di ampliare i propri network di servizi di collegamento tra l’India e Dubai.
Appare insomma chiaro come la regionalizzazione delle catene logistiche, di cui la politica daziaria di Trump ha fatto da detonatore, stia dando un nuovo slancio allo sviluppo di questi mercati.
Citando Braemar, il Lloyd’s List sottolinea come le nuove dinamiche si stiano traducendo in un boom di ordini a favore delle portacontainer più piccole, impiegate per l’appunto in questi trade.
Dall’inizio dell’anno sono state ordinate 500 unità, per un totale di 4,1 mln di TEU, il 10,2% in più rispetto al 2024 e il 54,4% in più rispetto all’anno precedente.
La notizia è che il 65% di questi nuovi ordini ha interessato navi con capacità inferiore ai 10.000 TEU, un dato che si giustifica con la volontà da parte delle società armatoriali di rinnovare la propria flotta feeder e le proprie navi impiegate lungo le rotte intra-regionali.
“L’interesse per le nuove costruzioni è rimasto alto per tutto il 2025, grazie soprattutto a una rinnovato attivismo degli operatori feeder e dei trader regionali” afferma l’analista di Breamr, Jonathan Roach. “Ci aspettiamo che lo slancio negli investimenti in nuove costruzioni di navi feeder e regionali continui anche nel 2026” aggiunge.