Interventi

L'evoluzione delle Reti TEN-T impone una scelta di campo

Porti e logistica, le sfide da non perdere

di Maurizio Maresca

Professore ordinario di Diritto dell’Unione europea e di Diritto internazionale all’Università di Udine

Lo scorso novembre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha raggiunto l’intesa con la Commissaria europea alla mobilità sulla proposta di regolamento ex art.171, Tfue, che stabilisce le direttrici europee e che quindi rappresenta un presupposto della futura politica dei trasporti dell’Unione.

Merito di questo risultato è dell’ing. Federica Polce, dirigente del ministero,  che ha negoziato con i suoi colleghi degli altri Paesi membri e con i funzionari della DG Mobilità guidati da Harold Ruijters una traccia che mette il nostro Paese in grado di fare – se vuole – una politica dei trasporti euro mediterranea. Infatti siamo al centro della pianificazione core di cui al nuovo schema con almeno tre diversi ambiti centrali che, con le opportune – e non facili – scelte nazionali,  consentono di collegare l’Europa al Mediterraneo.

Il nord ovest, si presenta fortemente integrato verso Francia e Svizzera grazie allo sviluppo dei corridoi Mediterraneo e Reno Alpi ma specialmente per la presenza di un sistema portuale fra Savona e Livorno costituito da ben tre porti core che stanno investendo massicciamente in infrastrutture portuali  (Genova, Spezia e Livorno) e che sono strettamente integrati con tre porti internazionali (Savona, Marina di Carrara e Viareggio) e vari retroporti ed interporti di corridoio sulle direttrici del Brennero e del Gottardo ( Rivalta, Novara, Milano smistamento, Piacenza, Bologna, Padova Verona)  in grado a regime di muovere circa 15 milioni di teus e altrettanti terminali di short sea.

Il nord est si basa su ben quattro corridoi (Scandinavo Mediterraneo , Baltico Adriatico, Mediterraneo e ora – ed e la primanovità – Nord Balcani ) impostati su alcuni porti (Ravenna, Monfalcone, Trieste, Venezia, Capodistria e Fiume), alcune nuove infrastrutture in Slovenia ( fra Koper e Lubiana)  e Croazia ( fra Lubiana , Zagabria e Fiume) ed una serie molto efficiente di interporti ( Fernetti, Gorizia, Cervignano, Pordenone, Padova e Verona)  il  cui coordinamento è ancora da studiare (molto evoluti sono i rapporti fra la regione Friuli Venezia Giulia ed il Governo centrale sloveno sul punto).

Il sistema portuale della Puglia inizia ad acquistare fisionomia in quanto collegato, e questa è la seconda vera novità di questa nuova  programmazione, sia con il corridoio Adriatico sia con il corridoio Bari Durazzo Zagabria come parti del Baltico Adriatico.

Questa evoluzione, che dovrebbe sfociare in un regolamento con  base giuridica art.171, Tfue entro il 2023, impone al nostro Paese di definire una politica della mobilità nelle merci in grado di rispondere alla sfida europea.

Sarebbe, infatti, davvero un peccato se non si cogliesse questa opportunità per rispondere con volumi di traffico significativi e per rilanciare finalmente il Mediterraneo. Per questo una riforma della logistica e della portualità, alla quale sta lavorando il Vice Ministri Rixi, deve combinare una serie di autorità portuali (società od agenzie), magari partecipate dalle Regioni e dai grandi comuni, con una esigenza di coordinamento nazionale (fino ad oggi molto debole), per realizzare la quale potrebbe essere utile una società od agenzia centrale (equiparabile ad Anas, Rfi o Enac) che si estenda sul territorio.

Il lavoro del 2023 sarà quindi importante per rispondere alle sfide poste dall’Unione ( che peraltro il nostro Paese ha per molti decenni ignorato) ma specialmente per dare un segno diverso da quelli di oggi pensando ad una politica per il Mediterraneo.

Resta sempre aperto, da ultimo, il dibattito sulla scelta compiuta dall’UE. Se l’obbiettivo centrale rimane quello di costruire tempestivamente, e far funzionare con efficienza, la rete europea, sarebbe opportuno che gli Stati rimettessero questa competenza (e le  connesse responsabilità) all’Unione, ai sensi dell’art.171, Tfue.

Sono di questo avviso molti giuristi ma anche vertici delle Istituzioni, a cominciare dal presidente Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che vive dell’integrazione di un’area transfrontaliera che include Austria, Slovenia, Baviera, Croazia e Ungheria. L’Italia avrebbe tutto l’interesse a che si realizzasse una netta distinzione fra infrastrutture europee e infrastrutture nazionali. Ma è un tema di futuro che si porrà dipendentemente da come si evolverà l’Unione.

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