Interviste

Confessioni di un capitano di lungo corso

Marittimi, mestiere poco sexy e mal pagato

di Marco Casale

Oggi, a distanza di ormai diversi mesi dalla fine dell’incubo Covid, abbiamo tutti compreso appieno quale ruolo abbia avuto durante il periodo pandemico il trasporto marittimo nell’approvigionamento di beni di prima necessità e di materiali utili all’attività di un’azienda. Purtroppo, a dispetto della sua importanza strategica, in pochi conoscono veramente la professione del marittimo, in pochi sanno quanto sia difficile fare carriera nella marina mercantile.

Alessandro Rocca ne sa qualcosa. Lui è un capitano di lungo corso, con alle spalle oltre 40 anni di carriera spesi a bordo di navi di ogni genere. «A differenza della Marina Militare, quella Mercantile rimane ad oggi una grande sconosciuta» ammette. «Si è soliti dire che il nostro Paese ha 8000 km di coste. La verità è che il popolo italiano il mare lo conosce appena, se ne interessa soltanto quando deve andare a fare il bagno durante la stagione estiva».

E i marittimi? Quanto sappiamo realmente del loro lavoro? «Un noto armatore ha dichiarato che il nostro mestiere è sexy e ben pagato. Nessuna delle due affermazioni è vera».

Rocca sottolinea come le navi si fermino di solito molto poco nei porti, da qualche ora sino a un paio di giorni: «In questo lasso di tempo, quando non sono impegnati a bordo in alcune delle operazioni di carico e scarico della merce o nelle attività di manutenzione ordinaria, i marittimi devono sottoporsi a numerose visite di controllo prima di poter mettere un piede in porto e sono comunque costretti a sostare a bordo durante la notte, ammesso e concesso che riescano ad addormentarsi. Credetemi se dico che il rollio e beccheggio di una nave, le vibrazioni continue, possono togliere il sonno anche alla persona più tranquilla. E’ un lavoro duro, non sexy».

E non è nemmeno ben pagato: «Il compenso può essere considerato alto soltanto se lo rapportiamo ai mesi effettivi spesi in mare. Ma se spalmiamo lo stipendio su quattordici mensilità, abbiamo un risultato del tutto diverso da quello immaginato: le paghe di un marittimo italiano restano tra le più basse d’Europa».

Rocca evidenzia come dal 1979 ad oggi la paga media di un allievo ufficiale di coperta si sia ridotta di un quinto: «In nome del risparmio e del contenimento dei costi, c’è chi ha contribuito a demolire quella che era una eccellenza italiana. Posso capire perché sempre meno giovani preferiscano intraprendere una carriera così difficile».

Già, difficile. E non priva  di ostacoli:  «Ai miei tempi, per diventare comandante di una nave dovevi fare una lunga gavetta: uscivamo dall’Istituto Nautico come Allievi Ufficiali di coperta o di macchina. Seguivano 18 mesi reali di navigazione, dopo i quali, superato un primo severo esame presso le Capitanerie di porto, potevamo pendere il cosi detto patentino»

Si tratta del primo traguardo di rilievo per un marittimo che aspiri a ricoprire ruoli superiori, come quello di Terzo e Secondo Ufficiale: «La promozione era decisa dalla Società armatrice dopo un lungo periodo di navigazione. Nel frattempo, dopo altri trenta mesi effettivi di navigazione, di cui almeno uno in coperta e uno di “vapore” (caldaia o turbina navale), occorreva superare un altro severissimo esame in Capitaneria: la nuova patente ti dava la possibilità di arrivare ai gradi di Ufficiale di coperta o di macchina e, infine, di Comandante o Direttore di Macchina».

Oggi la situazione è ben diversa rispetto a quella trovata dal giovane Rocca all’inizio della sua carriera nella Marina Mercantile: «Per diventare periti della navigazione basta frequentare un qualsiasi Istituto di Logistica e non sono nemmeno necessarie chissà quali conoscenze nautiche» afferma il comandante di lungo corso.

Poi arriva il primo imbarco: «Occorre almeno un anno di navigazione con la qualifica di Allievi Ufficiali prima di poter aspirare ad acquisire un grado superiore. Durante questo periodo la paga arriva a un massimo di 690 euro al mese: un compenso da fame, giustificato dal fatto che un Allievo ufficiale dovrebbe lavorare soltanto quattro ore su otto, dedicando il tempo restante allo studio formativo».

Rocca racconta però come questi giovani arrivino a lavorare anche 11 o 12 ore al giorno, venendo impiegati in mansioni che spesso esulano dalle proprie responsabilità: «Gli allievi ufficiali vengono oggi di sovente sfruttati come jolly: ne ho avuti a bordo diversi sino a pochi giorni fa e ne ho conosciuto uno al terzo imbarco che aveva speso i due precedenti periodi di navigazione a correre dietro ai trailer in caricazione sulle navi traghetto di una primaria compagnia armatoriale italiana. Insomma: tanto lavoro in autoproduzione ma conoscenze nautiche zero».

Passato l’anno di navigazione e dopo aver sostenuto diversi corsi a pagamento, «alcuni dei quali – ammette l’intervistato – hanno costi anche molto alti, ben superiori a quelli che dovrebbe effettivamente permettersi un ragazzo con una paga da 690 euro al mese», l’Allievo può sostenere la prova di maturità presso la Capitaneria di Porto, al termine della quale viene promosso Ufficiale di Navigazione.

Ed è questa la vera novità rispetto al passato: «In base all’accordo siglato nel 2015 tra Confitarma e i Sindacati sono state introdotte delle variazioni nei gradi e nelle mansioni: non esistono più le figure di Secondo e Terzo Ufficiale ma soltanto quella dell’Ufficiale di Navigazione».

Non solo: «I nostri manager hanno anche inventato una nuova figura professionale: quella dell’Ufficiale di Navigazione Junior, qualifica grazie alla quale le società armatoriali possono oggi risparmiare ulteriormente sulle paghe. Oggi un Junior svolge spesso e volentieri le mansioni di un Terzo o Secondo Ufficiale ma viene pagato meno».

Per Rocca gli armatori si comportano come quei contadini che, pur risparmiando sulle sementi, pretendono di avere un buon raccolto. «E’ uno dei motivi per i quali la Marina Mercantile Italiana sta perdendo colpi rispetto a quelle straniere» dice. «Sempre meno giovani vogliono intraprendere la carriera marinaresca e non è un caso che oggi nel mondo si registri un forte disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Mancano Ufficiali e quelli più bravi accettano di lavorare per navi mercantili battenti bandiere nazionali straniere, dalle quali possono ottenere paghe migliori».

Rocca è lapidario: «Il lavoro marittimo in Italia non ha determinato un vero stacco da un modello organizzativo arretrato, novecentesco, che nei fatti si sta dimostrando inadeguato a garantire ai nostri marittimi stipendi appropriati e qualità della vita lavorativa. Occorre un cambiamento. Prima ce ne accorgeremo meglio sarà per tutti».

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